Né con l’assillante né con l’assillato

La settimana scorsa a Piazza Pulita è successo di nuovo: un deputato leghista, seguito a Roma da un giornalista e un cameraman che gli chiedevano dei recenti scandali intorno al suo partito, ha preso con una mano la telecamera e a giudicare dal suono ha gettato a terra un copriobiettivo o qualche altro accessorio. Il giornalista lo ha seguito ancora chiedendogli “perché ha rotto la telecamera?”, scena che la telecamera ha continuato a riprendere e quindi forse tanto rotta non era (“L’onorevole Fogliato rompe la nostra telecamera” è anche il titolo del video sul sito di Piazza Pulita).
La categoria del giornalista che assilla il politico (o altro personaggio pubblico) ha ormai una storia lunghissima e alcuni celebri campioni (Valerio Staffelli, naturalmente; il micidiale Luca Bertazzoni di Santoro; le Iene in genere). E ognuno interpreta il ruolo a modo suo: alcuni portano il telespettatore a simpatizzare per i più impresentabili assillati e addirittura ad auspicare persino che je menino, altri mantengono una goffa misura. Ma la sintesi di questo atteggiamento, visto dal lato giornalistico è: un tempo si facevano domande per ottenere risposte, oggi si fanno domande per ottenere reazioni (e possibilmente reazioni che si possano rivendere in forma di comunicato stampa, notizia d’agenzia, vittimismo, e ogni altra forma promozionale). Ma non è obbligatorio scegliere con chi stare tra l’assillato e l’assilante.

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4 commenti su “Né con l’assillante né con l’assillato

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  2. Broono

    conta +1 agli “auspico che je menino”.
    Lo dico da tempo ogni volta che li vedo: il confine è stato superato il giorno che da caratterizzazione di alcuni personaggi, e già era fastidioso, quel modello di intervista è stato spostato sul piano della categoria professionale.
    Non è più un “Luca di Santoro intervista così” ma è un modo di intervistare che da “di Luca” è diventato una tipologia adottata da chi Luca non è e non ha motivo di sembrare, quindi proprio semplicemente un modello di intervista che si è emancipata (da Luca).
    Sì, confesso che quando vedo intervistare la gente col microfono infilato nel naso se l’intervistato tenta di spostarsi, rincorso fin dentro il panettiere, il braccio col microfono infilato tra le porte dell’ascensore che si chiudono, l’inseguimento fin dentro casa e tra poco qualcuno degli addetti all’alzamento dell’asticella arriverà a mettere il piede tra porta e cardini così da impedirne la chiusura, il mio personale auspicio è che un’auto li metta sotto mentre inseguono l’intervistato.
    Gente che comunque non appare più antipatica delll’inseguito per esclusione, ma perché antipatico e pure un (bel) po’ stron*o lo era già di suo senza bisogno di confronti, altrimenti non lo fai tuo quel modo lì di intervistare, serve una base di partenza già tua e già blla solida.
    Quel discorso là che se tu sei convinto di aver ragione e la tesi è che l’inseguito sia un delinquente, non è necessaria prova o condanna per considerarlo tale e quindi privarlo del diritto a non averti tra i cogl*oni te e le tue domande col tono dell’inquisizione.
    Mai abbastanza denunciato, il pericolo di quel modo di pensare e successivamente di agire lì.

  3. Hytok

    Sempre nel mezzo stai tu. Ma del rifiuto dei politici a rispondere alle domande, ne vogliamo parlare? Io credo sia quella la cosa più grave.

  4. Plotnikov

    Ho un orribile ricordo: Giulio Einaudi, in mutande, sulla porta di casa, che respinge, molto educatamente, alla torinese, lo sciagurato Chiambretti.

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