Nel 1984 non è che c’era internet: uno non le sapeva un sacco di cose. Certe erano importanti: e uno non le sapeva. Certe erano sciocchezze, però la vita invece era fatta di sciocchezze anche allora, ed erano sciocchezze fondamentali. Io ero dentro i Genesis da tutto il liceo che avevo appena finito, e a differenza di certi duri e puri, qualunque cosa facessero i Genesis anche dopo o senza Peter Gabriel era come il latte condensato Nestlé: non era questione di discutere se fosse più o meno buono, più o meno sano, peggiorato o migliorato: avevi le papille gustative succubi. Anche di Phil Collins, e non mi estorcerete mai una parola contro quell’omino, che allora peraltro faceva cose ottime.
Così, non c’era internet, io lo scoprii in un boxino di Sorrisi e Canzoni – di cui allora eravamo avidi lettori, in casa mia: c’erano i testi delle canzoni, la superclassifica e i programmi della tv con i film da registrare col VHS – che sarebbe uscita una canzone nuova di Phil Collins, dentro la colonna sonora di un film. Si chiamava “Against all odds” e su Sorrisi e Canzoni c’era l’immagine di copertina, che aveva evidentemente a che fare col film. Strappai quel pezzo di pagina e me lo portai dietro per giorni, andando ogni giorno a mostrarlo nei negozi di dischi in centro (erano cinque, pensa tu) per sapere se era arrivato: ci andavo col Ciao, un vecchio modello sgangherato, di quando sul serbatoio c’era scritto ancora “Ciao”, non “Piaggio” come quelli più recenti, che avevo comprato usato per 50 mila lire. Un giorno di quelli, mi fermai a fare benzina al distributore a 100 metri da casa, quello accanto al barbiere che mi ha tagliato i capelli per i primi quarant’anni della mia vita, e tirai fuori il portafoglio per pagare il solito benzinaio, che allora mi sembrava vecchissimo da sempre e con cui non avevo mai condiviso grandi confidenze, solo il pieno, o mille lire, i soldi, il resto, fine. Ma quella volta vide sbucare dal portafoglio il brandello di carta di Sorrisi e Canzoni, con quell’immagine di copertina che per il mio candore di diciottenne ritardato era solo un disco di Phil Collins, e il benzinaio vecchissimo mi disse qualcosa divertito dandomi di gomito: non mi ricordo le parole ma era qualcosa che alludeva a un uso molto personale che evidentemente avrei fatto di quella foto conservata nel portafoglio nella solitudine della mia cameretta.
Dopo avrei sentito quella canzone melensa, sdolcinata e bellissima per milioni di volte, e il 45 giri sta ancora in uno scatolone di cartone dei 45 giri, qui da qualche parte. Il film, non l’ho mai visto. Però, dannazione, sono passati 30 anni esatti e ogni volta che mi imbatto in quell’immagine mi ricordo del benzinaio e del mio imbarazzo.
Il film poi lo vidi anni dopo in non so quale canale tv privato. Niente di speciale, a parte una straf…issima Rachel Ward (quella di “Ucceli di rovo” per intenderci). Non mi torna quel “candore di diciottenne ritardato”: dunque, lei, Dott. Sofri è nato nel dicembre 1964, alcuni mesi prima di me. Ergo, quando uscirono film e disco aveva già (quasi) 20 anni. O mi sono perso qualcosa? Concordo sul fatto che Collins all´epoca facesse ottime cose. Cordiali saluti.
Hai dimenticato di dire che il benzinaio ti metteva 3 litri di benzina e poi aggiungeva a parte l’olio al 2 o al 3%, a seconda dei gusti.
Diciannove, in effetti.