«Avete tutto, di che avete paura?»

Una giornalista italiana freelance in Siria ha scritto un racconto dell’atteggiamento dei giornali italiani in contesti come il suo e della vita dei corrispondenti, e non ne esce niente di buono per nessuno, giornali, giornalisti e lettori.

But the dirty secret is that instead of being united, we are our own worst enemies; and the reason for the $70 per piece isn’t that there isn’t any money, because there is always money for a piece on Berlusconi’s girlfriends. The true reason is that you ask for $100 and somebody else is ready to do it for $70. It’s the fiercest competition. Like Beatriz, who today pointed me in the wrong direction so she would be the only one to cover the demonstration, and I found myself amid the snipers as a result of her deception.

Yet we pretend to be here so that nobody will be able to say, “But I didn’t know what was happening in Syria.” When really we are here just to get an award, to gain visibility. We are here thwarting one another as if there were a Pulitzer within our grasp, when there’s absolutely nothing. We are squeezed between a regime that grants you a visa only if you are against the rebels, and rebels who, if you are with them, allow you to see only what they want you to see. The truth is, we are failures.

aggiornamento: Francesca Borri ha mandato al Post l’articolo in italiano.

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10 commenti su “«Avete tutto, di che avete paura?»

  1. Pingback: Della necessità del silenzio | Medea

  2. Il Delatore

    Se l’autrice del pezzo, che ha ragione da vendere, lavorasse nell’informatica vivrebbe in questa situazione già da un pezzo.

  3. massimo58

    My mind is clearer now.
    At last all too well
    I can see where we all soon will be.
    If you strip away The myth from the man,
    You will see where we all soon will be. Barack!
    You’ve started to believe
    The things they say of you.
    You really do believe
    This talk of Peace is true.
    And all the good you’ve done
    Will soon get swept away.
    You’ve begun to matter more
    Than the things you say.

  4. zuckerman

    In italiano il pezzo è davvero deludente. Una forma di scrittura immatura e adolescenziale che penso sia il riflesso di idee non proprio chiare. Stucchevole e retorico, con citazioni di Gianluca Grignani “la storia tra le dita” e altri luoghi comuni (“dare voce a chi non ha voce” sic), vittimista (l’ultimo paragrafo da dead woman walking è uno schiaffo a chi ogni giorno muore per davvero) e demagogico, come piace a noi italiani in questi ultimi anni. Tra l’altro una che deve andare in Siria per poter parlare della condizione dei precari e dei freelance ha dei problemi di centratura della realtà. Tutto questo mina anche la stima che provo per la scelta coraggiosa di essere lì, raccontare e rischiare.

  5. Massimo

    Ho il massimo rispetto per questa donna e le sue scelte, ma potrei facilmente obiettare che, finché ci sarà qualcuno che rischia la vita per 70 dollari al pezzo, la situazione rimarrà la stessa. Essere adulti significa anche avere consapevolezza del mondo come è, e spesso fa schifo, in confronto a come noi lo vorremmo. Da giovane ho fatto per 10 anni il fotografo e, quando ho realizzato che la mia vita valeva di più di 20.000 lire a foto, che tanto avrebbero trovato un altro che gliele avrebbe date per 10.000, ho semplicemente cambiato mestiere. Il mondo non ne ha sofferto più di tanto, anche se nel fondo di me stesso continuo a pensare che fossi più bravo di molti altri. Probabilmente a noi tutti della Siria non ce ne frega nulla, altrimenti pretenderemmo una informazione migliore e, di conseguenza, meglio remunerata. E’ così difficile prenderne atto? Se poi uno esercita un mestiere esclusivamente per motivi ideali, penso che ci siano molti modi per fare del bene al prossimo e essere giornalista non è tra i primi.

  6. lorenzo68

    Oggi se non esistessero i freelance non esisterebbero i racconti dal fronte. (Tutti devono essere missionari?) Credo che un po’ di rispetto non guasterebbe.

  7. odus

    “The truth is, we are failures.” La verità è che siamo dei falliti.
    Infatti. Ed i giornalisti lo sono per merito dei tromboni al vertice del giornalismo nostrano che non sono altro che imbonitori del tipo dei piazzizti di fiera che vendono fantastici pelapatate e tagliacarote.
    Ma c’è il suo tornaconto.
    Altrimenti non si spiegherebbe la lotta per RCS.
    Se poi, come scrive il Delatore, la situazione descritta dalla giornalista c’è anche nell’informatica e chissà in quanti altri campi – ma almeno si sta a casa propria e non sotto i proiettili in Siria -, che speranze può avere questo povero Paese o tutta la nostra civiltà occidentale basata sulle falsità?

  8. Pingback: Sulle cose di Francesca Borri | Wittgenstein

  9. pinaz81

    @Zuckerman:
    “In italiano il pezzo è davvero deludente. Una forma di scrittura immatura e adolescenziale ”

    Occhio, c’è chi per difendere la sintassi del pezzo ha scomodato Gadda, Sbarbaro, Montale e nientepopodimenoche “Diari di trincea” di Roberto Serra

  10. Pingback: Pulcinella e il tontolone svelto | Il Pacco Quotidiano

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