Un euro a post

In giro per la rete ci sono diverse conversazioni a proposito di un’offerta di lavoro per autori di testi in rete che la società offerente propone di retribuire con “1 euro a post”.

“La retribuzione iniziale è di 1€ a post, netti, e chiediamo un minimo di 10 post settimanali. Se ti sembra troppo poco considera che in poco tempo, quando avrai acquisito maggiori competenze, sarai in grado di scrivere un numero in costante crescita di post accrescendo di conseguenza anche il tuo guadagno”.

L’offerta scandalizza molto, e con qualche ragione: anche se andrebbe semplicemente ignorata mormorando “che pirla” – come se qualcuno ci offrisse una dozzina di uova marce per cento euro – l’attuale richiesta di lavoro in un mercato del lavoro stagnante e penoso aiuta a trasformare una pirlata in un ricatto, e quindi è comprensibile che qualcuno si incazzi.

Detto questo, l’occasione è buona per offrire a tutti maggiore chiarezza su come funzionano i business online e sulle loro grandissime varietà. Molti network di blog “di informazione” funzionano pagando persone per scrivere post a cottimo e guadagnare dal ritorno in pagine viste e pubblicità: le retribuzioni variano molto, e vanno dai 3-5 euro a post ai 15, a seconda. E i risultati ne conseguono: per 5 euro a post nessuno con delle buone competenze e capacità accetta di scrivere, e quelli che lo fanno si comportano con conseguente premura e qualità. Altrove, anche in grossi gruppi editoriali tradizionali, si arriva a 15 e anche qualcosa di più, richiedendo quanto meno una lunghezza e un approfondimento un po’ maggiori. E a volte sono cifre corrette e commisurate al tipo di informazione e all’impegno che richiede, se c’è un’assiduità sufficiente a farne uno stipendio.

L’altra cosa da sapere è che per molti di questi progetti è una questione di vita o di morte: pagare di più chi scrive non lascerebbe nessun margine di guadagno, stante la dimensione del mercato italiano, a meno di risultati straordinari e proficui che riescono solo a pochi pochi. Certo, questo non significa che debba essere apprezzabile il proliferare di contenitori di informazioni mediocri, superficiali e inutili che sottopagano persone per fare dei copia e incolla, ma la libera impresa consente anche questo, nei limiti della legge. Come in ogni mercato, ci sono prodotti di maggiore o minore qualità: lo scandalo maggiore è quando grossi gruppi e attività prospere e ricche sfruttano chi produce la loro ricchezza, ma non sono tante nella rete italiana le attività prospere e ricche.

Scrivo un po’ di cose che so e che raccolgo, ma sono poca roba rispetto alla varietà di questo mondo che è raccontata in parte nei commenti ai post che hanno citato quell’offerta (per esempio questo). Ma volevo solo segnalare un mondo oscuro alla gran parte dei lettori, e dire che la rete è riempita quotidianamente non solo da contenuti accurati, chiari, interessanti, come – esempio facile – quelli che si trovano sul Post grazie a redattori a cui è stato offerto un contratto dignitoso da giornalisti e il coinvolgimento in un’impresa qualificante: ma anche da pagine e pagine di roba inutile e mediocre volta solo a portare a casa più o meno ingannevolmente dei clic, e per quella roba non si può pretendere molto. Sono tempi così, e sono cambiati.

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26 commenti su “Un euro a post

  1. cristiano valli

    come contributo alla discussione, posso segnalare giovin colleghi calabresi e pugliesi e siciliani che per un pezzo cartaceo su uno dei tre quotidiani più letti [ops, diffusi… adesso si dice diffusi] del paese vengon pagati otto euro lordi al pezzo. quindici se c’è anche una foto. pagine nazionali, dico, mica cronachetta locale.

  2. Massimo

    Nessuno scandalo, per fare il copia ed incolla 5 euro sono anche troppi. E se c’è chi paga così poco vuol dire che c’è gente che aspira a questo mestiere non per campare ma solo per lustrare il suo ego. Certo, dire di fare il giornalista ha un appeal differente a dire di fare il kebabbaro. Ognuno faccia come vuole, ma poi non parli di sfruttamento, precariato ed altre menate assortite. Una società sana ha bisogno di pochi giornalisti, possibilmente bravi, e molti kebabbari, possibilmente bravi anche loro.

  3. Raffaele Birlini

    Come dico da molto tempo, bisogna adeguare il lavoro agli italiani, non gli italiani al lavoro. Dire che ci sono lavori che gli italiani non vogliono fare è sbagliato se quando vai a vedere di che lavoro si tratta scopri che è sottopagato, in nero, con straordinari non remunerati, senza rispetto di misure obbligatorie per la sicurezza e via dicendo.

    Non si può criticare il mercato perché esistono persone che offrono lavori ritenuti inaccettabili che però vengono comunque occupati per disperazione, perché lo si fa come secondo lavoro o per hobby, perché lo si fa copincollando o gli altri mille motivi per cui esistono una domanda e un’offerta che si incontrano.

    Quello che si può invece fare è utilizzare il potere per regolare il mercato. L’errore più comune è pensare che i liberisti, i sostenitori della concorrenza, facciano il tifo per il, com’è che lo chiamano gli specialisti del marketing politico? il far west? Regolare il mercato per correggere evidenti e naturali distorsioni (che la perfezioneideale non può esistere nella realtà è la prima cosa che impari in Economia), o anche per ottenre finalità politiche, è del tutto normale. Esiste un confine al di là del quale si ritiene che l’intervento sul mercato sia controproducente.

    Anche per questo l’economia viene spesso confusa e assimilata alla politica e chi parla di politica si convince di poter parlare anche di economia. In realtà l’economia fornisce modelli di previsione e strumenti decisionali alla politica, la quale si assume la responsabilità degli interventi sul mercato che promuove e sostiene. Certo che se poi le regole non le fai rispettare è inutile, tanto vale, allora sì che diventa tutto un ‘far west’.

    La domanda diventa: quanto ci costa l’intervento? Cosa succede alle imprese se le obblighi a non evadere, a pagare i lavoratori, a rispettare tutte le leggi? Aumentano o diminuiscono l’occupazione, il benessere, il livello qualitativo dei servizi, la diffuzione della ricchezza… e, cosa che interessa di più la politica in democrazia, prenderà più o meno voti chi si beccherà il merito/la colpa?

    Se invece si vuole affrontare la questione dicendo che schifo, che bastardi profittatori, che vergogna… beh, si può fare, ma rischia di trasformarsi nel solito dibattito intellettualmente mortificante di chi parla tanto per scandalizzarsi in compagnia.

  4. Massimo

    Ragazzi, seriamente. Con la scolarizzazione di massa, per deficitaria che sia, qualunque cittadino italiano che abbia frequentato una scuola superiore (in teoria anche le medie, ma vabbè) è capace di scrivere in un italiano decente, collegare due frasi copiaincollate da altro posto, mettere una frase introduttiva ed una di chiusura. Ma questo non è giornalismo, è messa in pratica della propria alfabetizzazione, non può essere un lavoro serio e ben pagato. Insomma, non comporta alcuna competenza, o almeno la stessa che hanno milioni di persone. Da questo punto di vista trovo giusto pagare un euro a pezzo. Il giornalismo è, o dovrebbe essere, altra cosa. Presuppone cultura, intelligenza, sintesi, facilità nei rapporti umani ecc., e chi queste cose ce le ha in genere viene pagato per questo, magari non necessariamente in una redazione. I post da un euro l’uno non hanno alcun valore, servono a riempire pagine che nessuno leggerà mai e che non darebbero nulla a chi casualmente le leggesse.

  5. notizie

    La soluzione sarebbe semplice: le persone senza talento per scrivere dovrebbero abbandonare la prospettiva di guadagnarsi da vivere scrivendo…

  6. cristiano valli

    è che l’errore è pensare che il prodotto sia il giornale [o il sito]. non funziona così, da tempo.

    i soldi si fanno vendendo lettori agli inserzionisti, non i contenuti ai lettori. un giornale arriva in edicola già pagato, i lettori servono solo a far lievitare la diffusione e ad aumentare i costi degli spazi pubblicitari [la gazzetta distribuisce 200.000 copie gratis al giorno solo a milano, alla domenica].

    in tal contesto, un generatore automatico di frasi vale il corrispondente dalla calabria o il bloggher.

  7. francescogualando

    Scusa, Luca, ma ti devo ricordare di un giornale dai “contenuti accurati, chiari, interessanti” che offre a chi lavora in redazione “un contratto dignitoso da giornalisti e il coinvolgimento in un’impresa qualificante” e poi pubblica annunci come questo?

    http://www.ilpost.it/2010/12/09/mozione-dordine/

    In cui chiede a chi vuole collaborare di scrivere gratis? E dico gratis, non un euro a post.

  8. Esau Sanchez

    @francescogualando. Scusa, ma nel giornalismo, come in tutti i mestieri, i soldi bisognerebbe guadagnarseli.

    Il Post, giustamente, chiede proposte di pezzi, idee, notizie, non vuote proposte di collaborazione. Poi, sono convinto, se uno in un mese dà cinque notizie, vedrai che inizieranno a pagarlo perché la sua collaborazione farebbe la differenza.

    Chissenefrega di un blog sul cinema o sulla politica scritto da uno sconosciuto? Chi propone questo parte male, malissimo, perché dimostra di non sapere come funzioni davvero questo mestiere.

    Purtroppo, lo dico per esperienza, per la maggior parte, quelli che si lamentano protestano perché nessuno li fa scrivere (o scrivono sottopagati), ma se chiedi loro una proposta, un’idea, una notizia cascano dalle nuvole.

    Tra le diecimila lamentele di questo tipo che leggo ogni giorno, non c’è mai uno che dica: “diavolo, per venti volte ho proposto dieci notizie, tre interviste, venti idee, tutta roba che mi sembrava buona e nessuno ha voluto niente”.

    Qualcuno dirà: per trovare notizie, bisogna telefonare, spendere soldi. Certo, ma quanti lavori richiedono un (minimo) investimento anche economico iniziale?

    Invece, tanti vogliono “scrivere” (che comunque e’ cosa diversa, molto diversa, dal fare il giornalista), ma avere la pappa pronta.

  9. valentina

    Tutto giusto @esau, il fatto però è che queste sono le tariffe in uso da un pezzo anche per professionisti che scrivono su giornali nazionali, prendere o lasciare. Sto parlando di 50 euro lordi per un’inchiesta originale da 8mila battute su uno dei primi tre quotidiani del Paese, perché questo offrono. A fare 50 copia incolla di stronzate ci si mette meno, e sono netti e senza spese e senza rischi. Benvenuti nel futuro dell’informazione, altro che iPad.

  10. Esau Sanchez

    @valentina. Ovvio che non si può campare così. Ma il mio discorso vale soprattutto per chi inizia a fare questo mestiere.

    Se a trenta e passa anni suonati uno ancora spera di vivere collaborando a pezzo per un quotidiano è una battaglia persa: se lo fa è solo perchè spera di avere un contratto prima o poi. Altrimenti, a quel punto, dovrebbe avere raggiunto la maturità per capire che è meglio rivolgersi altrove, magari tentando il lavoro di autore TV o qualcos’altro.

    Il mercato è feroce, ma non credo che ci siano tanti Montanelli mancati in giro.

  11. tuscanfoodie

    La mia esperienza e’ addirittura peggiore. Ti racconto questa. L’anno scorso, scrissi un lungo reportage del mio giro in moto di una parte dell’America abbastana sconosciuta ai motociclisti italiani. Convinto che la cosa potesse interessare le riviste di motociclismo italiane, ne contattai parecchie. Un paio mi risposero che erano felicissime di pubblicare SU CARTA, nel loro mensile, il mio lungo reportage, con foto e tutto. Ma aggratis, perche’ sai, c’e’ crisi c’e’ crisi, e si’, la cosa e’ scritta bene, ma sai non abbiamo soldi, e poi sai, pagare uno che non sappiamo chi sia, come si fa, paghiamo poco anche i collaboratori di lunga data…

    Rifiutai. Non solo e non tanto perche’ non mi piace essere preso per i fondelli, ma anche e soprattutto perche’ se io accetto di lavorare gratis, abbasso il salario per tutti quelli che cercano di campare scrivendo.

    Ricevo ancora email dalle riviste in questioni chiedendomi l’autorizzazione a stampare il reportage. Cosa che, ovviamente, non concedo.

    Quindi: non solo un euro a post. Ma anche ZERO EURI per lunghi reportage turistici da stampare SU CARTA.

  12. Massimo

    Ma perché non la diciamo tutta? Il settore del giornalismo è uno di quelli in cui la salvaguardia corporativa dei protetti dall’Ordine (da abolire subito!) ha messo in mutande tutti gli altri, complice anche la crisi, ben’inteso. Con quello che dai ad un giornalista di serie A col pedigree (che non vuol dire bravo, ma dotato di ventosa sul sedere), ci paghi cinque, se non sette o otto, precari. Che non avranno mai un contratto perché i contratti degli Eletti si succhiano tutte le risorse, spesso magre del giornale. Abolite l’Ordine, ed i relativi contratti, e vedrete che molte cose cambieranno. Rimane il fatto che se mia figlia mi avesse detto di voler fare la giornalista le avrei spezzato tutte le falangi.

  13. valentina

    di nuovo tutto giusto @esau, ma i professionisti di trenta e passa anni non si chiamano sfigati, si chiamano freelance (non è che uno collabora a pezzo con un quotidiano, è che uno lavora per più committenti), preziosi anche per gli stessi giornali, e saranno sempre di più nel settore informazione. Il mercato non è feroce: è idiota.

  14. patgarret

    Sono un giornalista pubblicista di 37 anni.
    Ho iniziato a 21 anni, scrivendo per riviste di videogiochi, soprattutto recensioni.
    Ai tempi venivo pagato qualcosa come 50,000 lire a pagina e le recensioni erano mediamente di 2 pagine. Non si copiava e incollava niente…si provavano i titoli e si scriveva.
    L’italiano doveva essere buono; niente di esaltante ma corretto e non privo di stile.
    Sono andato avanti per circa dieci anni; pur avendo un altro lavoro, lo scrivere mi ha reso parecchio.
    Oggi è tutto cambiato. Ricevo offerte oscene…e non nel senso sessuale, ma nel senso che mi viene offerto per un pezzo il corrispettivo monetario di un panino (non imbottito, liscio, acquistato dal panettiere). E non importa quanto il pezzo sia arguto, ben scritto, frutto di lavoro originale ecc ecc.
    Ricordo una frase di un film di Truffaut, “Jules et Jim”, diceva pressapoco così: “viaggi, si interessi, faccia il curioso e ne scriva…non è ancora un mestiere ma lo diventerà presto”. Il film era ambientato a cavallo della prima guerra mondiale.
    Oggi semplicemente il mercato, dio onnipotente a cui tutti dobbiamo obbedire, detta altre regole.
    Regole che possiamo desumere da esempi che abbiamo di fronte tutti i giorni.
    Non c’è molto altro da dire. A voler approfondire come questa china si è creata basta leggere i sociologi della scuola di Francoforte, oppure Pasolini.
    La nostra società è questa. E le iniziative come quelle del Post sono sempre più rare e, temo, donchisciottesche.
    Ciò nonostante rimango dell’idea che proprio in un’epoca così buia chi sa scrivere e sa ideare contenuti straordinari sia doppiamente da stimare.
    Detto questo, Luca, mi assumi? :-)

  15. Senamion

    Spiace dirlo ma il risultato si vede, ci sono “giornali” che sono mero copiaincolla. Se si cerca una notizia su google news la si ritrova praticamente uguale in 10 siti diversi.
    Eppure un post scritto bene non ha prezzo. Per chi lo scrive, per chi lo legge ma anche per chi ci mette la pubblicità.

  16. ivo2

    Un pensiero per tuscanfoodie che è andato in america a capire la differenza tra i panini di qui e di là e non si è accorto che McDonald’s da nessuna delle due parti è scritto con la A.

  17. Pingback: links for 2011-04-06 « Champ's Version

  18. mempsaia

    @ ivo2: un pensiero per te che hai ritenuto necessario rompere le palle a terzi (e in modo imperfetto, perché a ben vedere c’è anche quel genitivo sassone, alla fine, che nel luogo da te individuato manca) per il puro gusto di farlo, forse illudendoti così di essere migliore del restante universo mondo. Un pensiero per te che nella tua assoluta perfezione non ti sei accorto che se usi le maiuscole, per essere impeccabile e perfetto come certamente ti credi, “america” si scrive “America”.
    Mi sapresti spiegare per quale ragione hai ritenuto necessario commentare qui una cosa del genere? Io lo faccio perché sono curioso, l’idiozia umana continua ad affascinarmi in modo morboso. Tu?

  19. simone.bartali

    Luca, la situazione è anche peggiore di quella da te descritta.

    Ho visto persone di spessore scrivere per blog per 1€ a post al nero ed essere contenti.
    Ho visto offerte per 50 centesimi a post.

    Ho visto i grandi gruppi offrire 2-3€ a chiunque.

    C’è una percentuale di nero altissima e dove non c’è il nero c’è il poco.
    Molti grandi blog sono fatti esclusivamente per ricevere visite, si punta solo sulla quantità e si lascia da parte la qualità.

    Ed il brutto è che è quello che spesso premia l’editore.

  20. fulgenzio

    Caro Sofri, se lei e i suoi amici giornalisti “famosi” non occupaste militarmente ogni rubrica, ogni spazio, ogni riga delle testate che escono in edicola (e che pagano bene), forse anche giovani giornalisti potrebbero fare carriera con uno stipendio dignitoso e “offerte” come quella da lei segnalata non apparirebbero più. In Italia “la stampa” è in mano a 2-300 persone /sempre le stesse da anni, peraltro) che occupano il 99% dei posti disponibili, un po’ come quei parlamentari che hanno posti nei cda di una decina di aziende diverse. Come mai? Semplice, in Italia giornalismo uguale raccomandazione. Le redazioni sbucano dal nulla, si fa per dire, e sono sempre già complete, sature, inaccessibili costruite da maici che chiamano gli amici degli amici e gli amici degli amici degli amici. Quanto ai compensi, velo, anzi, trapunta pietosa. Che poi, voglio dire, per 5 euro a post fare il copiaincolla è assolutamente legittimo.I direttori, strapagati, manco controllano le notizie. il siti di Repubblica e del Corriere sono pieni di errori (almeno, io sono un giornalista appassionato di cinema e leggo nefandezze da licenziamento immediato scritte da persone che continuano a “lavorare” imperterrite).
    Adesso poi le 2-300 persone di cui sopra andranno tutte ” a farsi i pompini a vicenda” (come direbbe Quentin) a Perugia, e faranno il punto sulla scadente qualità del giornalismo nel nostro Paese. ROTFL. Non faccia l’indignato, lei fa parte del problema, non della soluzione.

  21. baku

    In Italia i giornali non stanno del tutto sul mercato, beneficiando di sovvenzioni statali sia dirette (fondi erogati) sia indirette (sconti sul costo dell’invio dei quotidiani in abbonamento). Tuttavia, la crisi è tale che anche queste sovvenzioni, giuste o sbagliate che le si ritengano, non sono più sufficienti.

    Il rsto della mia idea sulla fine dei quotidiani la trovi qua http://www.anakedview.com/la_fine_dei_quotidiani.html

  22. Esau Sanchez

    Fulgenzio mi sembra un po’ troppo severo.

    Quando Sofri ha fondato il Post ha messo un bando online per una assunzione e credo che poi abbia mantenuto la promessa, pescando uno dei giornalisti tra quelli che avevano inviato il curriculum.

    Poi, è vero che le redazioni sbucano dal nulla (vedi quella di Lettera43), ma è anche vero che fare il giornalista significa anche avere certi contatti e frequentare certi ambinenti in cui circolano certe informazioni.

    Fermo restando, sia chiaro, che in Italia è ormai quasi impossibile entrare in una redazione. E fermo restando che, purtroppo, le segnalazioni “pesano” troppo.

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