Dalla parte dei bambini

Non mi avventurerei nella pretesa di spiegare logica e scienza ai fanatici squilibrati che usualmente parlano di “bambini” per definire embrioni e feti: c’è un limite di comprensione oltre il quale logica e scienza nulla possono.

Però attribuisco ancora della buona fede ad alcuni frequentatori del Foglio che oggi usano lo stesso trucco linguistico con gran disinvoltura. E non posso non ricordarmi di quando – sulle unioni tra omosessuali – diversi di loro scrissero e dissero che non erano contrari, a patto che non li si volesse chiamare “matrimonio”: “il matrimonio è un’altra cosa, matrimonio vuol dire tra un uomo e una donna”.

Bene, ci pensino ora, in un momento di sobrietà di questa ubriacatura antiabortista: sostengano pure con gli argomenti che ritengono – alcuni pure equilibrati – le loro ragioni. Ma quelli di cui parlano – esseri viventi senz’altro – non sono “bimbi”, a meno di una malafede truffaldina e un po’ spregevole che svilisce quelle eventuali ragioni: bambino vuol dire un’altra cosa

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