In difesa del regime Casaleggio

La storia “il re è nudo” è di quelle che si citano tanto e se ne perdono le origini: viene da una favola di Andersen e l’espressione è usata da allora in ogni caso in cui qualcuno sveli candidamente un’evidenza imbarazzante e clamorosa che però tutti gli altri fino a quel momento avevano taciuto.

È successo un paio di giorni fa in una conferenza stampa del M5S durante la quale un giornalista spagnolo ha spiegato a Davide Casaleggio – che la presiedeva – di avere difficoltà a descrivere ai suoi lettori spagnoli le dinamiche del M5S: per esempio, ha chiesto il giornalista, “a lei chi l’ha eletto?”, per il ruolo importante che occupa nel partito.

Il video e l’aneddoto sono girati molto. Casaleggio ha risposto con una elusiva e fumosa versione che lo indica come una sorta di consulente laterale volontario, bizzarra figura se anche fosse credibile. E quindi su quella scena ci sono stati molti sogghigni e sarcasmi da parte degli avversari del M5S, e molte accuse di incoerenza.

Sono un vecchio critico di un altro modo di dire abusato, quello del “predicare bene e razzolare male”: appartiene a quel repertorio di pigra polemica che implica che l’incoerenza conti più dei fatti e che un bicchiere mezzo pieno valga quanto un bicchiere vuoto. Predicare bene, o razzolare bene, sono già qualcosa rispetto a chi fa male entrambe ed è quindi coerente con se stesso. E io credo che, data la situazione, Casaleggio stia razzolando bene e il problema sia la predica, non viceversa. La contraddizione nel M5S tra l’enfasi sulla democrazia diretta (e sulla sua presunta applicazione continua) e la leadership affidata successivamente a persone autoproclamate, persino per diritto ereditario, è certo plateale ma è più interessante di come è stata sottolineata.
Il fatto è che nella contraddizione, il ruolo di Casaleggio è la cosa più sensata.

Il M5S ha dimostrato in questi anni, dopo averlo fatto sospettare da subito ai più avveduti, il fallimento dell’antielitismo e della pretesa che i “cittadini comuni” valessero – rispetto a determinati ruoli, impegni, responsabilità – più di quelli competenti, preparati, “eccezionali” nelle loro qualità rispetto a quei ruoli. Davide Casaleggio, che non conosco ma non mi pare stupido e di certo delle competenze le ha, è la dimostrazione delle buone ragioni dell’elitismo anche – e anzi, proprio – in un contesto antielitista come il M5S. In un movimento di disordinati casinari spaesati elevati a responsabili di scelte importanti e delicate, si rende necessario – lo è sempre stato, prima si ricorreva a Grillo – che ci sia uno che non è stato eletto attraverso meccanismi sommari e disinformati, a governare tutto questo. Per quanto antidemocratico sia.
Meglio sarebbe – lo penserà di certo pure Casaleggio, dopo la domanda spagnola – che in quel ruolo fosse stato votato: ma persino lui vede i risultati delle votazioni, nel M5S. Che non sono in quel partito un mezzo per ottenere buoni risultati, ma il fine per promuovere la propaganda dell’uno vale uno. Che è falsa, e se fosse vera Casaleggio la starebbe tradendo palesemente: Casaleggio vale più di uno, questo è ovvio ai militanti e onorevoli del M5S, e per questo gli riconoscono un ruolo non legittimato da niente se non dalle sue qualità o dalla sua autorevolezza ereditaria.

Questo era l’elitismo (la cui radice è la stessa di “eletto”, ricordo), demolito con tutte le nostre democrazie dai demagoghi e da chi si è loro accodato per viltà o coscienza sporca : l’idea che alcune persone siano – per merito, formazione o qualità innate – più adatte di altre a fare determinate cose, e che in democrazia questo valore le renda eleggibili più di altre. A provare a governare un movimento scombiccherato dalle incompetenze, Casaleggio è più adatto di altri, malgrado nessuno lo abbia eletto: questo perché le democrazie funzionano solo se sono bene informate, e in pochi luoghi prospera la disinformazione come il M5S. È la ragione per cui poi nascono le dittature – grandi e piccole – e la gente le applaude: per paura delle democrazie in cui la disinformazione e l’ignoranza sono diventate fattori di scelte disastrose.

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