The trouble with Grillo

Si può pensarla in molti modi riguardo alle cose sostenute da Beppe Grillo, al modo in cui le sostiene, alla sua campagna, al suo rapporto con la politica: si può pensarla in molti modi. L’importante è che poi si riesca a dirla, oltre che a pensarla. E invece un dettaglio accessorio della questione – da prendere con misura, senza esagerare – è la palpabile sensazione che eventuali posizioni critiche nei confronti di Grillo e della sua campagna possano procurare a chi le sostiene contestazioni e aggressioni verbali che superino il limite della civile discussione.

Prima è capitato a Michele Serra, di raccontare che un suo intervento amichevolmente dubbioso nei confronti del cosiddetto V-day gli avesse procurato impensate e violente contestazioni da parte dei fans di Grillo. Poi la stessa cosa è avvenuta ad Andrea Romano per un suo articolo sulla Stampa, con toni e insistenze assai peggiori. Intanto, sul suo blog, lo scrittore Sandrone Dazieri commentava i “vaffanculo” giunti al suo indirizzo per aver espresso anche lui del dissenso sull’iniziativa di Grillo. E succede, sempre più spesso, di sentir dire più o meno scherzosamente “non parliamo di Grillo che sennò poi i suoi fans ci massacrano”.

Insomma, non equivochiamo: non è il fascismo, no. E la posizione opposta espressa dal direttore del Tg2 che ha accusato Grillo di incitare qualcuno a sparare è sciocca: intanto perché se c’è uno capace di buttarla sul ridere quello è Grillo, e poi perché non si ricorda che Mazza si sia allarmato altrettanto quando Umberto Bossi evocava più esplicitamente l’uso del fucile, per esempio.

E però è spiacevole che prima di discutere liberamente di cose importanti ci si debba preoccupare non delle obiezioni nel merito ma degli insulti e delle accuse personali che possono pioverti addosso. Finisce che ti convinci che non ne valga la pena.

Vanity Fair

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