La consegna del più famoso premio giornalistico del mondo, il Pulitzer, a un musicista come Bob Dylan non è un’assoluta novità. Il Pulitzer sono in realtà molti premi – un po’ come gli Oscar – ed esiste una categoria speciale per le arti, che negli anni scorsi aveva visto vincere i miti del jazz John Coltrane e Thelonius Monk, per esempio. Non stiamo parlando quindi di un premio dedicato a virtù giornalistiche. Però questa è la prima volta che nella lista compare un musicista rock, e vivente: Dylan è stato premiato per il suo impatto sulla cultura americana e il suo straordinario potere poetico.
Bob Dylan ha quasi sessantasette anni e negli anni Sessanta e Settanta ribaltò la musica americana e internazionale, diventando poi un mito rivoluzionario secondo solo a quello dei Beatles. Lui però c’è ancora, e benché abbia oscillato tra suoni diversi in tutti questi anni, la sua musica è rimasta sempre piuttosto fedele alle tradizioni folk americane, e poi è diventata essa stessa una tradizione rock americana. Negli anni Sessanta cantò le passioni che tutti i suoi giovani coetanei vivevano al tempo con un’inventiva poetica assai rara nella musica del tempo. Così – con la chitarra appiccicata davanti e la voce nasale sempre più nasale – divenne la leggenda che è ormai da decenni, e ha interpretato il ruolo di leggenda sempre con grande sobrietà e rigore: non si è mai preoccupato di reinventarsi o di restare al passo con i tempi. E questo è probabilmente il motivo per cui lo è ancora.
Gazzetta dello Sport
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