Di Luisa Corna chissenefrega. E via una. Detto questo, l’elenco dei partecipanti al festival di Sanremo non è male: Gino Castaldo su Repubblica ha già annunciato che le canzoni salvabili non saranno più di sei su venti, e meno di tre quelle memorabili, rinnovando una strategia rodata, parliamone molto ma parliamone male. O viceversa. Invece, soprattutto rispetto all’edizione dell’anno scorso (ma va? C’è stato il festival l’anno scorso? E chi ha vinto?), potrebbe saltare fuori dal cappello qualcosa di decente. C’è Daniele Silvestri, che a Sanremo è già stato con una canzone bella, originale e che parlava di carcere e suicidi, “Aria”. Un cazzotto nei denti, ma tutti avevano il paradenti, come al solito. C’è Gianluca Grignani, che qualcosa di discreto ogni tanto lo indovina: anche lui a Sanremo ne portò una buona, “Un giorno perfetto” (molto meglio di “Destinazione paradiso” con cui ci aveva provato nel 1995) e poi uno che ha l’immagine del figo per ragazzine e che invece se ne sta in disparte merita incoraggiamento, con gli Antonacci che corrono. Fausto Leali dieci festival, il primo nel 1968 con Wilson Pickett e “Deborah” con l’acca – meriti ne avrebbe a bizzeffe, da “A chi” a “Io amo” esclusa. Ma canta con Luisa Corna, quindi chissenefrega (tredici anni fa cantò “Ti lascerò” con Anna Oxa, e vinse, e chissenefrega). Enrico Ruggeri ha scritto in gioventù canzoni stupende, almeno sei. Poi ha smesso, ma si è tolto gli occhiali con la montaturona di plastica: quello che ha visto lo ha spinto verso un maldestro impegno politico, ma uno che ha scritto “Il mare d’inverno”, “Contessa” (Sanremo, 1980), “Polvere” e “Vivo da re”, vale cento Mariellenava (sei festival in dodici anni: vi ricordate il titolo di una sua canzone?): certo, vinse con “Si può dare di più”, ma il paese non era ancora in mano alle destre.
Adesso, questo Alessandro Safina: è uno che spopola all’estero nella scia del bocellismo. Italiani anacronistici che rivendono il bel canto nei paesi dove la macchietta italiana funziona. Però, nel suo genere, è bravino. E se tiene a freno il bocellismo, come ha fatto nella colonna sonora di Moulin Rouge, può rendere ascoltabile una canzone fatta a forma di festivaldisanremo. Di quelli rodati, invece, la migliore di tutti è Loredana Bertè, poche storie. Una brava. E tosta, il branco rosa ante literam tutto da sola. Non sono una signora, e tutte quelle storie lì. Canzoni memorabili, più di Ruggeri (anche perché una è di Ruggeri). E Nino D’Angelo due anni fa al festival tirò fuori a sorpresa una canzone originale e terzomondista, e nemmeno copiata da Peter Gabriel come quella di Elisa dell’anno scorso (ecco, ecco, chi aveva vinto! Ma come si chiamava? Una roba tipo “La luce dell’est”, ma quello era Battisti). E poi c’è Mino Reitano: e voi direte, stiamo freschi. Ma la canzone gliel’ha scritta Pasquale Panella, che oltre a essere un collaboratore del Foglio, è responsabile dei testi degli straordinari ultimi dischi di Battisti, “Fatti un pianto” su tutte. E nel mucchietto delle nuove proposte ci sono i Giuliodorme, che qualche anno fa scopiazzarono “Creep” dei Radiohead, la chiamarono “Nulla”, e gli venne una gran canzone.
Ecco qua: restano Gino Paoli, che cominciò ad andare a Sanremo nel 1961 con Tony Dallara, e Patty Pravo che invece nel 1970 con Little Tony. Basterebbe a non parlarne, ma hanno l’età dei principali cronisti musicali, quindi riceveranno critiche rispettose, come Bob Dylan ogni volta che infila un disco noioso. Ci saranno anche i Matia Bazar, cioè il gruppo di Antonella Ruggiero, come i Pink Floyd senza Roger Waters. Poi c’è una che si chiama Alexia e prima faceva la pubblicità della Skoda, e altri che nemmeno la Skoda. Canzoni con “amore” nel titolo: tre. Canzoni con “cuore”: una. Canzoni prima de “L’immenso” di Patty Pravo: “Amarti è l’immenso per me” di Eros, “L’immensità” di Don Backy, “L’immenso e il suo contrario” di Anna Oxa (quella prima di Luisa Corna, quindi chissenefrega). Canzoni con imperativi: tre. Festival di Zarrllo: nove. (E un bel chissenefrega, non ce lo vogliamo mettere?).
sanremo promette bene, e chissenefrega
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