A me Il Caimano è piaciuto. Non lo trovo un film bello, non ne esco contento, non ci terrò a rivederlo, non resterà tra i miei film preferiti. Non c’è niente di cinematograficamente speciale o memorabile, secondo me. Penso ci sia più grandezza dentro i tre minuti di “The blower’s daughter” di Damien Rice – che compare un po’ incongruamente a un certo punto – che nell’ora e quaranta del Caimano. Detto questo, è un film molto intelligente, che affronta con equilibrio e attenzione una materia rischiosissima, senza cadute tematiche o stilistiche. Molto intelligente.
Intanto ha ragione Giuliano Ferrara: è un film che parla molto di noi, degli italiani, e di cosa sono e cosa sono diventati. È un film che supera Berlusconi. E in cui le rappresentazioni di Berlusconi hanno una parte esigua.
È vero che ognuno vede nei film ciò che vi vuole vedere, e non ho dubbio che i più accaniti e schematici antiberlusconiani non vedranno nei personaggi nessuna delle sfumature, delle contradditorietà e delle ironie che ci ho visto io. E chissà se ce le vedeva Moretti. Ma ecco cosa ci ho visto io.
Ci ho visto un film in cui nessun personaggio è senza macchia. In cui è la gente, alla fine, ad assediare il tribunale e ad aggredire i giudici (la stessa gente che tirava le monetine a Craxi, non c’è nessuna differenza) e in cui la ripetuta dichiarazione di Berlusconi-Moretti che la maggioranza degli italiani lo ha eletto è del tutto fondata e decisiva. In cui la morettizzazione finale di Berlusconi toglie al personaggio tutta la comicità e la macchiettizzazione delle incarnazioni precedenti e gli dà tutta un’altra drammaticità e credibilità: quando lui dice “la sinistra è capace solo di odiarmi”, questa frase assume un tono di assoluta verità, stavolta. Così come le cose che dice sui suoi alleati. Divenuto Moretti, Berlusconi non è più un pagliaccio che dice solo fesserie: è un personaggio che dice cose di cui uno spettatore estraneo non riuscirebbe più a distinguere quelle invasate da quelle fondate.
Ci ho visto un film in cui la banalità dell’affidare al candore dei giovani o al distacco degli stranieri un giudizio obiettivo e vero sull’Italia è scongiurata da una grande accortezza. La regista Teresa, l’unica a mantenere sempre un totale scandalo per l’Italia berlusconizzata, ha momenti di indignazione fanatica e sopra le righe che lasciano in qualche imbarazzo quelli che le sono vicini; e il produttore polacco, quello che sfotte con leggerezza il paese che siamo diventati, è anche quello che se la batte appena il divo si sottrae al film. Non parliamo dei toni decisamente sarcastici contro il Placido de sinistra o contro il grande Sanguineti nella veste della critica rivalutatrice del trash più imbarazzante.
E ci ho visto che il personaggio più “normale” e umano – Orlando – è uno che non solo l’ha votato, Berlusconi, ma che persino non si era accorto che il Caimano ritratto nella sceneggiatura era Berlusconi, a testimoniare di un’Italia che è solita vivere in uno stato diverso dalla campagna elettorale permanente come tratto psicologico proprio di un’altra parte degli italiani.
Poi ci ho visto anche un paio di citazioni felliniane e una spiritosa autocritica morettiana nell’irridere i fanatismi eccitati di cui lui stesso è sempre stato rappresentante: il critico gastronomico che stronca tutto in preda a un giustizialismo estetico e il gelataio che raccomanda i dettagli di conservazione del gelato sfinendo il povero Silvio Orlando. E una saggia valutazione dello stesso Moretti nel sottolineare la vacuità dei temi che “certa sinistra” desidera parlando di Berlusconi: prenderlo in giro, ridere delle sue buffonate, consolarsi da sola del sentirsi superiore. Poi ci ho visto anche la faccia del vero Fini durante la scena del vero Berlusconi al parlamento europeo, faccia che da sola testimonia dell’imbarazzo di un paese.
Poi è vero che ognuno vede nei film ciò che vi vuole vedere.
And so it is…
Abbonati al
Dal 2010 gli articoli del Post sono sempre stati gratuiti e accessibili a tutti, e lo resteranno: perché ogni lettore in più è una persona che sa delle cose in più, e migliora il mondo.
E dal 2010 il Post ha fatto molte cose ma vuole farne ancora, e di nuove.
Puoi darci una mano abbonandoti ai servizi tutti per te del Post. Per cominciare: la famosa newsletter quotidiana, il sito senza banner pubblicitari, la libertà di commentare gli articoli.
È un modo per aiutare, è un modo per avere ancora di più dal Post. È un modo per esserci, quando ci si conta.