Come la polvere (ancora sui Genesis)

Immaginate un’Italia con il Partito Comunista. E con la Democrazia Cristiana. Epoche lontane, lontanissime. Un quarto di secolo fa. Quell’anno, il 1982, i due maggiori partiti politici italiani, organizzano i due rispettivi eventi pubblici praticamente negli stessi giorni e a pochi chilometri di distanza l’uno dall’altro. La Festa de l’Unità, che allora era una macchina consensuale e commerciale straordinaria, si tiene a Tirrenia: tra Pisa e Livorno. La Festa dell’Amicizia, il tentativo di imitazione messo in piedi dalla DC, a Viareggio: ovvero nell’enclave democristiana lucchese all’interno della rossa Toscana.

Ma dentro alle due feste, la competizione ravvicinata si sintetizza sul palcoscenico del grande concerto rock principale. I contendenti hanno assoldato due superstar tra i dinosauri del rock, già apparentemente sul viale del tramonto, ma ancora popolarissimi. A Tirrenia suonano i Genesis, nella versione da anni senza Peter Gabriel. Allo Stadio dei Pini di Viareggio arriva Neil Young, tra formidabili attese.

Ero ancora al liceo, e stavano per finire le vacanze. Comprai per tempo i biglietti per entrambi i concerti. Non imbroglio se dico che erano i due concerti che più avrei desiderato vedere, a quel tempo. Due mesi prima avevo vissuto nello stesso giorno il concerto dei Rolling Stones e la vittoria dei mondiali di Spagna. Sono anni che non si dimenticano.

La sfida la vinsero i Genesis, a mani basse. Fecero un grande concerto, suonato straordinariamente e con una scaletta ancora esente dalle cose più insulse dei loro anni successivi. Neil Young invece era nel deprecabile periodo del “vocoder”, un aggeggio che gli distorceva la voce elettronicamente col quale aveva inciso uno dei peggiori dischi della sua carriera. Alle elezioni successive il distacco tra PCI e DC si ridusse notevolmente.

Con questi ricordi in testa mi rigiro tra le mani un vecchio 45 giri dei Genesis, e aspetto che la band si presenti per l’intervista. Sono in una specie di ufficio appollaiato a mezza altezza dentro un enorme capannone della fiera di Bruxelles. I Genesis lo hanno scelto per le prove della loro nuova tournée, che parte in questi giorni e che il 14 luglio arriverà al Circo Massimo, a Roma, per il Telecomcerto di quest’anno. Malgrado siano passati venticinque anni da quella volta di Tirrenia, quando sembravano già vetusti, la tournée è molto attesa. La band aveva poi tirato avanti altri dieci anni; e nel 1997 era uscito l’ultimo disco, insignificante e senza più neanche Phil Collins. E la notizia, nel 2007, è che i tre si riuniscono per una serie di concerti, nella formazione più longeva. Se ne parlava dall’anno scorso, quando c’erano state pubbliche dichiarazioni su una probabile reunion persino con Peter Gabriel, che aveva lasciato i Genesis nel 1974, esaurendo il loro periodo migliore e venendo rimpiazzato alla voce da Phil Collins (che già suonava la batteria) con eterne divisioni tra i fans: quelli che da allora trattano Collins come la Yoko Ono dei Genesis, e quelli che trovarono nel periodo Collins ancora eccellenti cose e grandi soddisfazioni. Come me, se non si è capito.

Invece poi niente. Niente Gabriel. La reunion si è fatta, con Collins, Tony Banks e Mike Rutherford, ma il colpo del secolo non c’è stato. Ancora oggi e – potete giurarci – fino al 14 luglio, si rincorreranno voci di trattative per una comparsata del sardo d’adozione sul palco del Circo Massimo, ma al momento la formazione che torna a suonare dal vivo è quella di Tirrenia.

Il capannone è spettacolare, costruito per l’Esposizione Internazionale del 1935: pare un set di Metropolis e rende ulteriormente ipnotica e alienante la mia attesa, non bastassero i ricordi adolescenziali. Mi riscuotono delle voci e uno scalpiccìo di passi per le scale: e a saltelli da jogger mi compare davanti Phil Collins prima, e poi gli altri due, con passo più sobrio. Mi sono domandato che atteggiamento potranno avere di fronte alla milionesima intervista in quarant’anni: gliene fregherà ancora qualcosa?

La risposta è no, comprensibilmente. Ma vi si dispongono con gentilezza e pazienza. Ora ce li ho davanti, e mi sembrano tre simpatiche vecchie zie britanniche. Collins scalpita di più: ha una polo verde col colletto tirato su e l’aspetto più che mai lontano da quello della grande rockstar. Per non parlare degli altri due. Rutherford ha qualcosa di Clarabella e dà l’impressione di aver rinunciato a spiegare quello che pensa davvero, mentre con gli anni è diventato più elegante e autorevole Tony Banks, a cui gli altri due lasciano volentieri spesso la parola. È lui che parla di politica, di quale delusione sia stato Tony Blair e di come si aspetti poco anche dai suoi successori. E dei ricordi ancora oggi pazzeschi che hanno di come l’Italia li celebrò all’inizio della loro carriera mentre al paese loro a malapena li notava qualcuno: “da voi riempivamo i palasport”, e dice proprio “the palasports”. “Per noi avere il grande culto presso i fans è sempre stata una cosa contraddittoria: nessuno di noi ha il carattere per coltivare il divismo e il culto, quindi è una cosa che si è sempre alimentata solo della musica”. Collins dice delle cose gentili sul periodo della band senza di lui – “ero contento che i Genesis esistessero ancora” – ma sottolinea di averli seguiti poco. Parliamo dei Police, che pure sono appena tornati assieme tutti e tre, solo per suonare dal vivo: “ma loro avevano litigato davvero, noi no”. E di Peter Gabriel, di cui mi confessano con affetto le loro canzoni preferite. Discutiamo di internet e Tony Banks dice che dopo aver smesso di leggere le recensioni dei loro dischi, ha anche smesso di leggere blog e commenti che parlano di loro: “finisce che ti arrabbi sempre con qualcuno e perdi un sacco di tempo”.

Il tempo dell’intervista è brevissimo: c’è la prova finale di fronte a un piccolo pubblico. Il palco è enorme e spettacolare, con effetti video incessanti, e le vecchie zie hanno un’energia infinita. Suonano come matti per due ore e mezzo, con una scaletta che ha qualche cedimento ma anche una cospicua parte del loro vecchio repertorio migliore. E suonano da campioni, come venticinque anni fa. Al Circo Massimo, col pubblico vero e il contesto straordinario, sarà uno spettacolo. Prima di finire l’intervista, Collins mi chiede di disegnargli una pianta della zona, per capire meglio. E chiede lumi facendo altri scarabocchi col pennarello con cui mi ha autografato il 45 giri che ho portato per il mio amico Vittorio.

E poi, prima di finire l’intervista, io gli chiedo l’unica cosa davvero importante. Gli chiedo, a tutti e tre: “vi ricordate di Tirrenia?”. E loro si guardano spaesati. Gli spiego che è vicino a Pisa, vicino al mare, dico della torre pendente, cito persino il PCI. E loro niente. Non si ricordano.

E tutto questo contiene una lezione, come diceva Snoopy in una vecchia striscia dei Peanuts: ma non so quale.

Vanity Fair

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