Mi è arrivata pochi ore fa, martedì sera, la convocazione per la pima riunione della direzione nazionale del PD, di cui faccio parte da una decina di giorni grazie alla proposta di Walter Veltroni e al voto dell’assemblea romana. A questo punto, ci andrei volentieri, per curiosità e voglia di capire come funzionano queste cose – e se ci sono i margini per lavorarci proficuamente – non fosse che il preavviso è di meno di sei giorni: la riunione si terrà lunedì a Roma.
Io faccio un lavoro che mi consente una certa autonomia nella gestione dei tempi: ciò nonostante dovrei muovere mari e monti per essere a Roma lunedì mattina, e imporre dei sacrifici ad altre persone con cui ho già preso impegni.
Ora ci penso, insomma. Ma il metodo non mi pare allineato con la volontà dichiarata di coinvolgere non solo professionisti della politica ma anche competenze e capacità che vengano da altri ambiti: così si consente di occuparsi di politica solo a chi non ha altro da fare che partecipare alle riunioni della direzione nazionale. Che può anche andar bene, basta mettersi d’accordo e non lamentarsi più dei professionisti della politica.
p.s. il fenomeno, trattato diffusamente negli scorsi mesi da Marta Meo e Ivan Scalfarotto, pare consueto anche in altri partiti