Dentro la notizia

Certo può darsi che a qualcuno questo racconto non interessi, anzi che lo trovi persino indiscreto. Ma è estate, e qualcun altro di voi seri e colti lettori vorrà pure leggere qualcosa di più frivolo del solito, tra i granelli di sabbia e le gocce di cocomero che macchiano la pagina. In più, come è stato istruttivo a suo tempo imparare che in Italia anche le persone perbene potevano finire in galera, potrebbe essere utile scoprire che le persone perbene possono persino trovarsi sui rotocalchi scandalistici. Come per la galera, con rispetto delle proporzioni parlando, dopo non c’è niente da fare: meglio essere preparati.
Capita che mi trovi in vacanza, con la mia fidanzata e il suo bambino, su una quieta spiaggia sarda popolata da bagnanti locali e famigliole che si portano gli ombrelloni e il cocomero da casa. Noi ci presentiamo ogni mattina, con il nostro ombrellone, il materassino, la focaccia e le palline per la pista. Dieci giorni fa – eravamo appena arrivati – la mia fidanzata (che ha acquisito meritate popolarità televisive, onori e oneri) viene cercata al telefono dalla redazione di Novella 2000. Sapete cosa sia, a volte lo sfogliate dal parrucchiere, ma c’è anche chi lo compra. La direttrice si chiama Bice Biagi, una volta l’ho incontrata, mi è sembrata una persona beneducata. La signorina Biagi, insomma, lascia messaggi in giro facendo sapere che ha bisogno di parlare con Daria Bignardi. La quale  meglio aver paura che buscarle, dicono al paese mio  richiama la redazione di Novella 2000. La direttrice non c’è, ma le passo il caporedattore: il caporedattore spiega di avere delle nostre foto scattate due giorni prima lì all’Argentario (sic), e che le vogliono pubblicare con la notizia che aspettiamo un bambino, di cui chiede conferma. Lei spiega meravigliata che no, non è vero si dà il caso che non aspettiamo un bambino, anche se sarebbero fatti nostri  e che quindi per favore evitino di pubblicare stupidaggini senza motivo, grazie (qualche mese fa un avvocato dovette avvertire la stessa redazione che mettere in copertina le foto del bambino andava contro la legge). Quello spiega che allora scriveranno qualcos’altro, ma le foto le useranno lo stesso. Seccature, l’idea che qualcuno sta rintanato dietro un pattino a spiarci, ma peggio per lui. Lei riattacca, ne parliamo, ne ridiamo: benedette le disgrazie piccole, dice mia nonna, e meno male che hanno chiesto, prima.
Passa una settimana, siamo sempre qui, e mi arriva la prima telefonata: “Congratulazioni”, dice una cara amica. Eh?, faccio io. Lei ripete, “devo congratularmi, no?”. Oh porca miseria, faccio allora io. Viene fuori che è uscito Novella 2000 con noi in copertina (venuti anche piuttosto male, bisogna ammetterlo, ma era il primo giorno di mare, e insomma) e il titolo “La grande attesa di Daria Bignardi”, sottotitolo “Daria Bignardi aspetta un figlio da Luca Sofri”. Wow. Dentro, altre foto assai sfocate, e un pezzo che parla del nostro prossimo “bebé”. Apertura: “Porto Cervo”. Rispetto all’Argentario ci siamo avvicinati, ma proprio Porto Cervo, santo Cielo? Due colonne di frottole, grandi e piccole, sbagliato tutto, anche l’età dei protagonisti. Certo, è vero che espressioni quali “bebé” e “dolce attesa” (e “puerpera”, no?) dovrebbero rassicurare sulla scarsa (eufemismo) aderenza alla realtà del testo. Ma quel che accade è che da tre giorni stiamo ricevendo telefonate che vogliono parlare solo di questo. Amici che si felicitano, madri e nonne commosse che poi ci restano male, colleghi di lavoro e collaboratori della mia fidanzata preoccupati per il completamento dei prossimi progetti, superiori inquieti, altri amici (assai più numerosi dei primi, bisogna prenderne atto) offesi di averlo saputo dalla tv. Già, perché a un certo punto quaggiù si viene a sapere che in televisione sta girando martellante uno spot pubblicitario del giornale che inizia ancora così: “La dolce attesa di Daria Bignardi”. Metteteci poi altri programmi in radio e tv e siti internet che hanno ripreso la “notizia” (ma chissenefrega?, commenteranno gli ascoltatori, mandandoci a quel paese, noi è il “bebé”). In un delirio genalogico, un quotidiano veneto scrive che io sarei figlio di una tale Amelia Terenzi di Chiampo. Mi colpisce che tra le persone normali convinte che quello che sta scritto su Novella 2000 sia vero, ci siano anche degli amici giornalisti, che pure se ne intendono. Mi immagino quello che starà succedendo nel carcere di Pisa, con gli agenti di custodia che danno pacche sulle spalle al nonno, e compagni di detenzione che improvvisano brindisi analcoolici, in mancanza di meglio. E quel pover’uomo. Mia suocera, invece, sostiene che se c’è scritto sarà vero, e noi non ce ne siamo accorti: “guarda che può capitare, controllate bene”. Poi ci sono le persone con i dispiaceri veri – che ognuno immagini i propri, in un caso simile  ma questo è un pezzo estivo, e ve li risparmio. Al colmo del parossismo, per qualche ora pensiamo di dare una smentita, persino di denunciarli, ma poi il senso del ridicolo ha la meglio. Parenti e amici sono ormai rassegnati, le questioni professionali si sistemeranno, speriamo. La signorina Biagi ha già inventato, in un anno, una nostra visita a una mostra di Picasso, un nostro litigio, un nostro pasto a base di patatine, ogni volta per guarnire delle brutte foto fatte chissà da chi, a volte sei mesi prima. Siamo un cliché a episodi visto e rivisto: flirt, fidanzamento, litigio, gravidanza. Sai che palle. La prossima sarà la volta dell’amante, temo il suo (signorina, non stia a farci chiamare). Tra qualche giorno il telefono  questa è la quarta volta dall’inizio dell’articolo  smetterà di squillare. Chissà cosa sta facendo Bice Biagi in questo momento: se lo sapessi, non ve lo direi.

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