Ricche e longeve

Il mese prossimo, sull’edizione italiana di Wired, pubblichiamo un lungo pezzo dedicato a Ray Kurzweil, di cui non vi anticipo molto perché farei davvero fatica a sintetizzare i mille pensieri e i mille successi di quest’uomo, che per semplificare viene definito futurologo e inventore. Anticipo solo che uno dei concetti su cui Kurzweil va insistendo di più è, in soldoni, che nel giro di pochi decenni (molto pochi, dice lui) non moriremo più. O almeno morire sarà molto più difficile. Lo so, lo so, che non siete ancora preparati a un’idea del genere, e che direte: vabbè, è ubriaco. Come quella volta che ci dissero che avremmo letto i libri su degli apparecchi portatili o che avremmo vissuto con dei navigatori satellitari in tasca. Non per dire che Kurzweil mi abbia convinto, ma di sicuro i suoi argomenti sono molto convincenti. Ne parliamo il mese prossimo, magari.
Intanto lo cito oggi perché una delle cose di cui abbiamo discusso con Kurzweil – il bioeconomic divide, chiamiamolo – ovvero il rischio che il progresso bionanotecnologico riguardi solo delle élites, è stato ora sottolineato da un altro futurologo di fama mondiale, Paul Saffo, che dice che i ricchi potrebbero evolvere di fatto in una specie diversa. E lo cito oggi anche perché Kurzweil ha appena vinto l’ennesimo prestigioso premio della sua vita.

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