Superband

C’è stato un periodo in cui andavano di moda le “superband”: una specie di colpo di coda dell’epoca dei dinosauri del rock che rimescolava le appartenenze e metteva insieme Bob Dylan e George Harrison nei Traveling Wilburys, oppure pezzi dei King Crimson e degli Yes negli Asia, o collaborazioni più occasionali: i Queen e David Bowie di “Under Pressure”  (anche se “supergruppi” più solidi erano nati già durante gli anni ruggenti del rock, con i Cream o Crosby, Stills, Nash e Young, per esempio). In Italia Dalla e De Gregori fecero la cosa più creativa di questo genere.
Poi di collaborazioni così plateali – e così platealmente sostenute da un’idea di comunicazione pubblicitaria – si sono ridotte, o hanno cominciato a fare meno notizia. E molto buon rock di oggi ha qualità meno divistiche per cui sono più comuni e meno “pompate” le mobilità tra formazioni note.
Adesso però arriva una specie di “super revival” (per usare una terminologia cara alla radiofonia musicale di quegli anni), con la superband guidata nientemeno che da Mick Jagger con un’eterogenea composizione: la giovane Joss Stone, il protagonista degli anni Ottanta Dave Stewart degli Eurhytmics, Damian Marley figlio di Bob e il compositore della colonna sonora de “Il milionario”, A.R. Rahman. Si chiamano “Superheavy” e hanno registrato un disco che esce il 20 settembre. Alle brutte, non saranno più inutili dei Traveling Wilburys.

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