Il Primo Maggio nel nostro piccolo

Oggi era il Primo Maggio, festa dei lavoratori. A Milano c’era il sole. Mia moglie ha fatto l’arrosto con le patate e abbiamo pranzato tutti assieme: il Post era regolarmente online, alcuni lavoravano anche oggi, altri no. Io solo stamattina. Dopo pranzo mia moglie si è messa a scrivere, e io e mia figlia siamo usciti in bicicletta assieme. Nel nostro quartiere non centralissimo i negozi grandi erano quasi tutti aperti, quelli piccoli quasi tutti chiusi. Ci siamo fermati da Benetton – aperto – e abbiamo comprato un regalo per la mamma. Poi in un negozietto di chincaglierie – aperto – e mia figlia si è comprata degli “appiccichini”. Poi abbiamo girato per la città ancora un po’ e ci siamo fermati in una gelateria – aperta – e abbiamo preso un gelato e una granita. Ce li siamo mangiati al sole e abbiamo ripreso le bici per andare a comprare un dvd da guardare stasera tutti assieme. Feltrinelli era chiuso per il Primo Maggio, e allora siamo andati fino da Blockbuster, che era aperto. Poi siamo risaliti in bici e siamo tornati a casa. Mio figlio grande stava seguendo le partite, mia moglie lavorava.
Che abbiamo fatto, la mia famiglia, il Primo Maggio? Lo abbiamo celebrato o no? Siamo stati assieme o no? Siamo stati divorati dal consumismo o no? Abbiamo dato un colpo al padronato o al precariato? O a cosa?
Non ce lo siamo chiesto: siamo stati bene, e siamo stati contenti per gli altri che hanno potuto decidere liberamente cosa fare del loro Primo Maggio senza obblighi di nessun genere. Ci sono sembrati molti, ma non sappiamo.

Abbonati al

Dal 2010 gli articoli del Post sono sempre stati gratuiti e accessibili a tutti, e lo resteranno: perché ogni lettore in più è una persona che sa delle cose in più, e migliora il mondo.

E dal 2010 il Post ha fatto molte cose ma vuole farne ancora, e di nuove.
Puoi darci una mano abbonandoti ai servizi tutti per te del Post. Per cominciare: la famosa newsletter quotidiana, il sito senza banner pubblicitari, la libertà di commentare gli articoli.

È un modo per aiutare, è un modo per avere ancora di più dal Post. È un modo per esserci, quando ci si conta.

Abbonamento mensile
8 euro
Abbonamento annuale
80 euro

28 commenti su “Il Primo Maggio nel nostro piccolo

  1. masaccio

    Vorrei che mi spiegassi come si concilia quel “liberamente […] senza obblighi di nessun genere” con il concetto di lavoro dipendente (o, come si dice legalmente, subordinato). Perché altrimenti continuerà a non essermi chiaro se ci fai o ci sei…

  2. uqbal

    Oh, grazie per questo post. Non ne posso più di tutta l’ideologia profusa in questi giorni.

    Un’ultima nota polemica: tutti a dire che andiamo verso un mercato alla Wal-Mart (copyright Maggio) e non vediamo che lo siamo già, e non per le aperture del primo maggio.

    Grazie ancora.

  3. riccardo r

    @masacci; si fa così:
    Datore di lavoro:”il primo apriamo e te lavori”.
    Dipendente:”no, io non ci sono”.

  4. Stefo

    Riccardo r (e Luca Sofri), si fa così:

    PADRONE: “Il primo maggio apriamo e te lavori.”

    LAVORATORE: “No, io non ci sono.”

    PADRONE: “Come vuoi.”

    Tre mesi dopo:

    PADRONE: “Mi dispiace, ma ho deciso di non rinnovarti il contratto.”

    LAVORATORE: “Perché?”

    PADRONE: “Ti ricordi il primo maggio scorso? Ecco.”

  5. uqbal

    Stefo:

    Il problema nel tuo dialogo non è il Primo Maggio, ma il fatto che il contratto è a tempo determinato.

    E credo che questo riassuma tutto il problema.

  6. Stefo

    Uqbal, come dire: non vorresti lavorare il primo maggio ma sei costretto? Colpa tua che sei precario. Fatti assumere a tempo indeterminato e passa la paura.

    Come al solito, la colpa è delle vittime.

  7. Broono

    Il punto è:
    la tua famiglia, professionalmente parlando, di quale percentuale di famiglia italiana è campione?
    Poi ci mancherebbe, ciascuno ha di sé l’idea che il proprio sguardo gli consegna e permette, ma non credo di risultare eccessivamente “comunista” se dico che due giornalisti/imprenditori di sé stessi che trovano la gelateria di via marghera aperta non sono un punto di vista così dirompente, nell’analisi del senso del I° maggio.
    Legittimo il tuo sguardo come quello di chiunque altro, intendiamoci.
    Ma da qui a presentarlo come il caso che dimostra come la discussione sia solida quanto il gelato che vi siete mangiati, direi che ce ne passa.

  8. Al

    Premesso che fra pochi anni non sarà difficile sentire cose del tipo: “Ohè, almeno si lavora il primo maggio!” :)
    Io adesso nel dubbio che il ragazzo che vende la bibita lo faccia perché costretto, io il 1 maggio mi astengo dagli acquisti.

  9. liczin

    Non mi ricordo esattamente, bisognerebbe ricontrollare, ma mi pare che per il contratto del commercio (e forse anche gli altri) se il datore di lavoro richiede lo straordinario il dipendente (subordinato gerarchico) non può rifiutare, non può dire “no, non ci sono” (l’assenza ingiustificata è giustificato motivo per il licenziamento).
    Forse se fossi un giornalista serio controllerei.

  10. Luca

    Tutto il resto l’ho già scritto: trovo solo assurdo che si applichino al primo maggio delle questioni che non si applicano alle domeniche e agli altri giorni di festa in cui molti negozi decidono di stare aperti. Se togliamo la questione simbolica – di cui possiamo parlare – tutte le altre obiezioni (tipo le conversazioni immaginate qui sopra) non valgono anche per quei giorni? E se la risposta è sì – che può essere – perché non le solleviamo mai?

  11. masaccio

    Luca, la tua logica è quindi: fatto 30, facciamo 31. Se si fanno spesso delle forzature alle normali regole del diritto dal lavoro senza che il popolo insorga in armi, sembri chiedere, perché non farle sempre?
    Perché un limite ci vorrà pure, ti rispondo.
    Perché con la tua logica allora perché non permettere l’apertura 24 ore su 24?
    L’argomento “non vi siete incazzati per 30, perché vi incazzate per 31?” non sta logicamente in piedi, essendo 31>30, spero che tu te ne renda conto.

    Per la cronaca, tutti i cittadini europei residenti a Firenze che ho consultato sull’argomento sono allucinati. Sembra che, altrove, se si stabilisce che un giorno non si deve lavorare, non si lavora.

    Agli altri ha già risposto liczin: determinato o indeterminato, gli orari in un’azienda vanno rispettati, e se io imprenditore decido di tenere aperto, i miei dipendenti non possono dire “non ci sono”, perché (giustamente) l’impresa è mia, e, all’interno di determinate regole, cioè le leggi e i contratti, comando io.

  12. mico

    Nessuno che abbia detto che la riforma Biagi dovrebbe essere stracciata pezzettino per pezzettino in diretta televisiva in piazza.

  13. masaccio

    Resta senza risposta, inoltre, la mia domanda di prima: chi sarebbero quelli che “hanno potuto decidere liberamente cosa fare del loro Primo Maggio senza obblighi di nessun genere”? Certamente non i dipendenti delle aziende che oggi lavoravano…

  14. uqbal

    Stefo

    Vuol dire che i contratti a tempo determinato, se non in categorie che necessariamente lo implicano, non dovrebbero esistere.

    E che se il tuo datore di lavoro può minacciarti, per il Primo Maggio, di non rinnovarti il contratto, il lavoratore è sconfitto non dal primo maggio, ma da quando ha dovuto firmare un contratto precario.
    Ma continuiamo pure a parlare di Primo Maggio fino al 1 maggio prossimo.

    Broono

    Fammi capire, distinguiamo tra lavoratore e lavoratore? Diamo patenti di legittimità? Sa molto di purga, sai?

    Al: di questo ragionamento ricordati la prossima volta che andrai a un cenone di capodanno, in un cinema a natale, in un ristorante a pasqua, in una gelateria a Ferragosto…

  15. Pingback: links for 2011-05-01 « Champ's Version

  16. makeroo

    Ho letto solo i primi commenti. Concordo con Masaccio e Stefo. È un giorno, quando scarseggiano le risorse la società è più debole, i simboli più necessari. Questo post t’è uscito proprio male…

  17. piti

    Massì, e poi siamo tutti sulla stessa barca, dai, giornalisti di successo, presentatrici televisive, commessi di botteguccia, mica staremo ancora qui pedanti con il righello a misurare differenze ormai inesistenti fra le classi sociali?

  18. Luca

    Mi sono limitato a fare un racconto che si sommava ai molti altri racconti sul Primo maggio che dimostrano una sola cosa: che le cose sono complicate e ogni pretesa di perentoria e universale regolamentazione non fa i conti con i contesti concreti, assai diversi tra loro. Quindi ogni obiezione che mi attribuisca altre tesi o non ha letto il post o è comunque un po’ sbrigativa. Compresa quella – l’unica – che mi risponde sulle domeniche: io non ho infatti sostenuto fatto trenta facciamo trentuno. Ho fatto una domanda, e la risposta che ricevo è che l’apertura domenicale di alcuni negozi è grave e sbagliata quanto quella del Primo Maggio. Ne prendo atto: ma allora ancora non capisco come mai non la combattiamo. Ma, ripeto, invece che fare questo dibattito intorno a un mio diario domenicale, suggerisco piuttosto di spostarlo qui, dove se ne parlava più congruamente: http://www.ilpost.it/2011/04/27/primo-maggio-negozi-aperti/

  19. Giordano

    Secondo me invece questa storia delle aperture (o chiusure) domenicali è un’anomalia solo italiana. Vivendo all’estero per qualche anno (nel religiosissimo Qatar e nella cattolicissima Polonia peraltro) ho avuto modo di notare come altrove gli orari di apertura si adattino agli orari di lavoro della gente, e non viceversa.
    Perchè i negozi sono aperti alle 10 di mattina o alle 3 di pomeriggio quando la maggior parte della gente lavora e chiudono alle 7 di sera quando potrebbe andarci? In provincia, fuori dalle grandi città, è praticamente impossibile trovare un supermercato (non una boutique!) aperto dopo le 19.30 o durante la pausa pranzo..come fa uno che vive da solo a farsi la spesa? Io sarei d’accordo con le aperture domenicali…si assuma più gente e si facciano dei turni!Si dia il giorno libero ai dipendenti durante la settimana (che anche loro una vita, la devono avere :)). Magari si venderebbe pure un pò di più e si compenserebbe la spesa per l’assunzione di più dipendenti. Come ha mostrato Luca nel suo post non si tratta di becero consumismo ma anche solo di dare ai cittadini la possibilità di godersi la propria città nel proprio tempo libero! Perchè nel mio unico giorno libero sono costretto a passeggiare in un deserto di bar semivuoti e saracinesche abbassate?

  20. Stefo

    Il punto è anche un altro: viviamo in un paese, in una società, in cui per permettere alle famiglie come quelle di Sofri di “celebrare” il primo maggio, molti altri sono più o meno costretti a non celebrarlo. Non è classismo questo?

    E poi: davvero per “stare bene” uno ha bisogno dei negozi aperti? Quant’è triste la vita di chi, per “stare bene”, ha bisogno che i negozi siano aperti, a disposizione, sempre. Le famiglie come quella di Sofri avrebbero passato un brutto primo maggio, sarebbero “stati male”, se avessero trovato i negozi chiusi? Siamo arrivati a questo punto? Fino a quando “passeggiare in un deserto di bar semivuoti e saracinesche abbassate” (magari, orrore, accanto a un cameriere che osa festeggiare il primo maggio invece di servire qualcun altro) per qualcuno rappresenta l’inferno sulla Terra, stiamo messi proprio male.

  21. Lazarus

    In ogni caso dopo tante inutili polemiche (il cui bersaglio in realtà era solo Renzi) ieri a Firenze oltre il 70% dei negozi era tranquillamente aperto e il centro storico era pieno di gente.

  22. Mino

    Caro Luca,
    credo che il punto stia proprio nel fatto che hai raccontato la tua domenica, non il tuo Primo Maggio. E su questo piano posso essere dunque d’accordo con tutti i tuoi commenti riguardo ad aperture domenicali ecc ecc.
    A me piacerebbe che il mio primo maggio, cada esso di domenica o in giorno feriale, fosse in qualche misura, anche se piccola, diverso da ogni altro giorno, giusto per ricordarmi che quel giorno è il Primo Maggio, e perchè lo è.
    E di solito mi organizzo perché sia così.
    Ciao

  23. Giordano

    Mi aspettavo che questa critica sarebbe stata mossa al mio intervento, ma io avrei voluto parlarne in termini più ampi.

    Tralasciando il primo maggio (giorno “particolare” per il quale la tua critica mi può anche stare bene) il centro del mio intervento non era tanto ( o non solo) la città deserta di domenica ma il fatto che in aggiunta non posso usufrire di altri servizi “basilari” durante la settimana (e nel resto della vita).
    Io avrò anche degli orari di lavoro particolari, sta di fatto che spesso mangio scatolette perchè la spesa (e la roba fresca) riesco a comprarla solo di sabato…forse il problema è meno sentito da chi abita in città e trova esercizi con orari settimanali più estesi.

    Detto questo i camerieri o i commessi potrebbero festeggiare il loro giorno libero il lunedi o il martedi (come per altro fanno infermieri, autisti di mezzi pubblici, etc.) senza nulla togliere ai loro diritti. Ripeto: si fa così ormai in tutto il mondo: in Qatar facevo la spesa in un piccolo negozietto aperto dalle 16:00 del pomeriggio alle 10:00 di sera.

    Inoltre credo che tu abbia mal colto la mia espressione “bar semivuoti e saracinesche abbassate”.
    Non è colpa mia se la gente esce di più quando può fare più cose fuori! prova ad andare in centro a Vicenza (o Padova) di sabato pomeriggio o di domenica (con gli esercizi chiusi) e poi dimmi in quale delle due città preferiresti vivere. Mica esco di casa solo per “comprare”, magari anche per “socializzare”.

    E poi, per chiudere, nessuna famiglia “sta male” con i negozi chiusi, questo è ovvio. Ma:
    1)non ci sono solo famiglie!! se a qualcuno piace stare chiuso in casa nessuno glielo vieta e,ripeto,
    2) siamo sicuri che per i negozianti che lamentano tanta crisi sia la scelta più giusta ostinarsi a tenere aperti i loro esercizi quando la gente non ci si può recare?

  24. Broono

    @Uqbal:

    In realtà non mi è chiarissima la tua contestazione, ma dato che me la indirizzi mi sembra giusto almeno tentare una risposta.

    Sì, distinguo tra lavoratore e lavoratore.
    In un discorso il cui perno è, o dovrebbe essere, la tipologia di contratto, procedere prescindendo dalla tipologia di lavoro e quindi di lavoratore mi parrebbe strumentale e utile solo a forzare una mia idea in merito.
    Tu dici che sa di purga, io dico che se sei lavoratore autonomo e magari addirittura imprenditore di te stesso, potrai come tutti avere la tua idea rispetto alla questione I° Maggio, ma difficilmente la tua condizione potrà essere usata come perno intorno al quale farla girare.

    E lo dico da lavoratore autonomo imprenditore di me stesso che, come Luca, lavora quando vuole, che più o meno coincide quasi sempre con quando deve, che più o meno coincide quasi sempre, lavorando io nel settore eventi (quindi con picchi durante le festività), con un sacco di occasioni nelle quali tutto il resto del mondo fa festa.

    Se voglio sviluppare una mia idea sulla questione del I° Maggio così come è posta oggi, non potrò farlo partendo dal mio caso, perché il mio caso non ha nemmeno uno degli elementi in discussione.
    Sarebbe come se raccontassi la mia idea sui referendum di Marchionne, utilizzando come caso d’esempio il mio status di lavoratore libero e autonomo per raccontare cosa avrei fatto io di fronte al foglio da votare.

    Insomma, ci sono questioni sociali che sono di esclusiva pertinenza di alcune e solo quelle aree della società.
    Puoi sviluppare un’idea in merito, ma devi farlo “vestendoti” da chi appartiene all’area di competenza, non usando sempre il tuo abito qualsiasi sia la questione.
    Altrimenti vale tutto, dall’imprenditore che usa se stesso per spiegare all’operaio fiat come dovrebbe votare, fino all’estremo della congrega di uomini casti che si arrogano il diritto di stabilire quando una donna che abortisce è assassina e quando no.
    Che pare iperbole fuoriposto, ma che se vai invece ad analizzare a fondo ti accorgerai avere alla base lo stesso meccanismo che permette ad un imprenditore di dire la sua sul primo maggio non in quanto idea sul I° maggio in generale, che sarebbe cosa legittima, bensì in quanto esperienza diretta, come formula estendibile pari pari ad un commesso o a un cameriere, come se la cosa estendibile pari pari lo fosse davvero solo dicendolo.

    Tutta ‘sta roba sa di purga?
    E l’avrei prodotta io che sono imprenditore di me stesso?

  25. Maya

    Luca, tu scrivi “Se togliamo la questione simbolica…”
    beh ma il punto è proprio quello, era il 1 maggio, la festa dei lavoratori, ovvero una questione simbolica, non una domenica qualsiasi.

  26. andrea61

    Trovo molto curiosa questo continuo richiamo ai simboli dimenticando della realta’. E’ come l’articolo 1 della Costituzione in cui si definisce l’Italia una repubblica fondata sul lavoro ma poi da sempre il lavoro non e’ visto come un modo di affermazione e realizzazione ma solo una dura sofferenza a cui l’italiano si sottopone per poter avere di che campare col risultato che abbiamo tassi di occupazione ridicoli ed eta’ di pensionamento imbarazzanti.
    Qui e’ uguale: si difende il totem “1 Maggio” ma poi non si capisce come mai gli stessi strenui difensori firmino accordi a Siena, Arezzo o Pisa. Li’ i lavoratori evidentemente non godono dei diritti inalienabili e non negoziabili. Per non parlare degli operai, precari e di cooperative, che rendono possibile il concertone del 1 Maggio. Quei lavoratori non hanno alcun diritto e il sindacato si comporta come un qualsiasi datore di lavoro privato che sfrutta fino in fondo le tanto vituperate leggi sulla flessibilita’.
    A me questa sembra tutta una grande ipocrisia dettata dal piu’ banale e rozzo marketing politico.

  27. uqbal

    Broono

    Invece mi sembra che ci siamo capiti, perché il primo punto è proprio questo: nessuno ha il diritto di distinguere tra lavoratore e lavoratore.

    Il Primo Maggio è tanto di Sofri quanto di una commessa o di un operaio.

    E il secondo punto sarebbe la necessità di riconoscere che oggi, in Italia ed in particolare nelle città turistiche, lavorare in un negozio implica un rapporto con le feste più simile al tuo lavoro che non a quello di un operaio.

    Con tutte le difese del caso (recuperi, straordinari, ecc. ecc.). Nient’altro.

  28. sergio62

    Purtroppo il may day, almeno in italia, è stato svuotato di significato : a Roma,per fare un esempio di una categoria a caso- cui non appartengo- un tempo i trasporti pubblici cessavano alle 12 , oggidì funzionano per l’ intera giornata. sempre più sono i ristoranti e i negozi aperti con la scusa della “zona turistica” ( ma i turisti non vanno più al ristorante a pranzo, garantito, nè in genere fanno shopping, preferendo concentrarsi sulle bellezze artistiche e paesaggistiche ) . Io ancora ho il privilegio di non lavorare il 1 maggio , ma mi dispiace veramente vedere tanta gente che non può permetterselo. Come dispiace vedere che la domenica non sia più domenica per tanti nuclei familiari. Rifletta su ciò chi in futuro si occuperà dell’ Italia

Commenti chiusi