Quando ho letto sui giornali ieri della storia dello steward italiano morto con la sua famiglia nell’incidente aereo di Madrid, ho pensato subito che il modo in cui veniva raccontata sarebbe diventato un caso. Era facile da capire. Ho pensato di scriverne, ma poi il rischio era di aggravare la squiternatezza imbarazzata delle cronache e ho lasciato perdere.
Però oggi Francesco Merlo bacchetta in prima pagina su Repubblica l’Arcigay che ha protestato per come i giornali hanno trattato omofobicamente la storia. E se Merlo ha ragione sul fatto che l’Arcigay abbia un tic spesso eccessivo su queste cose – e però chi non ce l’avrebbe: direste a un ebreo spaventato da una stella gialla che ha torto? – Repubblica non si dovrebbe permettere di dare lezioni a nessuno, dopo il modo in cui ha raccontato del povero Domenico Riso, ieri, facendo raccapriccianti acrobazie per non dire che la sua era una normale famiglia omosessuale. Giudicate voi – per esempio dalle virgolette intorno a famiglia – se abbia ragione l’Arcigay a lamentarsi.
Ecco, ieri avevo rinunciato a fare quello che si scandalizzava. Ma Merlo dovrebbe leggere il suo giornale.
Era andato in vacanza con il suo migliore amico francese ed il figlio di tre anni di quest’ ultimo. Doveva essere una settimana di relax assoluto. Invece Domenico Riso, 41 anni, nato ad Isola delle Femmine, un paese alle porte di Palermo e da 10 anni steward dell’ Air France, è morto nell’ incidente aereo di Madrid. Era l’ unico italiano delle 153 vittime e con lui sono morti anche il suo amico, Pierrick ed il figlio di quest’ ultimo, Ethan, di 3 anni. Era la sua «famiglia» francese; da alcuni anni infatti Domenico Riso viveva nel suo appartamento di Parigi assieme a Pierrick ed Ethan che amava come se fosse anche suo figlio fino al punto di allestirgli una stanzetta tutta sua che aveva riempito di giochi ed al quale dedicava gran parte del suo tempo libero.