La coscienza per legge

Se usciamo dal merito della dolorosa questione che ne è stata occasione – la scelta di lasciar morire Eluana Englaro – forse bisognerebbe fare un discorso più generale sulle parole del cardinal Poletto a proposito dell’obiezione di coscienza, e di cosa essa significhi per un paese civile e democratico. Dopo che l’arcivescovo di Torino l’ha suggerita ai medici che dovessero occuparsi di quel caso, molti hanno cercato di riportare alla sua nobiltà l’obiezione di coscienza, divenuta negli ultimi anni un alibi strumentale per dare dignità a semplici violazioni della legge. Ciò che dovrebbe discriminare un “profondo convincimento” che va contro una regola dello Stato, si è ripetuto, è la disponibilità a pagare un prezzo pur di non allontanarsi da quel convincimento e di disubbidire a quella regola: regola inaccettabile al punto di tollerare un sacrificio. Una legge sull’obiezione di coscienza, in termini pratici, dovrebbe sancire una sorta di pena alternativa: lo Stato rispetta le tue ragioni per violare alcune leggi, e attenua le conseguenze penali e civili della tua violazione (nel caso del servizio militare, l’obiettore accettava di svolgere il servizio civile alternativo, per una durata persino maggiore in un primo tempo). Ma appunto le attenua, queste conseguenze, mantenendo un deterrente contro gli abusi strumentali: non le sostituisce con l’impunità.
Contrariamente a quanto vuole far credere chi ne parla a vanvera, in Italia non esiste una legge “sull’obiezione di coscienza”. Esistono delle norme che ne prevedono la possibilità in relazione a violazioni della legge ben definite: sul servizio militare obbligatorio (norme superate dalla sua abolizione), l’aborto, la vivisezione*. Ma estendere il concetto dandogli una validità generale per creare eccezioni ad altre leggi o sentenze è del tutto arbitrario e illegale: quelle eccezioni sono reati e come tali giustamente perseguibili. Quindi è sbagliato dire che il cardinale Poletto abbia suggerito ai medici di “praticare l’obiezione di coscienza” sul caso di Eluana Englaro: quello che ha suggerito è di violare le legge. Nessun giudice così zelante vorrà perseguire questa istigazione a delinquere, si spera: ma chi la seguisse non ha alibi legali.
Il cardinal Poletto ha quindi detto una cosa male informata quando ha sostenuto nell’intervista a Repubblica che “esiste la possibilità di fare obiezione quando l’applicazione di una legge contrasta con i propri convincimenti profondi”. Questo non è vero. E sarebbe impensabile che la legge prevedesse un’eccezione così generica e ambigua alla sua applicazione. Chi decide quali siano “i convincimenti profondi” tollerabili? Ci sono in molti cittadini convincimenti profondissimi in disaccordo con le leggi più varie: ci sono persone che sinceramente credono che sia un sopruso igienista esagerato e statalista la legge contro il fumo nei locali pubblici. Che facciamo, consentiamo loro di fumare in rispetto del loro convincimento? E chi ritiene che il canone Rai sia una tassa che viola le norme sulla concorrenza? Si può contestare la grande distanza morale di questi casi – ma si può? – ma qui stiamo parlando di legge e sua applicazione: stiamo parlando di regole.
Ma soprattutto, se volete un paragone meno terreno: andiamo sostenendo a ogni occasione che l’Italia accoglie culture e religioni diverse e le rispetta fino a che gli immigrati che le coltivano obbediscono alle nostre leggi. Chiediamo ai musulmani di mantenere separata la loro fede dal rispetto delle regole e ci sembra che questo possa garantire la convivenza. E però nel frattempo consentiamo ai cattolici di violare le regole in nome della “legge di Dio”? E cosa faremo quando il lapidatore di un’adultera chiederà di non essere perseguito perché è obiettore di coscienza?

*questo dato ha avuto un aggiornamento

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3 commenti su “La coscienza per legge

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