La lettera di Formigoni al Corriere, sui casi di corruzione alla regione Lombardia, è scritta in modo ordinato, riletta attentamente, guarnita di ogni accessorio necessario, “scongiurare simili episodi” e via dicendo. Elenca cose, spiega quel che farà ancora per combatterli, bene.
Solo che non ha niente a che fare con quel che è tenuto a fare e a dire, Formigoni. Che prova a comportarsi da arbitro, da organizzatore, piuttosto che da responsabile e artefice di una giunta regionale e di una compagine consiliare che discende da sue scelte, decisioni prese anche da lui e di cui lui è artefice e dei cui comportamenti è direttamente e indirettamente responsabile. Gli illeciti di cui sono accusati gli accusati non sono incidenti capitati a dei passanti davanti alla Regione, a cui è caduto in testa a un vaso, per cui ci si scusa e si dice staremo più attenti e metteremmo delle transenne. Le accuse sono che ci sia gente che gettava i vasi di sotto, e quella gente l’ha scelta Formigoni, l’hanno scelta i partiti suo e di cui lui è alleato.
Se immaginiamo che i consiglieri arrestati o accusati fossero tutti dell’opposizione, la lettera di Formigoni di oggi avrebbe avuto del tutto senso. Ma la lettera che ha scritto stamattina è la lettera che deve scrivere il prossimo governatore, quando si insedia e preventivamente spiega le norme generali a cui dovranno obbedire tutti i consiglieri eletti, gli assessori, eccetera. Ma che la scriva ora Formigoni come se fosse appunto l’arbitro, fa ridere: è come se dopo il crollo di sette suoi palazzi l’architetto responsabile della costruzione di una nuova città si limitasse a dire, fiero, che nei prossimi rinforzeranno le fondamenta.
In una ordinata letterina.
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Questa mancanza di assunzione di responsabilità si ricollega al recente caso Emiliano. In conferenza stampa (e non in una lettera) ha detto: “Serve una legge per regolare i rapporti tra imprese e politica”.
Come se, in mancanza di una legge simile, non fosse stato lui a farsi finanziare la campagna elettorale dai Degennaro, a farsi sostenere da una lista (Realtà Pugliese) che aveva la sede allo stesso indirizzo della Dec (l’impresa dei Degennaro), e, infine, a nominare la nipote di uno degli amministratori della Dec – Annabella Degennaro – come assessore della sua giunta.
Poi però lui è stato furbo nel far risaltare l’episodio del regalo del pesce (circostanza secondaria) e fessi sono stati i giornalisti nell’andargli appresso e nel ridurre (quasi) tutto a caricatura.
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