Bibliografia

Ci sono molti che sono troppo giovani per conoscere queste cose, o altri che se le sono dimenticate. Su come morì Pinelli un libro Sellerio ha pubblicato la sentenza integrale del giudice D’Ambrosio. Quella che scagionò gli imputati fornendo una discussa ipotesi sull’accaduto, e nella quale sono esposte chiaramente le circostanze dell'”interrogatorio” di Pinelli e le versioni dei presenti. Si può decidere a cosa credere, dopo averla letta: sta anche qui, e di seguito incollo il passaggio più noto.
Il Riformista in questi giorni ci è tornato raccogliendo testimonianze non nuove, ma perse alla memoria nazionale, sembrerebbe (qua c’è un vecchio bignami di Enrico Deaglio). Sarebbe bello, non doverne parlare ancora. Potendo.
Licia Pinelli sta per pubblicare un libro, il giudice D’Ambrosio difende la sua sentenza, e Sofri, quello anziano, gli suggerisce maggior equilibrio

(i link sono per vie traverse, per colpa del Riformista)

L’ipotesi del malore è stata esclusa, sul piano tecnicoscientifico, e sul piano processuale. Sul piano tecnico-scientifico sia per i periti che per i consulenti di parte, esso mal si concilierebbe con la proiezione oriz- zontale del corpo del Pinelli che, secondo le conclusioni dei periti avrebbe raggiunto 4 metri dalla perpendicolare del bal- cone e secondo le conclusioni dei consulenti tecnici avrebbe raggiunto addirittura 5 metri dalla perpendicolare stessa. Sul piano processuale, perché tutte le persone presenti nella stanza sostennero che Pinelli spiccò un vero e proprio salto lanciandosi nel vuoto oltre la ringhiera. Ora, per quanto riguarda l’aspetto tecnico-scientifico, sia i periti che i consulenti tecnici nell’esaminare le risultanze degli esperimenti compiuti, al fine di trarne argomenti per accreditare od escludere l’una o l’altra ipotesi di precipitazione, sono partiti da un presupposto che, come s’è detto a pagina 47-50, è erroneo ed ha falsato tanto le argomentazioni quanto le conclusioni. Aggiungeremo quindi solamente che dagli esperimenti eseguiti con il manichino, e precisamente dal primo lancio, è emerso che la proiezione orizzontale della precipitazione raggiunta dal corpo dei Pinelli è facilmente raggiungibile con la sola forza viva conseguente alla rotazione del baricentro intorno alla parte superiore della ringhiera. Il manichino infatti tenuto sollevato e con i piedi a terra, a mezzo di una corda passata in un bozzello collocato a 30 cm. circa oltre la ringhiera, lasciato di colpo, non solo non toccò il cornicione del piano inferiore, ma ebbe una proiezione oriz- zontale di circa 3 metri. Per quanto riguarda l’aspetto processuale osserva preliminarmente che dall’istruttoria è emerso che esistevano al momen- to del fatto per il Pinelli condizioni favorevoli per un malore. Egli, dalle 18,30 del 12 dicembre sino a pochi minuti prima delle 24 dei 15 dicembre, fu sottoposto ad una serie di stress, non consumò pasti regolari e dormì solo poche ore, una sola volta steso in una branda. Pinelli infatti fermato intorno alle 18,30 fu collocato in un salone del quarto piano dell’Ufficio Politico ove via via vennero accompagnati e lasciati i numerosi fermati, subì certamente l’emozione derivante dall’apprendere i particolari e l’effera- tezza degli attentati e dal constatare che, ancora una volta, la Polizia concentrava quasi tutta la sua attenzione sui grup- pi di sinistra ed in particolare sugli anarchici. Alle 3 dei mattino fu sottoposto al primo interrogatorio e sopportò lo stress non indifferente di dover operare la scelta fra il dire la verità e compromettere la speranza di libertà del compagno Pulsinelli già detenuto da diversi mesi e l’inventare un alibi che in seguito avrebbe potuto, per l’accertata falsità, rivolgersi contro di lui come prova d’accusa. Rimase ancora nello stesso stanzone senza possibilità di stendersi e di beneficiare di un sonno ristoratore sino alle 23,30 del 13 dicembre, ora in cui venne accompagnato nelle camere di sicurezza della Questura. La mattina del 14 fu ricondotto nel salone dell’Ufficio Politico e subì lo stress dell’attesa di un nuovo interrogatorio. Finalmente dopo le 20,40 e cioè dopo che il Gaviorno Pietro rese la sua deposizione (dal relativo verbale risulta che essa fu resa alla ore 20,30 del 14 dicembre 1969) subì ancora lo stress di un nuovo interrogatorio. Il fatto che questa volta a chiedergli dell’alibi fosse un esperto funzionario anziché un sottufficiale e che gli facessero sottoscrivere il verbale dovet- te fargli capire se non proprio dargli la certezza, posto che la sera precedente era ufficialmente entrato nelle camere di sicurezza, che qualcosa nella vicenda dell’alibi non doveva essere andato secondo le sue previsioni. Subì quindi ancora lo stress dell’attesa di un nuovo interrogatorio che, questa volta, la sua esperienza doveva suggerirgli non sarebbe stato solo diretto ad ottenere da lui elementi di prova contro il « sanguinario » Valpreda, ma anche a fargli fare ammissioni che lo compromettessero. Il fatto che venissero man mano rilasciati tutti i compagni anarchici fermati dopo di lui, non dovette poi certo tranquilliz- zarlo. Alle ore 19 del 15 dicembre, senza che avesse potuto beneficiare di un sonno ristoratore in un letto, fu chiamato di nuovo per l’interrogatorio. «Valpreda ha confessato» esordì il commissario Calabresi. Era vero o era il solito «saltafosso» della Polizia? Il dubbio dovette, quanto meno, sfiorargli la mente, se è vero che disse al Valitutti: « Se è stato un compagno lo uccido con le mie mani ». Ma non poteva concedersi il lusso di pensarci sopra; l’interrogatorio proseguiva e doveva prestare la massima attenzione alle domande che gli venivano rivolte; doveva ben meditare le risposte che andava dando per evitare di cadere in con- traddizione e prestare così il fianco al gioco degli inquirenti. La mancanza di sonno, di un’alimentazione adeguata (non aveva cenato ed i pasti da quando era in Questura erano costi- tuiti da panini ripieni), le numerosissime sigarette fumate, dettero il loro contributo allo stato di stanchezza che ne derivò. «Ogni tanto palesava momenti di assenza» (cart. 1, VOL. III p. 8 retro). « Il verbale fu rifatto tre o quattro volte in quanto a Pinelli non ricordava» affermava il commissario Calabresi all’udienza del 14-10-1970; «pur sembrandomi disteso Pinelli continuava a lamentare amnesie » dichiara ancora il ten. Lograno; «mi toccò più volte di strappare e di ripetere il verbale dato che 9 Pinelli patì varie amnesie… così che a causa di queste continue amnesie l’interrogatorio si protrasse sino attor- no alle ore 24» dichiara infine il brig. Caracuta all’udienza del 28-10-70- Questo si legge nei verbali di udienza della I Sezione del Tribunale, a proposito delle condizioni fisiche del Pinelli nell’ultima fase dell’interrogatorio. E che in questa fase le condizioni del Pinelli fossero di estrema stanchezza, per le ragioni che abbiamo esposto, non pare vi sia motivo di dubitare. Ciò posto è opportuno precisare che nel termine malore ricomprendiamo non solo il collasso che, com’è noto, si manife- sta con la lipotimia, risoluzione del tono muscolare e piegamento degli arti inferiori, ma anche l’alterazione dei «centro di equilibrio» cui non segue perdita del tono muscolare e cui spesso si accompagnano movimenti attivi e scoordinati (c.d. atti di difesa). È opportuno precisare pure che in medicina è pacifico che alterazioni dei centro di equilibrio possono essere provocati da intossicazioni acute da fumo (e Pinelli aveva fumato moltissimo), da stati ansiosi e stressanti (e Pinelli aveva passato tre giorni di seguito in stato di stress), da surmenage (e Pinellì non si era pressoché riposato per tre giorni e si era mal nutri- to). Se appare quindi poco verosimile l’ipotesi di precipitazione per collasso in quanto, come si è già detto, il corpo si sareb- be afflosciato e sarebbe scivolato o lungo la parte interna o lungo la parte esterna della ringhiera urtando, verosimilmente e deformando il cornicione del piano inferiore, appare verosimile invece l’ipotesi di precipitazione per improvvisa alte- razione del centro di equilibrio. L’interrogatorio è terminato e nulla è emerso contro Pinelli, ma lo stato di tensione per lui non si allenta. Il commissario Calabresi si è allontanato senza dire una parola. Cosa deciderà di lui il dott. Allegra? Finirà a San Vittore con l’infamante marchio di complice di uno dei più efferati delitti della storia d’Italia o tornerà finalmente libero a casa? Pinelli accende la sigaretta che gli offre Mainardi. L’aria della stanza è greve, insopportabile. Apre il balcone, si avvicina alla ringhiera per respirare una boccata d’aria fresca, una improvvisa vertigine, un atto di difesa in direzione sbagliata, il corpo ruota sulla ringhiera e precipita nel vuoto. Tutti gli elementi raccolti depongono per questa ipotesi.

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