Fragili e aggressivi

C’è questa serie su Netflix che si chiama Mindhunter, che ha delle cose molto buone e dei personaggi non sempre convincenti (se vi interessa qui è spiegata più estesamente, oppure vedetela). Parla di come l’FBI abbia cominciato a occuparsi di psicologia e comportamenti criminali negli anni Settanta, con grandi resistenze. Qui annoto solo quello che il protagonista – un giovane agente che si occupa di negoziare con chi abbia preso degli ostaggi – dice nella prima puntata durante una lezione tenuta ad altri giovani agenti: perché la sua riflessione su come riuscire a ottenere l’attenzione e l’ascolto di disturbati irragionevoli, fragili e aggressivi insieme, mi è suonata riferirsi alle difficoltà che oggi abbiamo nel discutere con gran parte degli umani.

Rivolgersi a chiunque con l’approccio “io ho ragione, tu torto” implica che gli si attribuisca un pensiero razionale. Dobbiamo stabilire una comunicazione: una comunicazione che non suoni minacciosa. Registrare le richieste, non concedere niente, non rifiutare niente, solo ascoltare. Ascoltare quello che ha da dire. Cercare di capirlo invece che cercare di dominarlo. Trovare un terreno comune, qualcosa che si condivida.

(realizzo che il titolo di questo post è uguale a questo, e in effetti sempre di quello stiamo parlando)

 

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