Candidati in cattedra

Sono scettico da molto sull’inflazione di articoli a effetto in cui il giornalista del caso fa una cosa in incognito per dimostrare presunti limiti di questo o quel servizio: tipo quelli che entrano negli aeroporti con dei machete e poi felici sostengono di avere fatto una grande inchiesta di servizio. Per non parlare della iperinflazione tutta italiana di titolazioni alla “Io, Luca Sofri, nell’inferno del chiosco del cocomero”, eccetera.

Quindi avrei un pregiudizio sfavorevole nei confronti dell’articolo sul Corriere della Sera di oggi che ora Corriere.it ha deciso di mettere addirittura in apertura a caratteri cubitali (“Io, primario, respinto a Medicina”): un medico ha fatto il test dell’ammissione a Medicina e dice che non sapeva molte delle risposte e che molte delle domande sono poco idonee per scegliere i candidati. Ma siccome è un primario, immagino competente sul tema, ho quindi pensato che malgrado titoli e boutade potesse invece raccontare cose interessanti.

Invece direi di no. La sua esposizione (che inizia con un refuso sul nome di Gandhi, e una confessione di ignoranza rilevante su come sia morto) si riduce a elencare le cose che lui avrebbe saputo o no e a una analisi da bar sui temi rilevanti per accedere allo studio della Medicina. Ma la questione dei test di ammissione è un po’ più complessa di così: ha a che fare con la selezione sulla base di qualche criterio e con il numero chiuso; ha a che fare con le conoscenze che dimostrano che potrai essere un buono studente, non un buon medico (per quello ci saranno anni di studi); ha a che fare con commissioni che studiano questi test, sui quali ci sono diffuse letterature ed esperienze; ha a che fare col fatto che per questi test ci si prepara, non ci si va in quanto “primario”. Non è un test “per fare il dottore”, è un test per fare lo studente di medicina.

Questo non toglie che questi test possano essere sbagliati, sbilenchi, inadeguati. Ma sarebbe bene giudicarli con competenze didattiche e di selezione, non con quelle del medico, che sarà esperto senz’altro, ma di altro (e il suo racconto, se meno giudice, può essere un piacevole pezzo di costume). Come mi pare dimostri la sua assai poco tecnica e molto banale conclusione, che nulla dice su come andrebbe fatto questo test, secondo lui.

Fare il dottore è un po’ come fare il cuoco o guidare l’aereo, bisogna essere portati: chi è troppo introverso o troppo scontroso o troppo facile a seccarsi è bene che non ci provi nemmeno. E anche chi non è disponibile a studiare tutta la vita. Insomma, certi non vanno bene anche se sanno l’origine della tragedia greca.

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29 commenti su “Candidati in cattedra

  1. Raffaele Birlini

    Non è vero, lo dice. Dice che piuttosto di un test che ti chiede cos’è il vuoto nel taoismo è meglio nessun test, come in Francia, e la selezione per merito e capacità avviene al primo anno e in quelli successivi. Dice che in america è criterio di ammissione la capacità relazionale perché il lavoro del medico non è solo abilità tecnica ma anche espressione di qualità umane. Si può essere d’accordo o no, ma lo dice secondo lui che test ci vuole: nessun test come in Francia o un test che non faccia domande tali che sapere la risposta è questione di fattori del tutto causali. Per esemio io non sono d’accordo perché ritengo che esistano test ben fatti per misurare diversi tipi di intelligenza, di caratteristiche della personalità, di cultura generale. Ritengo che un test ben fatto è diviso in parti e che ogni disciplina debba dare importanza a esigenze chiare e rese esplicite al candidato, per esempio per matematica serve alto grado di astrazione, non serve empatia. Sei tu piuttosto che non dici chi sono queste ‘commissioni’, e nomi e cognomi degli ‘esperti’ chi ne fanno partee si occupano dei test di ammissione e delle prove di maturità e di scuola in generale in un paese con professori che invitano gli studenti a boicottare il test dell’invalsi e dove le risposte multiple sono viste come una forma di discriminazione per chi è più portato agli esami orali per superiori doti di eloquenza. E ai test non ci si prepara, non è un esame, il test, è ridicolo che ci si prepari al test, è un altra italianata furbetta che vuole ottenere le cose soffiandole agli altri, se ti puoi preparare a un test studiando un manuale per dummies la settimana prima di sostenerlo vuol dire che il test è fatto male o che è talmente arbitrario che fare esercizio con la settimana enigmistica o leggere pagine a caso su wikipedia potrebbe essere d’aiuto. A me ha dato fastidio quell’articolo per diversi motivi ma l’ha detto che test vuole: nessun test.

  2. Jacopato

    Quello che spaventa delle affermazioni del primario è la totale non comprensione del sistema di valutazione a partire dal titolo dell’articolo: «Quei miei 15 errori al test di Medicina, Che c’entra il taoismo?» il taoismo non centra niente ed infatti era inserito in una domanda di comprensione del testo, il testo avrebbe potuto parlare di giardinaggio o di teoria delle stringhe. All’interno dell’articolo poi un’affermazione surreale: “Ma che logica c’è in tutto questo? La risposta è nella domanda” quelle si chiamano domande di logica.
    In sostanza è facile sparare su una cosa complessa come un sistema di selezione e valutazione senza fare il seppur minimo sforzo di comprenderne le logiche, per quanto riguarda l’opzione nessun test alla francese non è applicabile in Italia per problemi strutturali: le lezioni del primo anno di medicina, psicologia o architettura si dovrebbero tenere a San Siro…

  3. uqbal

    Irrita un po’ il tono vagamente paternalistico, ma non mi sembra che gli argomenti siano del tutto vacui. Secondo me quelle critiche dovrebbero essere usate per migliorare il test, non per abolirlo (anche se quella è l’intenzione dell’autore).
    Delle domande di logica non mi lamenterei. Metterei anche più domande di comprensione scritta (per la ragione banale che uno studente bravo si presume capisca quel che legge), e quelle di scienze, se di buon livello scolastico (l’idea non è quella di valutare se lo studente sa già quel che studierà comunque, ma se ha imparato quel che la scuola insegna). Anche qualche domanda di geografia e sociologia e antropologia, che con i pazienti male non fanno. Però effettivamente, le tamerici e la spigolatrice di Sapri mi sembrano fuori luogo.

  4. Amato Cacciapuoti

    Io credo che concedere l’iscrizione alla Facoltà di Medicina subordinandola alla esecuzione di un test sia una cosa sbagliata. La vera selezione la fa la vita e non gli uomini che nella loro presunzione e nel delirio dì onnipotenza ritengono di poter valutare in poche ore le qualità e le capacità di un giovane che si avvicini agli studi. Le vere inclinazioni vengono fuori solo se si concede la possibilità di “provare” e nessuno al mondo può dire ad un uomo che “non potrà diventare uno studente di medicina”. Secondo il mio parere, forse discutibile, il sistema attuale è l’unico in grado di “perdere” cervelli e “privilegiare” le persone sbagliate che sono le uniche a poter provare.

  5. aciribiceci

    Io ho da poco partecipato a una selezione sotto forma di test, un’idea del tipo di domande ve la fate da questo resoconto:http://lamerotanti.com/2012/07/26/tfa-le-vere-prime-13-domande-del-questionario-per-labilitazione-a051-e-un-po-anche-a050/
    Comunque, i test a risposta multipla, in Italia, non li sappiamo fare. Non nel senso che non sappiamo rispondere. Nel senso che non li sappiamo approntare. Le nostre università sono da sempre orientate a una valutazione del candidato mediante un esame orale. Non c’è una tradizione di test a risposta multipla nelle università italiane. Sono stati introdotti da relativamente poco tempo. Chi li prepara non ha ancora sufficiente dimestichezza con questo tipo di esami. E tende a ritenerli una valutazione delle competenze di serie B. Preparare dei buoni quiz è difficile. Gli inglesi e gli americani sono molto bravi a farlo. Perché li fanno da sempre. Là l’orale non esiste, e moltissimi esami si fanno a crocette. Ma non è un esame di serie B. È l’esame, punto e basta. Qua invece il timore che si riveli un esame facile, lo trasforma in un esame impossibile. Gli italiani approntano i quiz a risposta multipla con lo scopo di testare non la tua preparazione, ma la tua furbizia. Devi entrare nella testa del compilatore delle domande e cercare di ragionare come lui, cioè più o meno come uno che si siede sul cesso e al posto di fare la settimana enigmistica pensa a delle domande ambigue, piene di “distrattori”, di possibili risposte esatte pronte a rivelarsi errate. Quando ha terminato la seduta,  te le sottopone più che altro per sfoggiare quanto è stato scaltro a inventarsi i sabotaggi. Se li superi, significa che sei furbo almeno quanto lui, e quindi sei idoneo. Se non li superi, poco importa che tu sia preparato o meno: non ci servono quelli preparati. Ci servono quelli furbi. (http://aciribiceci.com/2012/07/26/cronache-minute-di-un-tfa-catanese/)

  6. aghi_di_pino

    Che il primario sia ritenuto non in grado di essere un buon studente di medicina, la dice comunque lunga sui metodi di accesso al numero chiuso nelle Università. O su come si costruiscono le carriere nel sistema sanitario. Delle due, l’una.

  7. IcoFeder

    @Amato
    “Io credo che concedere l’iscrizione alla Facoltà di Medicina subordinandola alla esecuzione di un test sia una cosa sbagliata. ”
    visto che è LO STATO a contribuire al mantenimento delle università, EVVIVA il numero chiuso!

    ” non gli uomini che nella loro presunzione e nel delirio dì onnipotenza ritengono di poter valutare in poche ore le qualità e le capacità di un giovane che si avvicini agli studi.”
    non è un delirio, è un mestiere. Si chiama fare il professore.
    Giudicare in poche ore è l’unico modo di fare esami, test, selezioni…

    “il sistema attuale è l’unico in grado di “perdere” cervelli e “privilegiare” le persone sbagliate che sono le uniche a poter provare.”
    Immagina lo spreco di energie e risorse ad educare miglia di persone che desiderano diventare avvocati, medici o ingegneri senza averne le capacità…

  8. IcoFeder

    Io risponderei al primario in questione che a 19 anni una certa cultura generale, una buona capacità logica ed una buona padronanza della lingua sono fondamentali per iscriversi ad una facoltà così impegnativa! Non mi sembra sbagliato selezionare le persone in base a cose che rientrano nel loro potenziale bagaglio culturale…

  9. mrm

    Gli studi nelle facoltà scientifiche necessitano già a partire dal primo anno di corso di strutture didattiche costose, che- per forza di cose, nel sistema universitario italiano attuale- non possono essere rese disponibili ad un numero troppo elevato di studenti.
    Quindi, la scelta è tra un numero limitato di -es.- Medici che abbiano avuto possibilità durante il percorso formativo di accedere ad una adeguata didattica , od un elevato numero di medici a scarsa/ nulla preparazione effettiva su paziente.
    Se voi foste i Pazienti, cosa scegliereste…?

  10. giofed

    Sarebbe buona l’idea di mettere uno sbarramento in base ai risultati conseguiti a fine del primo anno e praticata con efficacia in altre nazioni, la Francia già ricordata e in alcune università USA.
    Ciò non toglie che il test sarebbe uno strumento valido nelle mani di persone competenti: comporta una fase di realizzazione molto accurata, di verifica e prova (sullo stesso) e un numero di item molto alto per aumentarne la qualità, come sono i test nazionali americani.
    Si può “provare” sul campo l’aspirante cuoco, che al peggio può avere la disapprovazione del cliente: in certe professioni, l’insegnamento, la medicina, la farmacia dove l’oggetto da trattare è la persona e la sua incolumità, non ci si può permettere di prova e, ops, sbagliare.

  11. alearmando

    Il professor Remuzzi ha fatto il test di medicina, commettendo a suo dire 15 errori. Data la chiara fama del candidato, evidentemente è il test in questo caso a non passare la prova.
    Tuttavia – sorvolando sul fatto che la morte violenta di Gandhi dovrebbe essere parte della memoria collettiva, anche quella del professore – mi sembra che ci sia un eccesso di perentorietà nella condanna del test, che fa il paio con l’ottusità cronica di questa pre-selezione.
    Il più grande errore argomentativo di Remuzzi è il falso sillogismo secondo cui, avendo lui sbagliato a rispondere a molti quesiti allora le domande sono mal poste e di conseguenza sono giuste quelle che lui propone.
    Invece a me pare ben più preoccupante la sua proposta di chiedere agli aspiranti medici se fumano o cosa pensano dell’impiego delle staminali nella ricerca o, peggio, nello stabilire del candidato “la sensibilità, il garbo e il buon senso” come alla mitica Università della Virginia.
    Perché proprio questa falsa evidenza del “buon senso”, in virtù della quale si ammetterebbe un nuovo studente a medicina, già contiene delle opzioni etiche, comportamentali e ideologiche al suo interno. Dunque censurerebbe i potenziali studenti esattamente allo stesso modo in cui la politica italiana, in base a principi di derivazione religiosa, ha generato quella legge 40 che ieri è stata messa in discussione a Strasburgo.

  12. marquinho2

    Però la frase finale dice una cosa sensata. I test verificano se sei un bravo studente, all’università verificano se hai appreso le nozioni necessarie alla pratica medica. Ma non c’è mai una verifica, se non quando forse è troppo tardi, sulle caratteristiche umane necessarie a svolgere il ruolo del medico, che non è esattamente come fare l’ingegnere o l’astrofisico.
    P.S.
    Io comunque leggerei con curiosità un articolo dal titolo “Luca Sofri nell’inferno del chiosco del cocomero”. :D

  13. Marzio

    Quanti tra noi hanno modificato il loro approccio allo studio quando hanno cominciato a frequentare l’Università? Io si. Molto. Non è detto quindi, a mio parere, che un test in ingresso sia sufficiente a selezionare un buon studente di medicina. Cambiano profondamente le condizioni al contorno.
    Un pessimo studente delle superiore può trovare le motivazioni e diventare un ottimo studente universitario. I 60/60 (ora 100/100) si trasformano, non poche volte, in 80/110 e viceversa. E’ esperienza comune, in qualsiasi specializzazione universitaria.
    Inoltre c’è l’aspetto legato alla scuola di provenienza. Una/o ragazza/o troverà proveniente da un istituto tecnologico troverà molte più difficoltà all’ammissione, dato che le domande sono tarate per lo studente che esce dall’unica scuola che in Italia è degna di essere nominata: il Liceo (elle maiuscola).
    Lasciamoli studiare medicina questi ragazzi, almeno due anni. E vediamo che accade. I migliori proseguiranno e diventeranno ottimi medici.
    E lasciamo da parte test classisti, inaffidabili e adatti solo a selezionare i più secchioni.

    Ciao

    Marzio

  14. giach

    So solo che non vorrei essere operato da un medico che pensa che avere competenze logiche non faccia parte del suo lavoro. Il pezzo di Remuzzi è aberrante soprattutto per questo: potanno esserci state chissà quali domande insensate nel test, ma NON quelle di logica e comprensione (di questo si trattava, non di taoismo), che lui ovviamente dovrebbe padroneggiare ottimamente per evitare errori (gli studi sulle decisioni mediche sono molto interessanti a questo proposito…).

  15. reta

    mi dà fastidio che il corriere gli abbia dato tutto questo rilievo. sono discorsi generici, quelli del professore, e non hanno nessun valore

  16. Amato Cacciapuoti

    @icoFeder
    Meno male che nella loro infallibilità abbiamo molti “professori” in grado di decidere “a prima vista” tutti coloro che hanno/non hanno le capacità di diventare quello che sono.
    Ma a volte, per fortuna, qualcuno riesce a non imbattersi in costoro. Nella vita ci vuole anche fortuna!!!

  17. simone.degiuseppe

    Quoto Marzio…e se proprio non è possibile fare a meno dei test, per i costi e via dicendo, che si faccia almeno uno sforzo per includere nel processo di valutazione anche altri elementi (quelli che i fighi chiamano “soft skills”), non solo la capacità di risolvere giochini da Settimana Enigmistica.
    Porto la mia personale esperienza: 60/60 (Istituto Tecnico per Geometri), 486esimo su non ricordo quanti, 6-7.000 almeno, ai test di selezione del Politecnico di Milano, facoltà di Ingegneria. Sulla carta quindi studente eccellente, nella pratica un disastro completo, perchè un conto è essere bravi a risolvere semplici equazioni e problemini di logica e matematica, ben altro è essere bravi studenti, nel mio caso di Ingegneria…

    Sbarramento alla fine del secondo anno, solo i migliori vanno avanti…sistema spietato, ma onesto e difficilmente taroccabile…

    Simone

  18. gillo

    cioè, nessuno che vorrebbe leggere il pezzo “Io, Luca Sofri, nell’inferno del chiosco del cocomero”?

    siete matti!

  19. uqbal

    simone.degiuseppe

    Ogni test, in qualsiasi modo sia strutturato, è un’approsimazione ed un azzardo. Il problema è che non se ne può fare a meno. Se qualcuno ha un modo rapido ed economicamente sostenibile di valutare i cosiddetti soft skills, ben venga.

    Ma presumere che basti aprire a tutti per un anno o che semplicemente le selezioni si possono saltare, significa non voler fare i conti con il fatto che il principio di piacere (quel che vorremmo) e quello di realtà (quel che possiamo) non coincidono.

  20. vallauno

    Solo io penso che la cosa più preoccupante dell’articolo non sia tanto che i test non sono particolarmente adatti a diventare dottori, ma sia ben più grave che un primario non passi un esame che invece viene superato da ragazzi (non tutti, certo) che hanno appena conseguito la maturità? E che le critiche principali siano state fatte su domande di logica e di comprensione del testo?
    E perchè dovrebbe essere meglio sapere quanti sono i morti di morbillo ogni anno o da dove provengano le malattie? I candidati non sono ancora medici: perchè dovremmo selezionare quelli che hanno imparato alcune nozioni da medico prima di studiare per fare il medico?
    Da laureato (non in medicina) in un corso di studi a numero estremamente ridotto, posso solo ringraziare la presenza di alcune domande di comprensione del testo e di logica, solo grazie ad esse sono riuscito ad entrare “sorpassando” candidati con voto di maturità molto più alto del mio conseguito in istituti superiori decisamente più “larghi di maniche”. Poi il numero di Avogadro ho avuto modo di impararlo fino al sesto decimale durante il corso di laurea… (e ovviamente dimenticarlo subito dopo :-)). E ho anche avuto modo di modificare la mia visione etica. Senza venire bandito da una professione a causa delle superficiali opinioni da diciannovenne…

  21. bobryder

    In relazione alla prima parte del post:
    Il giornalismo italiano in queste cose è (cattivo)maestro.
    Ma-in modo più clamoroso(e cialtrone) c’è chi si distingue per molto peggio.Proustianamente, questo post me lo ha riportato alla memoria.Sia chiaro:non è un’attenuante al sensazionalismo e al parossismo-sciacallesco-di certo giornalismo di “strada”nostrano.(Sui test d’ammissione, poi,si potrebbero scrivere trattati biblici,e scoranti).
    http://archiviostorico.corriere.it/1995/giugno/10/Falso_scoop_seminando_siringhe_co_0_9506109166.shtml

  22. odus

    Ma siccome è un primario, immagino competente sul tema, ho quindi pensato che malgrado titoli e boutade potesse invece raccontare cose interessanti.
    Immagino competente sul tema? e chevordì? Immaginiamo che sia un primario di ostetricia e ginecologia.
    Saprà di parti e di fibromi dell’utero.
    Però, prima di diventare primario di ostetricia e ginecologia. o di otorinolaringoiatria o di oculistica, o di cardiologia, o di ortopedia, o di ematologia, si è dovuto, a suo tempo, scrivere a Medicina e studiare le 30 e più materie specifiche e superare i relativi esami nei sei anni del corso di laurea.
    E per scriversi, dopo avere superato un esame di licenza liceale (o, adesso, populisticamente, dopo avere conseguito un diploma qualsiasi) avrebbe dovuto sapere come è morto Gandhi, argomento che non fa parte di nessun corso di studi medi e superiori?
    Secondo me L.S. farebbe meglio a scrivere articoli del tipo: “Io, Luca Sofri, nell’inferno del chiosco del cocomero.

  23. arcalli

    Tutto l’articolo si basa sull’assunto che, con 15 errori, non si passi il test.
    Dopo aver letto il pezzo ho fatto la simulazione dell’esame on line.
    Dal momento che non apro un libro di chimica o di biologia da 20 anni, ho sbagliato ben più di 15 risposte e tuttavia ho ottenuto un punteggio sufficiente ad entrare, tra gli ultimi, in diverse facoltà di medicina italiane.
    Quindi molto probabilmente anche il professor Remuzzi, nonostante non sappia come è morto Gandhi, avrebbe passato il test con i suoi 15 errori. E allora di che stiamo parlando?

  24. benn_beckeman

    “…ha a che fare con le conoscenze che dimostrano che potrai essere un buono studente, non un buon medico (per quello ci saranno anni di studi); ha a che fare con commissioni che studiano questi test, sui quali ci sono diffuse letterature ed esperienze; ha a che fare col fatto che per questi test ci si prepara, non ci si va in quanto “primario”. Non è un test “per fare il dottore”, è un test per fare lo studente di medicina. […] Ma sarebbe bene giudicarli con competenze didattiche e di selezione, non con quelle del medico, che sarà esperto senz’altro, ma di altro (e il suo racconto, se meno giudice, può essere un piacevole pezzo di costume). Come mi pare dimostri la sua assai poco tecnica e molto banale conclusione, che nulla dice su come andrebbe fatto questo test, secondo lui.”

    Il signore che ha scritto questo articolo ha una laurea in medicina e chirurgia? Perché mi sembra alquanto pretenzioso. E’ un giornalista? Bene, che elargisca consigli e reprimende ai suoi colleghi, non a chi cerca di salvare vite umane.

  25. lucailletterati

    Ho provato la stessa reazione di fastidio leggendo l’articolo. E credo anche sia in qualche modo da irresponsabili affrontare questi temi con quell’atteggiamento e per il giornale che ha pubblicato l’articolo darne il risalto che ne ha dato.

    Detto questo, ho tuttavia molti dubbi, credo accompagnati da qualche conoscenza, sulla possibilità di test di questo tipo di selezionare seriamente. E’ probabile che quelli che passano questi test siano effettivamente bravi. Ma è anche probabile che molti bravi, a volte anche più bravi, restino fuori. E questo perchè test di questo tipo sono in grado di catturare alcune competenze e non altre, a volte decisamente significative all’interno dell’attività scientifica e professionale.
    Un dibattito serio e non ideologico su questi temi sarebbe importante.
    Credo peraltro che qualche dubbio sul modo in cui vengono preparati questi test siano legittimi, dopo la recente imbarazzante avventura dei test per l’ammissione al Tirocinio Formativo Attivo (TFA), cui si sono sottoposte molte persone nella speranza di diventare insegnanti nella scuola. Alcuni dei test erano in buona parte ridicoli e a volte chiaramente sbagliati, tanto che il Ministero si è trovato nella necessità di dover correggere le correzioni automatiche prestabilite.
    Oggi sempre il Ministero a seguito di potenti pressioni ha pubblicato l’elenco degli esperti che hanno costruito i test. La cosa ha destato qualche ulteriore perplessità sia sui nomi, sia sulla cosiddetta operazione trasparenza (così la chiama il Ministero, http://www.istruzione.it/web/ministero/focus290812) che pubblica in un unico calderone senza possibilità di valutazioni più ponderate la lista di coloro che hanno concretamente progettato i test.

  26. rosses

    L’articolo del Corriere è così delirante da diventare divertente; ma come si fa a mettere una cosa del genere sul sito di una testata giornalistica?
    L’autore fa un’analisi completamente allucinata: non si capisce quali siano i suoi criteri nel giudicare quali conoscenze siano utili e quali no per un’ammissione a medicina. Comprensioni del testo e logica no, ma è importante sapere chi è il direttore del New York Times ? La chimica del liceo sì, tutta, tranne la tavola degli elementi! E menzione d’onore al saper usare l’Ipad (oppure a essere già perfettamente in grado di eseguire interventi chirurgici con apparecchiature tecnologiche? non ho capito bene).

    Da notare bene che l’autore sembra argomentare per un’abolizione del test, ma poi dice che alcune cosette prima lui le chiederebbe ai futuri studenti, quali sono le loro opinioni sulle cellule staminali e sull’eutanasia. Bravo! Quello che serve nelle nostre scuole è proprio garantire un proseguimento degli studi a chi ha le idee giuste su questioni controverse (ma senza dimenticare garbo e buon gusto, come fanno negli Stati Uniti!).

    E non è finita, lui al candidato “chiederebbe candidamente se fuma e quelli che fumano li lascerebbe fuori”.
    Non capisco bene perchè: è una questione di stile di vita salutare? in questo caso sta dicendo che chi non ha uno stile di vita sano non è adatto a fare il medico: dovremmo quindi escludere a priori anche chi beve, chi non fa ginnastica, chi è troppo grasso, chi fa sesso non protetto… e così via (finiremmo con facoltà di medicina un po’ vuote mi sa). Oppure qualcos’altro? Non gli stanno simpatiche le persone che fumano?

    Sono tra l’arrabbiato e il sinceramente divertito: “Ma che logica c’è in tutto questo?”

  27. andrea61

    Avendo ascoltato anche l’intervista a Radio24, riascoltanile per chi é interessato, ho avuto modo di capire meglio le argomentazioni di Remuzzi che, per inciso, non é un qualsiasi ostetrico, ma uno dei medici italiani piú apprezzato e stimato al mondo, con centimaia di pubblicazioni su riviste ad alto IF.
    Ne consiglio l’ascolto. Tanto per fare un esempio, Remuzzi non calca la mano sui 15 errori ma si chiede cosa sarebbe successo se l’ammissione fosse dipesa dalla domanda sull’anafora che natualmente tutti i difensori del test conoscono perfettamente. Oppure la domanda sull’origine dell’endometriosi ( nozionismo puro) invece di domande piú generiche ma che mostrino interesse da parte del candidato per la medicina.
    Sui test, che a rigor di logica dovrebbero essere una valutazione delle capacità e della cultura generale del candidato, sarebbe interessante sapere tragli ammessi le percentuali di chi ha dato i soldi ai vari Cepu e chi invece ha rispettato lo spirito della selezione.
    Aggiungerei una piccola riflessione che mi frulla nella testa da trent’anni e risale ai tempi in cui studiavo ingegneria: l’università é un luogo dove si forniscono informazioni o dove invece si costruiscono bravi professionisti ? Nel primo caso i test di ammissione possono anche andare bene, ma nel secondo mi sembrano assolutamente inadatti.

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