Un’ultima cosa su Andreotti

A me sembra la più importante, non solo su Andreotti ma su tutti quanti noi, la politica italiana e come viene mostrata. Che nessuno ricordi di lui una sola iniziativa politica memorabile, un progetto, una realizzazione, un cambiamento imposto al funzionamento di questo paese e alla sua cultura e civiltà, tranne i cascami della sua personalità e delle sue esaltazioni da parte dei media. Un politico il cui ricordo sta tutto dentro la politica e i sarcasmi a effetto. “Un grande esperto dei modi della comunicazione politica”, ho sentito dire: che però non lascia un discorso, una frase motivante, una visione di Italia o di futuro, una formulazione che non contenga solo cinismo e allusioni autoreferenziali. E ne avrà avute, anche, di visioni o idee sul mondo: ce le ha chiunque, ormai. Ma non sono state importanti, non sono state trasmesse, non se ne rammenta nessuno. Non hanno lasciato niente. “Lo ricordiamo per…” è una frase che resta sospesa, se non la si completa con banali battute sul peggio.

Questa è la politica italiana e questa è l’informazione politica italiana (e questa è la nostra abitudine a questa politica): la celebrazione come il suo più importante simbolo e rappresentante di un grande trafficante della politica, e lo spaesamento di fronte alla domanda “Ma alla fine, che ha fatto?”.

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18 commenti su “Un’ultima cosa su Andreotti

  1. Michele Mauri

    Mi ricorda qualcosa: “Durerà un po’ più, un po’ meno, ma passerà senza lasciare traccia”. Siamo tutti figli di quella stagione avvelenata (al cui confronto quelle di oggi sono bagatelle) e continuiamo a pagarne le conseguenze. http://alternativanomade.wordpress.com/

  2. wiz.loz

    Accidenti, non ci avevo pensato, ma hai davvero ragione da vendere in questo caso!

  3. odus

    Se la dimensione politica di Andreotti per quello che ha fatto nei 46 anni che vanno dal 1946 al 1992 è piccola – dopo quella data non ha più contribuito alla politica – è perché la Storia dello Stato italiano è assai modesta.
    E l’informazione giornalistica italiana contribuisce grandemente a renderla tale.
    Inoltre, per un uomo pubblico, sopravvivere mummificato 20 anni alla propria opera, in un mondo cambiato rispetto a quello da lui vissuto, espone di per sé ad un giudizio similstoricizzato di coloro che sono venuti dopo e che il mondo precedente non hanno vissuto.
    E’ successo alla Montalcini ed in parte a Scalfaro. Succederà anche, se continua così, anche a Napolitano ed a Scalfari.

  4. Pingback: Un’ultimissima cosa su Andreotti | GianlucaBriguglia I'm no Jack Kennedy

  5. facci

    Il commentino di Sofri contiene l’errore più comune diffuso tra le giovani generazioni: confondere la politica con l’amministrazione. E’ come dire che nessun direttore d’orchestra verrà ricordato per aver suonato o composto personalmente alcuna musica.

  6. maragines

    1. Ha scritto e contribuito a scrivere le leggi sul funzionamento del Governo, non più prassi ma regole sulle funzioni di ogni ministero.
    2. Ha scritto e contribuito a scrivere le leggi sul funzionamento finanziario del Governo.
    3. Ha contribuito e non poco con osservazioni e non solo sul Processo amministrativo normato dalla legge.
    *
    Potremmo aggiungere che, in qualità di costituente il suo zampino è anche su più di un articolo della costituzione.

  7. ro55ma

    Le visioni che “.. non sono state importanti, non sono state trasmesse, non se ne rammenta nessuno. Non hanno lasciato niente”, nel caso del personaggio in questione, mi paiono invece tutte lì di fronte.
    Tutte a tenere ancora – forse per poco – in piedi, un sistema che aveva un sacco di virtù (tradottesi in miglioramento di vita per qualche milionata di persone) e tanti difetti (ci volevano i soldi di Pantalone, un po’ di comunisti di buona volontà ma con le idee confuse e la Chiesa come seggiolone democristiano).
    Credo che Facci l’abbia sintetizzata bene: è stato un maestro nel leggere, capire e “dirigere concretamente” la politica del Bel Paese.

  8. Luca

    Rispondo a “facci”: siamo molto d’accordo, giudichiamo Andreotti come un amministratore, allora. La politica è un’altra cosa.

  9. uqbal

    Mi sa che l’ultimo chiodo sulla bara di Andreotti l’ha piantato Sofri…

    Maragines: tutte cose che vanno alla grande in Italia!

  10. ilsignorG

    Ma non è che non si ricordi un fatto principalmente perchè di lui si parla quasi esclusivamente in riferimento ai processi per mafia (sicuramente rilevanti e per certi versi inquietanti) senza menzionare quanto fatto dall’ingresso in Costituente fino almeno al 1970?
    E i giornalisti non dovrebbero aiutare in questo, aiutare i lettori a farsi una opinione su di un personaggio rilevante – almeno dal punto di vista storico – piuttosto che imporre loro la propria?

  11. Abelgrifo

    anche a me pare che la visione politica di Andreotti sia lì davanti agli occhi di ciascuno che abbia il coraggio di vederla. Andreotti ha incarnato una visione paternalistica, antidemocratica, ferocemente anticomunista dello Stato. una versione aggiornata del paternalismo dello stato liberale di chi è convinto che gli Italiani non siano al fondo capaci di gestire una democrazia. si tratta di una visione reazionaria che trova la sua formulazione teorica in Nicolas Gomez Dàvila ed il suo fondamento in un cattolicesimo assai preciso e duro secondo il quale la verità è inutile e dannosa. Andreotti ha inteso che governare gli italiani sia una missione che richiede equilibrismo tra rapporti con il pubblico e rapporti con i potentati esteri. questo ruolo di mediazione gli ha permesso di far ricoprire all’Italia un ruolo di mediazione nel mediterraneo grazie ad uno spazioche solo un paese fondamentalmente antidemocratico poteva ricoprire.
    il vero problema di evidenziare questa visione sta nel discuterla, ovvero nel chiedersi se il giudizio sugli italiani che essa implica sia o meno sbagliato. ad osservare la seconda repubblica e le vicende degli ultimi anni dobbiamo considerare che probabilmente Andreotti aveva ragione, non siamo un popoloabbastanza maturo per accettare una democrazia vera ed è questa osservazione quella che mi amareggia di più.

  12. aiabasta

    hai ragione, così però li inchiodiamo tutti. gioco alla rovescia: un politico (degli ultimi 30 anni) che abbia lasciato il segno? che possa essere ricordato per aver fatto ……

  13. scrittiapocrifi

    C’è un motivo preciso per cui molti oggi>/i> non amano ricordare Andreotti come uomo politico. E il motivo è che Andreotti, a differenza delle maschere e dei pupazzi che popolano la scena odierna è stato un politico. Uno che le cose nel bene e nel male le faceva davvero: a differenza di tanti leader attuali, creati come polli in batteria dalla televisione, a Porta a Porta ci andava soltanto per trastullarsi e per compiacere gigionegiando l’immagine che si era construito soprattutto a partire da Tangentopoli. Un progetto politico, una visione della società e del futuro, per quanto autoritaria e bigotta, Andreotti ce l’aveva e ciò costringeva i suoi avversari (soprattutto il PCI) a opporre un progetto alternativo invece di perdere tempo a fare il piacione per essere gradito a tutti come fa l’attuale PD. Per quanto la politica di Andreotti potesse far schifo, non si piò non riconoscergli che un’idea ce l’aveva. Oggi non esiste più alcun progetto politico, solo eccitazione delle masse fine a sé stessa e rincorsa inutile all’elettorato degli indecisi. E questo si rende particolarmente visibile nei danni del Berlusconismo e del Dalemismo in politica estera: se siamo arrivati alla farsa dei Marò (che al di là delle implicazioni giudiziarie è stata gestita in modo pessimo dalla Farnesina) è perché sono saltati tutti i punti di riferimento nella politica estera, con un ridicolo Berlusconi che chiuso il capitolo Bush alla Casa Bianca ha snobbato Obama “l’abbronzato” ed è andato a rifugiarsi nel lettone di Putin; o con un micidiale D’Alema che ha promosso un’azione militare contro la Serbia ai tempi del Kosovo per accreditarsi come amico degli Stati Uniti. Nessuna esaltazione di Andreottti, ma è innegabile che cose di questo genere con lui non sarebbero MAI potute accadere.

  14. Pier Luigi Tolardo

    Mi sembra una lettura ingiusta, ingenerosa e poco fondata: Giulio Andreotti è collaboratore di Alcide De Gasperi, il più stretto: in quegli anni un Paese distrutto viene ricostruito in mezzo a forti conflitti sociali e politici, Andreotti è rappresentante di questa idea centrista della politica italiana.
    Poi Andreotti è soprattutto la politica estera italiana dagli anni ’50 agli anni ’90: Atlantismo e fedeltà agli Usa ma anche Ostpolitik e politca della distensione, forte rapporto con i Paesi Arabi, politica europa dalla CECa al Trattato sull’Unione Europea, l’Italia in quegli anni è quello che spinge di più sull’unificazione europea nonostante scettismi esterni ed interni(il Pci era contro lo Sme e anche la prima CEE). Poi la politica della fermezza e la lotta al terrorismo. Di tutto questo la stampa italiana ne ha dato ampiamente conto in questi giorni. Sotto il governo dela solidarietà nazionale viene anche creato lo stesso attuale Servizio Sanitario Nazionale. Poi c’è anche Lima, Evangelisti, i rapporti con i servizi deviati, lo smemorato del processo di Catanzaro. Però Andreotti è anche questa idea dell’Italia all’estero, se poi non piace è legittimoma è u altro discorso.

  15. pifo

    Per dire davvero “un’ultima cosa” su Andreotti, su qualsiasi Andreotti, sia quello politico che quello “amministrativo” (???) io, che non sono affatto un suo estimatore, credo che sia arrivato il momento migliore per fare l’unica cosa giusta rimasta: mettersi a sedere, prendersi tutto il tempo necessario e studiarsi molto approfonditamente, analiticamente e sinotticamente le carte.
    Certo … poi di tempo per scrivere di tutto quanto il resto … ne rimane poco!

  16. alessandro smerilli

    Una cosa me la ricordo: Andreotti, da ministro della difesa di un governo Rumor, nell’autunno del 1974, anno segnato da stragi propedeutiche a un montante tentativo di colpo si Stato, assecondò le inchieste giudiziarie e operò degli improvvisi e imprevisti trasferimenti dei capi militari che preparavano il golpe (quello dei Ricci-Sogno-Pacciardi) che fu in questa maniera sventato. Fu in quella circostanza che il gen. Palumbo, comandante della divisione dei carabinieri Pastrengo, che avrebbe dovuto assicurare il concorso di tutti i carabinieri dell’Italia settentrionale “tradì” i congiurati passando dalla parte di Andreotti che era spalleggiato dal capo dell’ufficio D del Sid, Maletti, tuttora “latitante” in Sudafrica, in lotta con il capo supremo del Sid, Miceli il quale finì prima in carcere poi in parlamento fra le file del Msi di Almirante. Costui, al quale si pensa di intitolare strade in questa Italia stordita e immemore, era perfettamente a conoscenza, anzi complice dei tentativi golpisti. La chiarezza piena su quei fatti e per conseguenza sulle stragi rimaste impunite non è stata ancora fatta anche perché Andreotti preferì sopire, troncare… troncare, sopire. Qualche motivo deve averlo avuto.

  17. tanogasparazzo

    In effetti, ma poi nella coscienza dell’Italia pallonata in molte curve di tifoseria al ricordo di tale figura, il popolo pallonata fischiava, in altre curve vedi quella del Toro esponevano in silenzio fotografie di Falcone e Borsellino. Ora cosa si dirà quando il signor B. verrà anche lui ricordato in quel minuto di silenzio negli stadi Pallonata. I tifosi cosa esporrànno in sua memoria, una sfilza di leggi ad personam, Cieriello Alfano Schifani, infine una figura gigantesca gonfiabile dal’assomiglianza alla Ruby nipote di Mubarak.

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