La cosa che non ci diciamo mai è che in generale – buono o cattivo che sia – il giornalismo è un grande inganno, per definizione. Anche se ci riferiamo alle sue applicazioni più corrette e affidabili, stiamo sempre parlando di una grande e condivisa finzione che ammette si possa ridurre a sintesi, semplificazione, e spietata selezione una cosa fatta di enorme complessità e di dettagli essenziali e di variabili e di incidenti e di accessori come è la realtà. Nessun buon lavoro giornalistico può riprodurla o rappresentarla in maniera non dico fedele, ma neanche vicina: il giornalismo sta alla realtà come le stanno la pittura, o il teatro (la pittura o il teatro di cose reali). Per ben fatto che sia, sono molte più le cose che trascura, tace, esclude, di quelle che dice, mostra e spiega. Il giornalismo è una persona che fa un racconto.
È una riflessione che mi interessa per due ragioni. La prima ha a che fare con le notizie che non lo erano: questa considerazione dice che il buon giornalismo non oppone verità e completezza a quello cattivo delle notizie false, infondate e trascurate. Gli oppone correttezza, accuratezza, buona fede, verifiche; gli oppone un metodo: e si valuta non per la quantità di cose vere che dice, ma per la quantità di cose false che non dice. È un pensiero che sta dentro a quello generale che definisce la qualità e i successi in base agli errori non fatti piuttosto che ai prodigi fatti (l’arte di vivere in difesa, un’idea che le cose fatte meglio siano quelle in cui si osservano routine sbagliando meno possibile, piuttosto che quelle in cui si cerca il colpo fenomenale).
La seconda ragione è che se accettiamo che il giornalismo sia sempre un grande occultamento, questo significa che per fare un buon prodotto giornalistico si deve procedere soprattutto per eliminazione, occultamento delle cose non vere. Non scrivere delle cose che non si ritengono affidabili, non scrivere delle cose su cui le informazioni non sono sufficienti, non usare come fonti nessuno che non condivida i tuoi stessi criteri di fondatezza. È il motivo per cui – insieme alla maggiore debolezza di risorse, certo – sul Post spesso non trovate notizie pubblicate da altri siti di news. Perché la quota di inganno nel racconto giornalistico deve mantenersi dentro un limite dato. Che a volte significa dare informazioni spiegando la loro precarietà o incertezza, ma altre volte significa non darle proprio, nel dubbio (o nella certezza che siano false).
Questo limita inevitabilmente il servizio che stai offrendo, e la sua completezza. Volendo, crea un ulteriore inganno, quello che occulta quelle “notizie” che intanto stanno circolando e diventando comunque parte della realtà.
Ma ci vogliono metodo e buona fede, nell’inganno.
L’impressione che ho a volte, quando leggo le ricostruzioni che fai di come una notizia falsa o esagerata si sia formata e diffusa, è che in qualche modo ci sia un fenomeno di deresponsabilizzazione se la notizia è già stata data da qualcuno, se è già pubblica. In pratica se il Corriere.it nel suo click -baiting box mette una belinata plateale perché magari a sua volta qualcuno della redazione ha letto di sfuggita e traducendo a capocchia un sito di gossip dell’Alabama, questo diventa una sorta di “liberi tutti” che autorizza a rilanciare la notizia perché “era sul Corriere”.
Io penso che, al di la della fame di click e della premura di dare notizie per essere sempre “cutting edge”, basterebbe disinnescare questo meccanismo. Se anche c’e’ scritto sul Corriere, se la notizia sembra una belinata, non la si rilancia fino a che non la si è vivisezionata. Così si passerebbe al “c’e’ scritto SOLO sul Corriere”. Dovrebbe un po’ raffreddare, per evitare figure barbine, anche chi ha il riflesso pavloviano di pubblicare una cosa perché pruriginosa o in topic con l’attualità (la classica epidemia di pittbull che mordono bambini quando l’argomento ciclico delle razze di cane pericolose è di attualità).
Tantissime riforme hanno impoverito la gente, molti giornalisti scriveranno che non era vero. Allo stesso modo, molti giornalisti stolti rovinano le proprie notizie amiche, invece chi è assennato è in grado di sfruttare utilmente anche le cattive notizie. Moltissimi lettori sorvegliano leggono le notizie. Spesso, infatti, ci sfuggono i dettagli, i ricordi, perché entrambi siamo negligenti. Si mettono in prima pagina vecchi che piangono, ma vorremmo sapere anche i sogni. giornalisti avvoltoi sono attratti dal lezzo delle cattive notizie costruite. Così i nemici o amici della cattiva notizia sono eccitati dai mali, dalle brutture, dalle sofferenze della vita, su tutto questo si slanciano facendo a pezzi la libertà di decidere se era meglio il Si oppure il No OXI..
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