Di generali vivi e morti

Con qualche difficoltà, alla fine delle presentazioni di Notizie che non lo erano, cercavo di rispondere alla comprensibile domanda che qualcuno sempre faceva: “e quindi come si fa ad avere informazioni affidabili e a capire quali sono false?”. E tra le altre risposte che davo – consapevole che è una battaglia che perdiamo ogni giorno – spiegavo che si cerca di costruirsi una specie di mappa delle fonti affidabili, e che anche tra quelle si sceglie quali siano affidabili su quali temi. “Per esempio, diffidate di tutto quello che riguarda i luoghi dove le notizie sono molto poche e censurate: questo genera un meccanismo di reazione per cui i giornali ne inventeranno tantissime, pur di riempire i vuoti. Casi tipici: la Corea del Nord e il Vaticano”.

Non è successo niente di nuovo, oggi, ma il caso è abbastanza spettacolare e quindi lo segnalo. Spiega il New York Times che il generale nordcoreano Ri Yong-gil è stato promosso: lo ha annunciato il congresso del partito a Pyongyang. Che non sarebbe questa gran notizia, qui, se non fosse che per i lettori di molte testate anche italiane, il generale Ri Yong-gil è morto: giustiziato. La sua morte era stata comunicata da fonti della Corea del Sud, che sono naturalmente le più informate, ma che spesso in passato ne hanno raccontate diverse false, vuoi per interessi loro, vuoi per trascuratezza. E infatti allora i maggiori media internazionali l’avevano presa con le molle e anche in Italia c’era stato chi aveva scelto di riportarlo con maggiore cautela. Ma soprattutto, c’era stato persino chi aveva scritto esattamente quello che è poi successo: che il generale sarebbe riapparso.

Tutto questo non serve a fare la lista di chi sa le cose (Vice), di chi non le sa quindi si comporta con prudenza (Corriere) e di chi non le sa e non vuole saperle (Repubblica, Ansa e molti altri), ma a confermare che su ciascun contesto è saggio imparare di chi fidarsi. E soprattutto a dimostrare che sulla stessa identica notizia si può essere in grado di fare la cosa giusta e quella sbagliata, e che se si fa quella sbagliata non è una scelta “inevitabile”, “in buona fede”, come racconta la storia autoassolutoria presentata di solito da chi ha scritto il falso (“non potevamo saperlo”, “era molto convincente”, eccetera).
Se si fa quella sbagliata è perché si sceglie di fare quella sbagliata.

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Un commento su “Di generali vivi e morti

  1. Julian B. Nortier

    Posto che Luca Sofri pare avercela con Repubblica-ancora oggi probabilmente di gran lunga il miglior quotdiano italiano,pur con riserve critiche all’impostazione neopiddina/veltroniana, auge in realtà dai tempi di berlinguer (quando si chaimava Pci,ovvio).Ma la conclusione,soprattutto,è davvero semplicistica,troppo:
    se fosse vero che chi sbaglia ha scelto di fare la scelta sbagliata (pur fermandoci all’ambito del solo giornalismo) allora non avrebbero diritto di essere la cause contro giornalisti,che dovrebbero preventivamente-secondo versione che implicitamente Sofri fa discendere da suo discorso-con sentenze di colpevolezza.
    Quindi,tutti quei peana per il garantismo pro-Pd,non escludono solo altri partiti ma pure-non me lo aspettavo-i giornalisti(questa volta, tutti,piddini e non) tutti rei di non poter sbagliare,senza non con dolo mai per errore.
    Direbbe qualche radiocronista:clamoroso al Cibali…

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