Vediamo di essere un po’ lucidi. Il parlamento ha approvato una legge sulle unioni civili. Migliorabile, e solo un primo passo, ma ora le persone dello stesso sesso possono “unirsi”. E che sia un’accelerazione tardiva ma formidabile verso i pari diritti lo dimostra il fatto che nel parlarne in molti lo stanno già chiamando matrimonio, persino chi vi si oppone tuttora. Stiamo già parlando di “sposarsi”, grazie anche alla fortunata impronunciabilità di “unirsi” o di altre formule, appunto: andremo a “matrimoni”, nostri amici si “sposeranno”, diremo “tuo marito”, da subito. Diventeranno uguali prima nei fatti, e poi nella legge. Nelle cose, insomma, siamo tutti già in un ordine di idee più avanzato della stessa legge.
Non tutti, ok. Ci sono gli sconfitti da questo sviluppo: molti di loro, come detto, si sono già adeguati, mugugnando o disciplinatamente, con rispetto. Pochi, invece, fanno la cosa che fanno spesso le minoranze sconfitte e non rassegnate: gridare, mettersi di traverso, buttarla in caciara. Sperare di guadagnare rumorosamente lo spazio che hanno perso democraticamente e nei fatti. È un loro diritto, e probabilmente lo è persino quello di chi pretende – avendone il ruolo – di non celebrare unioni civili. Marchini lo dice un po’ per scemenza un po’ per coprirsi con poteri che a Roma sono sempre rilevanti; altri più sconosciuti lo dicono per farsi notare o per meschinità, dalle loro amministrazioni comunali.
Lasciate fare. Non ci cascate. Sono risacche, colpetti di coda. Siamo un paese in cui per la prima volta sono consentite le unioni civili. That’s the thing. Il sindaco non vuole celebrare? Ok: e noi vorremmo che “il giorno più bello” sia celebrato da uno così? Con tutti i pensieri che già ci sono, le bomboniere, la lista, la pioggia? Va bene un altro, è come coi bambini che fanno i capricci: qualunque genitore lucido sa che vanno ignorati, qualunque genitore confuso ci litiga, e perde. Quando saranno grandi, capiranno: e saranno grandi, presto, e allora verranno ai matrimoni, quelli veri.
Saranno belle giornate, non roviniamocele da soli, ho diverse cravatte, se qualcuno mi invita.
Ammettendo-per assurdo-che ai tempi-1970-della legge Fortuna o nel 1974,in piena campagna referendaria per il divorzio(contro l’abrogazione della suddetta) Sofri-Luca-avesse avuto l’età per discernere,mi sa che avrebbe scritto più o meno le stesse parole:quelli dei “bigotti”-come li chiamo io,senza tergiversare-sono solo dei colpi di coda,e via cantando.Poi abbiamo visto come è andata: casini e moltitudine di anni per passare al divorzio veloce,casini e anni per scalfire-con risultati imbarazzanti-monolite cattolico(in Parlamento e in Vaticano),egemone su tali temi.
Se si aggiunge che quella-stando all’oggi-delle unioni civili è una pessima legge,fatta giusto per dare un contentino,e che non prevede adozioni(a cui,tra l’altro,la maggioranza dei cittadini italioti pare-ahinoi-essere contraria)allora mi pare ci sia poco da felicitarsi.Bisogna essere adirati,non perché qualcuno tipo Marchini(che tra l’altro ha le stesse chance di diventare sindaco di Roma di quanta ne abbia l’autore di questo blog di scrivere un editoriale anti renziano…)dice che non celebrerà unioni,ma,principalmente,perchè vedere in una legge stiracchiata e conservatrice un atto prodomico al matrimonio tra persone dello stesso sesso è pura fantascienza o,se preferite,illusione lisergica.Ovviamente,appuntamento su questo blog,tra un tot d’anni,a riparlarne.Per ora,però,è bene constatare che le premesse perché questo avvenga sono labili.E quei pochi che strepitano non solo fanno parecchio rumore ma sono anche parecchio potenti.Il buon senso dice che è una leggina,se poi vogliamo festeggiare e sfoggiare per l’occasione i migliori sorrisi e le migliori cravatte,allora mi sa che ci accontentiamo di poca cosa.E,temo,una poca cosa che resterà per chissà quanti anni,come la cativa legge sull’aborto,la leege che stabiliva le province come organo provvisorio etc etc.Ma, si sa,i piddini di farcitura renziana sono inguaribili ottimisti.Come tutti i venditori di sogni a lungo termine.
Abbiamo sfondato il muro della vergogna. Chi nega la portata storica di questo passaggio e il significato “liberatorio” che ha per tutta la nostra società, per il nostro paese Italia, lo fa solo in malafede, per partito preso o peggio ancora per questioni discriminatorie. Lo Stato sancisce moralmente, culturalmente e politicamente la fine di un apartheid. Aggrapparsi alle imperfezioni della legge per sminuire questo “atto civile dovuto” è solo un diversivo tecnico/politico. Da oggi possiamo dire ai nostri figli che l’Italia è un paese più bello, più giusto, più democratico. Sono d’accordissimo con Luca Sofri adesso tutto il resto verrà da se. Lasciamolo scorrere. W gli sposi. W la famiglia.
Questa Legge è più di un compromesso, risolve praticamente tutte le questioni fondamentali riguardanti due adulti dello stesso sesso che si amano. Le adozioni e diritti dei bambini (di tutti i bambini al di là del sesso e dell’orientamento sessuale dei loro genitori) dovranno essere affrontati separatamente e forse è giusto così.
Questa Legge risarcisce in parte moralmente chi è morto in un letto di ospedale da solo, senza il compagno o la compagna di una vita al suo capezzale. Chi ha dovuto lasciare la casa in cui ha vissuto i suoi anni più belli nelle mani di eredi avidi, omofobi e opportunisti che improvvisamente spuntano fuori dal nulla. Risarcisce in parte i ragazzi e le ragazze uccisi dalla discriminazione di un Paese ignorante con uno Stato che non riconosceva il loro modo di essere, il loro amore.
Larga parte del Paese resta purtroppo ignorante, ipocrita e omofoba a destra come a sinistra, tra i laici come tra i cattolici e tra le fila dei movimenti populisti.
Ma lo Stato, una volta tanto, ha fatto il suo dovere.
P.S.: lapsus forse inevitabile ma in qualche modo efficace, data la compresenza mentale di fila, file, fili, ragnatele, rete e, sullo sfondo, di un insetto che non è un ragno.