È impossibile non cogliere nella richiesta del giudice costituzionale Napolitano (che confonde il “procedere” col giudicare) un’immediata conferma della parole di ieri del professor De Rita sul prevalere del giudizio individuale rispetto a ogni regola o scelta condivisa.
ROMA (1° novembre) – «La segretezza non è una garanzia e nulla ha a che fare con l’indipendenza del giudice. Anzi, il voto segreto rischia di diventare un alibi per l’incoerenza». Paolo Maria Napolitano, giudice della Corte costituzionale, auspica una «operazione di trasparenza». E chiede non solo che la Consulta abbandoni la votazione segreta, ma anche, soprattutto, che al giudice in disaccordo con la maggioranza del collegio sia consentito di esprimere la propria opinione dissenziente. «Non parlo in riferimento alla recente sentenza della Corte che ha dichiarato l’incostituzionalità del “‘lodo Alfano” – premette Napolitano – Esiste una questione di carattere generale: quando si giudica una legge è impensabile procedere con la categoria del “vero-falso”, altrimenti si rischiano sempre guerre di religione».