Cosa scrisse Gabriele Cagliari

Stamattina, di fronte agli isterici e deliranti attacchi di Berlusconi nei confronti della magistratura, Repubblica pubblica un ampio ritratto agiografico del pm Fabio De Pasquale, definito da Berlusconi “famigerato” per via della storia più terribile della sua carriera di pubblico ministero, ovvero il suicidio in carcere del presidente dell’ENI Gabriele Cagliari, nel 1993. Berlusconi l’ha riassunta così, come fu raccontata dai giornali allora.

«Disse a Gabriele Cagliari che lo avrebbe liberato il giorno dopo e poi è andato in vacanza, mentre Cagliari si è suicidato»

L’articolo di Repubblica tra le altre cose cerca di contraddire questa versione e liberare De Pasquale da ogni ombra su quella vicenda.

Cagliari fu arrestato per tangenti il 9 marzo 1993, in piena Tangentopoli. Il 15 luglio dello stesso anno, al termine dell’ennesimo interrogatorio, il pm manifestò l’intenzione di scarcerarlo, ma il 20 luglio De Pasquale ci ripensò. Il giorno successivo, il numero uno dell’Eni si tolse la vita, nel carcere di San Vittore, infilandosi un sacchetto di plastica in testa.
Quella del premier è una ricostruzione in netto contrasto con quelle che furono le conclusioni degli ispettori ministeriali inviati alla procura di Milano nel 1993 dal guardasigilli Giovanni Conso. Né quell’ispezione, né tantomeno un’inchiesta sollecitata nel ’94 dal ministro del primo governo Berlusconi, Filippo Mancuso, giunsero ad accertare irregolarità nel comportamento del magistrato milanese. “Appare assai difficile – scrivevano allora gli ispettori Ugo Dinacci e Vincenzo Nardi al termine del loro lavoro investigativo – collegare il suicidio del Cagliari ai comportamenti del dottor De Pasquale, in quanto va tenuto conto delle numerose lettere indirizzate ai familiari che egli ha lasciato scritte dal 3 luglio in poi”.

Gli ispettori ministeriali avranno di certo fatto il loro dovere, e avranno tratto dalle lettere di Cagliari le conclusioni giuste, e probabilmente quindi non ci fu nessuna negligenza da parte di De Pasquale rispetto alla valutazione di quello che interrogatori, detenzione e pressione avrebbero potuto causare nella testa del detenuto. Però tutte le volte che si ricostruisce quella storia non bisognerebbe mai trascurare di citarne una, delle lettere di Cagliari, quella che scrisse a sua moglie prima di uccidersi, per “tenere conto” di tutto.

L’obiettivo di questi magistrati, quelli della Procura di Milano in modo particolare, è quello di costringere ciascuno di noi a rompere, definitivamente e irrevocabilmente, con quello che loro chiamano il nostro “ambiente”. Ciascuno di noi, già compromesso nella propria dignità agli occhi dell’opinione pubblica per il solo fatto di essere inquisito o, peggio, essere stato arrestato, deve adottare un atteggiamento di “collaborazione” che consiste in tradimenti e delazioni che lo rendano infido, inattendibile, inaffidabile: che diventi cioè quello che loro stessi chiamano un “infame”.
Secondo questi magistrati, ad ognuno di noi deve dunque essere precluso ogni futuro, quindi la vita, la famiglia, gli amici, i colleghi, le conoscenze locali e internazionali, gli interessi sui quali loro e i loro complici intendono mettere le mani. Già molti sostengono, infatti, che agli inquisiti come me dovrà essere interdetta ogni possibilità di lavoro non solo nell’amministrazione pubblica o para-pubblica, ma anche nelle amministrazioni delle aziende private, come si fa a volte per i falliti. Si vuole insomma creare una massa di morti civili, disperati e perseguitati, proprio come sta facendo l’altro complice infame della magistratura che è il sistema carcerario.
La convinzione che mi sono fatto è che i magistrati considerano il carcere nient’altro che uno strumento di lavoro, di tortura, psicologica, dove le pratiche possono venire a maturazione o ammuffire, indifferentemente, anche se si tratta della pelle della gente. Il carcere non è altro che un serraglio per animali senza testa né anima. Qui dentro ciascuno è abbandonato a se stesso, nell’ignoranza coltivata e imposta dei propri diritti, custodito nell’inattività e nell’ignavia; la gente impigrisce, istupidisce, si degrada e si dispera diventando inevitabilmente un ulteriore plicatore di malavita.
Come dicevo, siamo cani in un canile dal quale ogni procuratore può prelevarci per fare la sua propria esercitazione e dimostrazione che è più bravo o più severo di quello che aveva fatto un’analoga esercitazione alcuni giorni prima, o alcune ore prima. Anche tra loro c’è la stessa competizione o sopraffazione che vige nel mercato, con la differenza che, in questo caso, il gioco è fatto sulla pelle della gente. Non è dunque possibile accettare il loro giudizio, qualunque esso sia. Stanno distruggendo le basi di fondo e la stessa cultura del diritto, stanno percorrendo irrevocabilmente la strada che porta al loro Stato autoritario, al loro regime della totale asocialità.
Io non ci voglio essere. Hanno distrutto la dignità dell’intera categoria degli avvocati penalisti, ormai incapaci di dibattere e di reagire alle continue violazioni del nostro fondamentale diritto di essere inquisiti, e giudicati poi, in accordo con le leggi della Repubblica. Non sono soltanto gli avvocati, i sacerdoti laici della società, a perdere questa guerra; ma è l’intera nazione che ne soffrirà le conseguenze per molto tempo a venire.
Già oggi i processi, e non solo a Milano, sono farse tragiche, allucinanti, con pene smisurate, comminate da giudici che a malapena conoscono il caso, sonnecchiando o addirittura dormendo durante le udienze per poi decidere in cinque minuti di camera di consiglio. Non parliamo poi dei tribunali della libertà, asserviti anche loro ai pubblici ministeri, né dei tribunali di sorveglianza che infieriscono sui detenuti condannati con il cinismo dei peggiori burocrati e ne calpestano continuamente i diritti.
L’accelerazione dei processi, invocata e favorita dal ministro Conso, non è altro che la sostanziale istituzionalizzazione dei tribunali speciali del regime di polizia prossimo venturo. Quei pochi di noi caduti nelle mani di questa “giustizia” rischiano di essere i capri espiatori della tragedia nazionalegenerata da questa rivoluzione.
Io sono convinto di dover rifiutare questo ruolo. E’ una decisione che prendo in tutta lucidità e coscienza, con la certezza di fare una cosa giusta. Le responsabilità per colpe che posso avere commesso sono esclusivamente mie e, mie, sono le conseguenze.
Esiste certamente il pericolo che molti altri possano attribuirmi colpe non mie quando non potrò più difendermi.
Affidatevi alla mia coscienza, in questo momento di verità totale, per difendere e conservare sul mio nome la dignità che gli spetta.

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72 commenti su “Cosa scrisse Gabriele Cagliari

  1. odus

    Non c’è nessuna differenza tra la nostra epoca e quella dell’Inquisizione del Sant’Uffizio in Italia, Spagna e Portogallo nella seconda metà del 1500.

  2. ilbarbaro

    Le domande chiave restano le stesse: Cagliari era colpevole o innocente? Se era innocente perché si è ucciso invece di combattere e dimostrarsi estraneo al sistema criminogeno e criminale in cui era stato coinvolto? Perché due magistrati inquirenti e due giudici non gli hanno creduto? Quella lettera afferma e reitera le convinzioni di Cagliari, non porta fatti.
    Non facciamo gli scordarelli e i “ricordarelli” a comando: a certe posizioni, allora come oggi, non si arrivava che in un modo.

  3. jamesnach

    Non è mi è ben chiaro che cosa si vorrebbe dimostrare tramite la pubblicazione di questa lettera.
    La lettera non contiene fatti, ma solo opinioni di un protagonista della vicenda.
    Cagliari era colpevole? Era innocente?
    Non so lo, non lo sappiamo, e questa lettera non chiarisce certo i dubbi.
    Forse serve a cercare di far passare un pubblico ministero per un “assassino”, senza alcuna prova. ovviamente.

  4. Damiano

    Io ricordo che la frase di Berlusconi basterebbe e avanzerebbe per costringerlo alle dimissioni in un qualsiasi paese, neppure in uno tanto normale.

  5. jamesnach

    “Quindi?” lo chiedo a te.
    A maggior ragione, se anche tu ritieni che “Cagliari era probabilmente colpevole di alcune delle cose di cui venne accusato”, che validità possiamo dare alle cose che scrisse allora?
    La sua è una lettera autoassolutoria, in cui si dipinge come vittima di un sistema mostruoso mirato a “creare una massa di morti civili, disperati e perseguitati” (!!!)
    Forse, più semplicemente, era in galera perchè era colpevole. O no?

  6. albertog

    Quindi.
    Le condizioni di vita dei carcerati sono all’ultimo posto fra i problemi che si pongono gli italiani.
    Lo erano prima di Tangentopoli e lo sono ancora oggi.
    Cagliari aveva ragione a lamentarsi di quelle condizioni.
    Repubblica risponde semplicisticamente colpo su colpo a Berlusconi e difende un magistrato, ma così nasconde il fatto che il problema posto da Cagliari è reale. Ha ragione Wittgenstein a allargare il campo e far vedere che il problema è più complesso.
    Detto questo, il centrodestra oggi è l’ultimo che possa accusare qualcun altro per le condizioni di vita dei carcerati. Che cosa stanno facendo al governo per rendere migliori le condizioni di tutti? Impedire che il solo Berlusconi finisca in quell’inferno. Ma a Berlusconi e a Bossi quell’inferno fa comodo. Se no come li spaventano gli immigrati?

  7. ilbarbaro

    Se “Cagliari era probabilmente colpevole di alcune delle cose di cui venne accusato” a maggior ragione la responsabilità del suo gesto è interamente sua ed è doppiamente esecrabile volerla trasferire ad altri. Quel “Quindi?”, quindi, suona davvero ipocrita.

  8. albertog

    Più nel merito di quello che scriveva Cagliari, mi pare che l’accelerazione dei processi, di cui lui aveva paura, sia invece una garanzia per gli imputati e per la società. Non so però come volesse attuarla Conso.
    Secondo punto, Cagliari si immaginava un imminente stato di polizia, cosa che poi non si è verificata; quando il movimento di Tangentopoli era evidentemente coi piedi d’argilla fin da subito, il frutto di un vuoto di potere che si era temporaneamente creato con la fine della guerra fredda.

  9. ilbarbaro

    “Cagliari si immaginava un imminente stato di polizia” come tutti coloro che sono abituati a pilotare le cose del Paese e si vedono scavalcati dagli eventi. Era solo paura per le conseguenze di atti che avrebbe potuto evitare di compiere.
    “Il movimento di Tangentopoli” non aveva affatto “piedi d’argilla”, tant’è che in molti lo hanno cavalcato, da giornalisti come Feltri, Belpietro e Fede a politici come Bossi e Berlusconi, a magistrati divenuti politici come Di Pietro. Costoro hanno tutti costruito le loro recenti fortune nel celebrarlo e poi nel distruggerlo, in un verso o in un altro. La guerra fredda non c’entra un piffero, era finita tre anni prima, è solo una falsa scusa per la nausea che aveva raggiunto livelli insostenibili.
    Memoria per memoria, qualcuno dovrebbe ricordare da dove nasce il disastro pubblico che ancora scontiamo e chi ne fu il responsabile. Io, per esempio, ricordo che Tremonti e Brunetta furono tra coloro che propugnarono il debito. Tremonti, a cavallo di Tangentopoli, fu addirittura eletto con Occhetto, salvo poi praticare il comune e banale salto della quaglia, secondo convenienza, morale, economica e politica.

  10. Michele Luzzatto

    Qualcuno di voi, lo so, è entrato in un carcere, quantomeno da visitatore. Qualcuno però no. A me sì. A quelli che no dico: lasciamo perdere le condizioni di vita all’interno, più o meno dure, e concentriamoci a quello che succede in condizioni di normalità. All’ingresso ti tolgono ogni strumento di comunicazine con l’esterno e quando entri chiudono alle tue spalle una, due, tre, quattro porte con le sbarre di cui solo loro hanno le chiavi. Non puoi accedere alle finestre, figuriamoci a telefoni o simili. Pensi: e se adesso non mi fanno più uscire? Se per qualsiasi motivo non mi restituiscono la mia libertà? Per il mondo fuori io non ci sono più. Basta questo per mettere i brividi.

    Per quelli che dicono: “Cagliari era colpevole o innocente?”, la vostra domanda è sbagliata. La domanda giusta è “Cagliari era stato riconosciuto colpevole con sentenza passata in giudicato?”. Un’altra domanda giusta è “C’era pericolo di inquinamento delle prove, o di fuga, o di reiterazione del reato da parte di Cagliari che giustificasse la carcerazione preventiva?”. DI questo ha senso discutere. Sennò il vostro discorsi valgono tanto quanto quelli di Berlusconi. Uno grida “Giudici boiaaaaaaaaaaa!” e gli altri gridano “delinquenti assassiniiiii”.

  11. massimo codognello

    Il sig. Berlusconi non farà mai l’eperienza di sopravvivere in un carcere. La condizione di vita di un recluso nei carceri italiani non rappresenta alcun interesse vantaggioso per il populismo berlusconiano, anzi, proprio la durezza della vita in carcere gli è utile perchè per ogni populista la pena inflitta è il castigo necessario a vendicare l’offesa sociale di un deviante per il quale è inutile invocare il vecchio Beccaria.
    Certo, i veri reati sono quelli di droga o contro la proprietà individuale, quelli legati al malaffare in cravatta e parrucca sono aspetti di gestione del potere, accettabili specie se portano benefici a una cricca allargata all’indotto nella quale vige il vincolo della solidarietà di tipo massonico.

  12. albertog

    @il barbaro
    Tre anni non mi sembrano poi così tanti. Sono convinto che c’è stato un legame di causa-effetto. Quando dico che era un movimento coi piedi d’argilla mi riferisco al fatto che in quegli anni abbiamo visto alla sbarra i vertici politici del Paese (ricordate la bava di Forlani?); forse per voi era normale amministrazione della giustizia, a me sembra una cosa inaudita, mai vista in nessun altro paese, e non si è più ripetuta a partire dal 1994 appena il sistema politico si è riassestato dopo la fine della guerra fredda (non che abbia trovato un equilibrio, ma almeno ha fatto fronte comune per fermare quello che veniva percepito come “giacobinismo”). Il fatto che il movimento sia stato cavalcato negli anni successivi, senza arrivare a un reale ricambio politico, dimostra se mai proprio quanto fosse coi piedi d’argilla.

  13. francescorocchi

    Post veramente incongruo.

    Il dramma umano di una persona che si uccide va rispettato. Anche non usandolo a fini politici o per trarne conclusioni affrettate. De Pasquale ha avuto sei ispezioni, compresa una del Tribunale dell’Aia (fonte: radio 24 stamattina). Mai neanche una censura.

    E ora invece lei, Sofri, assume la posa dell’intellettuale pensoso e umano, per dirci che bisogna “tener conto di tutto”. Ma per piacere. Come se fosse questo lo spirito con cui Berlusconi si appropria anche dei morti.

    Cosa ci sia di agiografico nella ricostruzione di Repubblica non si capisce. La scelta del termine invece, “agiografico”, rimanda all’idea che a Repubblica siano dei giustizialisti, e che le persone di buon senso invece sono più attente e sensibili.

    Sofri, di Ostellino, Battista e Romano ce ne sono già abbastanza.

  14. Broono

    Al netto del rispetto dovuto a chi si toglie la vita, resta la lettera di una persona che, celandola dietro un dialogo con la moglie pre-suicidio nel quale però non compare lo straccio di un sentimento umano privato, scrive la sua arringa d’attacco a chi lo volle in carcere.
    Cos’altro ci si può aspettare di leggerci dentro, se non un “sono un capro espiatorio” e “il carcere è un orrore”?
    Dov’è la notizia, dico.
    Pare di assistere al martellamento mediatico nei giorni del caso Spatuzza, durante i quali lui veniva presentato come “quello che ha decine di omicidi sulle spalle” come se essendo lui un pentito la cosa fosse un’anomalia, affiancati dai servizi su Graviano, il boss da lui accusato e che ne smentì le dichiarazioni, sugli omicidi del quale la stessa stampa trovò opportuno al contrario non proferire parola e del quale anzi se ne lodarono le metamorfosi religiose di redenzione.
    La sintesi finale in quei giorni fu che un boss smentì le dichiarazioni di un pentito, uscendone, il boss, come il credibile della situazione e il pentito come, in quanto pluriomicida, quello non credibile.
    L’apoteosi del ribaltamento della logica.
    Ora ci si propone la lettera di uno arrestato che si dichiara perseguitato e innocente, come fosse la prova del suo essere perseguitato o comunque come un elemento a supporto del dubbio.
    La fonte? Lui.
    Il carcere è pieno di gente che si dice perseguitata e innocente e se la prova fosse il loro affermarlo avremmo risolto il problema del sovraffollamento.
    Poi ci sono anche quelli che accettano la pena e se la scontano, cercando di difendersi per quanto possibile e, finché in carcere, di fare qualcosa per la condizione pietosa invece di denunciarla al grido di “fate uscire me che non resisto”.
    Tossici e ladri d’auto si fottano, il problema è la possibilità di essere ancora manager.
    Tra quelli che accettano la pena vale sempre la pena (appunto) ricordare quel Sergio Cusani che, tutt’altro che martire o pentito, s’è sparato la sua condanna senza fare troppo casino, tacendo quel che doveva tacere e ammettendo quel che doveva ammettere.
    Un po’ di anni nei quali non s’è sentito un lamento da martire ma molte battaglie per la condizione carceraria, diventate in seguito vera e propria missione personale anche a cancello chiuso alle spalle e condanna scontata e non solo per gli amici industriali ma anche, soprattutto, per tossici e ladri d’auto.
    Eppure il cattivo pm che ce lo sbatté dentro fu lo stesso, così come lo stesso è ragionevole immaginare fu quello che lo interrogò durante la detenzione.
    Eppure Cusani non s’è ucciso, non ha gridato alla tortura, alla persecuzione.
    S’è detto innocente, sul resto ha “non risposto”, s’è fatto la sua pena, ha pagato, punto.
    Oggi nessuno se lo caca più e lui lo stesso continua la sua battaglia per la condizione carceraria, inascoltato dagli stessi che però sulla condizione carceraria dei manager (non dei tossici) oggi ci fanno comizi.
    Così come oggi nessuno si caca più l’altro suicidio eccellente, quel Gardini che si sparò ancor prima di attraversare il cancello.
    Ohibò, si ammazzavano anche quelli che la tortura del carcere non l’avevano ancora provata.
    Eppure il pm era sempre lo stesso.
    Allora forse il comune denominatore non era il carcere barbaro.
    Forse le motivazioni stavano altrove, perché a parità di carcere e di pm non tutti si sono uccisi e a parità di suicidio non tutti erano passati dal carcere.
    Perché nessuno cita mai Gardini?
    S’è ammazzato anche lui e molto più velocemente di chi ha vissuto l’arresto preventivo.
    Strano, no, che chi alza oggi la bandiera del suicidio come prova della tortura si dimentichi la memoria di chi si ammazzò, evidentemente, per altri motivi.
    Perché si parla sempre di Cagliari e mai di Gardini?
    Perché si parla sempre di uno dei tanti e mai del più in cima?
    Perché non glie ne frega niente a nessuno della morta di ‘sta gente.
    Perché sono spot, si usa quello utilizzabile e il resto si fotta insieme alla decenza, all’umanità e alla dignità che si dice di avere come faro.
    ‘Sta lettera non dice niente, se non che ai tempi si definiva “persecuzione” l’ipotesi che l’eventuale condanna per aver rubato miliardi pubblici poteva tradursi nell’interdizione dai pubblici (e non) uffici.
    Davvero uno scandalo, accidenti.
    Urliamo tutti l’indignazione per tale scempio della libertà.

  15. pifo

    “Tener conto di tutto”
    Ma a ciascun “tutto” deve essere attribuito un peso. Le parole di Cagliari potrebbero averne avuto scarso di peso non perche’ fu riconosciuto o meno colpevole ma in quanto semplici e rispettabilissime opinioni personali.

  16. Massimo

    Caro Sofri, fattene una ragione, una discreta parte della sinistra ama sferruzzare sotto il patibolo e moraleggiare senza alcun titolo. Sono la maggioranza o solo una minoranza rumorosa? A seguire i commenti sul Post, che si pone chiaramente in una posizione “garantista di sinistra”, direi che sono (purtroppo) la maggioranza. E dire che quando ero ragazzo gridavo “celerini e pompieri, visite brevi”. Io sono rimasto dello stesso avviso, però.

  17. albertoab

    Ma la sinistra (per la stragande maggioranza di sigle e singoli individui) è garantista (il garantismo l’abbiamo inventato noi). A sinistra si era garantisti in tempi molto più cupi e violenti di questi!

  18. jamesnach

    Che le condizioni di detenzione carceraria in Italia siano drammatiche non lo scopriamo ahimè oggi, e il tema merita senz’altro tutta l’attenzione necessaria.
    Ma non capisco il senso di tirare fuori la lettera di Cagliari, facendola seguire alla dichiarazione di Berlusconi che in sostanza accusa il PM De Pasquale (guarda caso un PM a lui scomodo) di aver ammazzato l’ex manager.
    Questo ti sembra il modo corretto di impostare il discorso?
    A me no.
    E, checchè ne dicano in benpensanti di turno, nulla c’entra con quella “parte della sinistra [che] ama sferruzzare sotto il patibolo e moraleggiare senza alcun titolo”.

    «Disse a Gabriele Cagliari che lo avrebbe liberato il giorno dopo e poi è andato in vacanza, mentre Cagliari si è suicidato»

  19. Luca

    Ok, prendo atto che alcuni di voi ritengono che l’eventuale colpevolezza di un uomo rispetto a un reato che gli viene contestato esaurisce ogni riflessione su qualunque altra cosa lo riguardi. Con questo metro, le indagini sulla morte del povero Cucchi – che violazioni della legge sulle droghe ne aveva compiute – sono del tutto fuori luogo. Per fare uno dei mille esempi possibili. Ma probabilmente ho capito male.

  20. jamesnach

    Infatti hai capito male, o fingi di non capire, basta che leggi quello che ho scritto appena sopra il tuo post.

  21. Andrea F.

    Scusa Luca, ma Cucchi e Aldrovandi sono stati pestati a sangue. Questo non credo sia previsto dalle leggi. Cagliari è stato tenuto in carcere secondo quanto prescrive la legge sulla detenzione preventiva. Cagliari, così come altre migliaia di persone, è vittima del sistema carcerario, che in Italia è a livelli da Terzo Mondo. Non dei giudici. Allora diciamo che la carcerazione preventiva non dovrebbe esistere se non per assassini colti in flagrante o stupratori. E poi come fai a convincere uno a parlare se non promettendogli dei benefici? Promettendogli benefici, non spegnendogli sigarette sulla schiena.

  22. piccoglio

    Che fosse colpevole o no, non è importante, quando si vogliono accertare eventuali responsabilità rispetto al suicidio. I giudici di tangentopoli hanno usato il carcere in maniera probabilmente non aderente alle regole costituzionali. Su questo deve essere fatta ancora una riflessione.
    Tuttavia, credo che il punto fondamentale sia un altro. Come scrive nella lettera, Cagliari si suicida nel timore di perdere, una volta fuori dal carcere, “la vita, la famiglia, gli amici, i colleghi, le conoscenze locali e internazionali, gli interessi”.
    Penso che familiari e amici, almeno alcuni, gli sarebbero stati vicini in ogni caso. Per il resto (conoscenze e interessi), Cagliari teme di perdere il potere che aveva all’interno di quel sistema. A me pare il minimo!
    (Ma forse sto interpretando male, o meglio, sto valutando con la visione semplicistica del bambino che ero in quegli anni).

  23. lbb

    C’è una cosa che non mi è chiara.. Perché questo dibattito si sia spostato dall’ennesima operazione di sciacallaggio politico di B. ad una questione foucaultiana tra colpa e punizione.. Quando è morto Cagliari io ero un ragazzino, oggi le cose brillano di una luce del tutto diversa: al 27 settembre, i suicidi nelle carceri italiane nell’anno in corso erano 49. Ho un’esperienza del carcere sufficientemente da vicino per poter negare senza ombra di dubbio una qualsiasi utilità degli istituti di pena, per come sono strutturati in Italia (cioè sostanzialmente uguali al XIX secolo), quindi mi guardo bene dall’augurare ad alcun chi la galera, e in questo insieme metto pure il PresdelCons.. Però, Luca, mi sembra ineludibile il fatto che B. sia diventato un tappo nella politica italiana, fosse solo per tutto il tempo che perdiamo nel ragionare e incazzarci per le sue affermazioni a pene di segugio. Il fatto poi che la Repubblica sia il corrispettivo del bar sport, questo è una delle involuzioni più clamorose della stampa italiana. B. parla male di qualcuno, Repubblica lo difende. Un sistema che funziona per contrari non rende giustizia alla complessità delle cose, e su questo penso che tutti saremo d’accordo.. Ma sono ingenuo se spero che una volta tolto il tappo si possa cominciare a costruire un paese civile ??

  24. makeroo

    @Luca: per quanto condivisibile il desiderio di riflettere sulla vita degli arrestati o dei carcerati mi sembra del tutto a sproposito farlo dopo un accenno completamente strumentale di B.

    Sai qual’è lo scopo di quell’uscita, e la risposta fuori luogo di Repubblica non è un motivo sufficiente.

  25. francescorocchi

    Sofri, ma che sproposito è quello di mettere sullo stesso piano un dispositivo giudiziario riconosciuto e l’ammazzare di botte uno che è stato arrestato? Ma che stai dicendo?

    Io non lo so se Cagliari era colpevole o innocente. Non posso neanche entrare nei meandri della mente torturata di qualcuno che decide l’atto più estremo.

    Però non voglio nemmeno usare tutto questo per dire che i magistrati, forse, eh, pensiamoci un attimo, sono brutti e cattivi.

    Non è che devi essere originale per forza, eh, Sofri…

    Ma come ti viene in mente di usare Cagliari, a cui va tutta la nostra pietà e che è morto lustri fa, per il discorso politico contigente?

    Ma ti pare che, oggi, il problema sia la ferocia dei magistrati? Ma per piacere.

  26. leorotundo

    Ma che c’entra il garantismo con questa lettera? La morte di Gabriele Cagliari dovrebbe farci riflettere come ognuna delle troppe tragiche morti che accadono nelle carceri italiane. La sua è una lettera “politica”, del resto non dice mai di essere un innocente perseguitato da magistrati in malafede. Per quanto ne sappiamo le indagini su Gabriele Cagliari, sui vertici dell’ENI e le collusioni con i partiti, sull’affare ENIMONT furono condotte con rigore e rispettando le leggi, molte condanne sono state confermate in Cassazione. Negli Stati Uniti ed in Gran Bretagna, patrie del garantismo, per i reati finanziari si beccano pene da capogiro ed è prassi normale contrattare la collaborazione degli imputati in cambio di libertà vigilata e sconti di pena. Interpretare le vicende di quegli anni in termini di conflitto fra garantisti e giustizialisti è troppo semplicistico, non spiega nulla e sa tanto di “rimozione”.

  27. Luca

    Makeroo, io discuto delle cose per quello che sono, e cerco di capire cosa sia giusto e cosa sia sbagliato indipendentemente dagli “scopi”. Credo che i risultati siano più importanti delle intenzioni, che i fini non giustifichino i mezzi. Questo non significa – lo devo ripetere per i tagliatori con l’accetta – che i fini e le intenzioni non abbiano valore e non vadano studiati. Ma non me ne frega niente di tenere un blog dove mi limito a scrivere “Berlusconi è cattivo cattivo cattivo”, esaurendo così i mie sforzi di capire le cose. Qui mi interessava ricordare una lettera molto bella e rivelatrice di una condizione che vivono in molti da allora, prima di allora e dopo di allora. E che non riguarda, come ha detto qualcuno, “il carcere e non i magistrati”. Cagliari scrisse cose emozionanti ed emozionate della solidarietà e l’aiuto che trovò in carcere: qui sta parlando esattamente delle pressioni psicologiche subite da parte di chi indagava su di lui. E poi mi interessava, ribadendo che assumo per vere le conslusione dell’indagine, aggiungere qualche elemento in più alla ricostruzione tranchante, superficiale e ingannevole di Repubblica. Se avessi voluto dare ancora addosso a De Pasquale in particolare, potevo citare i trascurati passaggi della prima indagine ministeriale:
    «è certoche il De Pasquale, all’esito dell’interrogatorio del Cagliari… ebbe a dire allo stesso, con espressioni non consone (sottolineatura nel testo, ndr), che avendo il Cagliari confessato, egli avrebbe dovuto mandarlo a casa. Sembra perciò potersi affermare che il dott. De Pasquale ha tenuto dei comportamenti certamente discutibili… soprattutto per avere promesso ad un indagato (sottolineatura nel testo, ndr) che era in carcere da oltre centotrenta giorni, di età avanzata e in condizione di grave prostrazione psichica, che avrebbe espresso parere favorevole… e di avere invece assunto una posizione negativa… senza però interrogare nuovamente lo stesso indagato, impedendogli, così, di fatto, di potersi ulteriormente difendere… Non è azzardato ritenere che sia mancato quel massimo di prudenza, misura e serietà che deve sempre richiedersi quando si esercita il potere di incidere sulla libertà altrui».
    Invece non mi interessa rinnovare eventuali sensi di colpa per un magistrato piuttosto che un altro, né c’è bisogno di ribadire la pretestuosità golpista degli attacchi di Berlusconi. Ma ricordare, con le parole efficaci di questa lettera , che c’è stato e c’è un problema di cui a sinistra non parla nessuno – per ignoranza o per “non fare il gioco del nemico” – quello mi interessa sì.

  28. Luca

    Francescorocchi, tu non leggi le cose e parli da solo. Gabriele Cagliari l’ha usato “per il discorso politico contingente” Berlusconi ieri, e l’ha usato di nuovo “per il discorso politico contingente” Repubblica oggi. Io – leggi, però – ho invece cercato di allontanarlo dal “discorso politico contingente” e isolare quello che successe quella volta e quello che significa: malgrado la stragrande maggioranza dei commentatori, qui, preferisca riportare tutto al “discorso politico contingente”.

  29. piti

    Allora diciamo, per dare un senso delle proporzioni, che in Italia è più facile non essere puniti che puniti troppo dalla magistratura? E che, dunque, il problema non è che ci sia poco garantismo ma troppa impunità? Il tutto con buona pace e con rispetto umano per Cagliari, che però delle sue colpe (cui pure tu accenni, Luca) non fa minima menzione nè minima assunzione di responsabilità? E che le penose e indegne condizioni delle carceri sono tutto un altro discorso rispetto alla magistratura, alla carcerazione preventiva, alle disposizioni del codice penale?

  30. paffuto

    Però, vedi, caro Sofri, i tuoi lettori sono lo specchio di com’è oggi la sinistra: incattivita, livorosa, arrabbiata.
    Avete educato una generazione che crede che i PM siano l’ultimo baluardo della democrazia, e non riescono nemmeno a leggere una lettera come quella di Cagliari senza dire “se stava in galera, qualcosa aveva fatto, e allora se lo meritava”.
    Sofri, riflettete, e provate se possibile a farli ragionare.
    Saluti.
    Un affezionato lettore di destra.

  31. Massimo

    Se ne è già parlato. Quando un politico come Di Pietro, un modesto populista di destra, è capace di presentarsi come paladino della sinistra più intransigente, vuol dire che i termini non descrivono più la realtà. E vuol dire anche che, a sinistra, è in atto una involuzione sottilmente illiberale che ne sta svuotando il patrimonio storico ed ideale. E’ un prezzo inaccettabile anche per battere Berlusconi.

  32. francescorocchi

    Luca, l’hai allontanato? Pensi di averlo allontanato riprendendo il discorso il giorno dopo l’uscita di Berlusconi? Su un blog?

    E il paragone con Cucchi, veramente osceno (permettimi di dirlo), me lo sono inventato io?

    Io contesto anche che la ricostruzione di Repubblica sia sbagliata o faziosa. E infatti corrisponde con quella di Radio 24. Hanno riportato dei fatti, richiamati da Berlusconi. Berlusconi ha detto che Cagliari l’ha ammzzato un PM, Repubblica ha riportato che 6 inchieste hanno stabilito che non era così. Fine.

    Vuoi fare un documento non contingente?

    Documentati e scrivine. Quello di oggi però non era neanche un’argomentazione. Hai citato una lettera privata e l’hai lasciata lì, al pubblico ludibrio e insieme col sospetto che, forse, Berlusconi qualcosa di vero l’ha detto (sospetto perché tu conclusioni non ne hai volute tirare).

    Se proprio vuoi, prenditi la responsabilità di indicare cosa c’è di veritiero nella lettera di Cagliari, spogliandola del dato emotivo ed usandola come un documento. Analizza i fatti, e offri la tua prospettiva: veramente le procure sono le sentine di vizio denunciate dal povero Cagliari?

    O forse l’unica cosa che si può fare è considerare la lettera un documento umano da trattare con riserbo e discrezione?

    Noi possiamo e dobbiamo ragionare sulla giustizia in Italia, ma senza indulgere ad una emotività spesso pelosissima.

    Sergio Moroni fu indagato e si suicidò nella cantina di casa sua il 2 settembre 1992. Non fu arrestato, ma anche lui era un’anima tormentata e ferita, anche se non possiamo dire esattamente da cosa.

    Quali conclusioni dobbiamo trarne? Cosa vogliamo fare? Buttare tutto nel tritatutto della discussione politica (questo post e questi commenti saranno polvere prima di domani) o ragionare in maniera meno superficiale? Dobbiamo ripensare l’avviso di garanzia?

    Possiamo fare tutto, ma oggi tu l’hai fatto nel modo peggiore. L’hai buttata in vacca.

  33. Massimo

    Questo è il riflesso pavloviano che sta azzerando la sinistra, meccanismo che Berlusconi ben conosce ed utilizza da sempre. Prende un problema che è sotto gli occhi di tutti, lo usa a fini personali, e la sinistra a dire che… il problema non esiste. Solo che poi, le persone reali hanno a che fare con la giustizia, sanno che è uno dei problemi più grossi del nostro Paese, che né la giustizia né la democrazia passa per le procure. Perché se per avere giustizia devo aspettare dieci anni, io non voto chi sostiene che il problema è ben altro.

  34. Broono

    “c’è stato e c’è un problema di cui a sinistra non parla nessuno”
    No un momento, rubo giusto lo spazio di un appunto.
    C’è chi del problema carceri e soprattutto dell’ala giustizialista di una certa sinistra, ne sta parlando da tempo e con una certa intensità e quel qualcuno è esattamente un’area della sinistra la cui notorietà è inversamente proporzionale alle discussioni, sulla sinistra stessa, che apre.
    Non ne parla il PD, fine.
    Ma se un discorso di cui non parla il PD (partito caratterizzato dall’assenza totale di qualsiasi livello di discussione su qualsiasi argomento) diventa magicamente “di cui a sinistra non parla nessuno” allora forse è il caso di fermare un attimo le macchine e aprire la discussione madre, quella che fa da ombrello al tutto e cioè quella che deve dare un senso alla parola PD e, ancora più a fondo, alla parola Sinistra.
    Perché mi sa che c’è un enorme malinteso di fondo che rende qualsiasi ragionamento vano, se oggi è possibile dire che delle carceri e del giustizialismo di sinistra, a sinistra non parla nessuno, con il tono di chi sta fornendo un dato oggettivo, vedendo la cosa scivolare via intonsa.
    Il PD NON è la sinistra.
    Devono allearsi veramente con Fini per dare per condivisa questa sconcertante verità?
    Il PD non parla di queste cose.
    Così è corretta la frase.

  35. Broono

    P.S.: oggi altro suicidio in carcere.
    Siamo a 52.
    E’ ragionevole pensare che statisticamente un 10% di loro abbia chiesto aiuto?
    Vediamo quante di quelle 5 lettere vedranno la luce.

  36. jamesnach

    A leggere certi commenti mi viene da ridere, ma forse sarebbe meglio da piangere.
    La solfa è sempre la stessa: la sinistra manettara vede nei PM dei supereroi intoccabili, che magari ci liberano pure da Berluskaiser.
    Due palle, ragazzi.
    A parte qualche bizzarto personaggio, io non credo che a sinistra ci sia qualcuno che possa seriamente sostenere che lo stato della Giustizia in Italia non sia una problema.
    Infatti non è UN problema: è IL problema.
    Ma voi credete che il problema della Giustizia stia nei PM onnipotenti e ovviamente tutti komunisti antiberlusconiani?
    Buona notte…

  37. lafra

    E’ chiaro che qui non c’entra sinistra garantista, colpevolisti o innocentisti, bla bla. Spesso ci si impegna a discutere del contenuto di una boutade, perchè è così che la considero una frase messa in un discorso senza un approfondimento che sia uno degli argomenti ad essa connessi, ma in realtà è l’effetto che quella frase vuol generare oggetto di interesse. E l’effetto quella frase l’ha ottenuto: parlare ancora della magistratura e generare delle contrapposizioni istituzionali. Altro effetto è alzare i toni di un tema con una frase che riempirà i giornali (e blog) di due o tre giorni, spostando il focus dell’attenzione verso quell’argomento e non altri più “critici” per il protagonista dell’esternazione del giorno.
    Questa è strategia della comunicazione, intenzionale e pianificata, creare discussioni, analogie storiche discutibili e dubbi sul proporio avversario di turno per metterlo in difficoltà squalificarlo, fargli pronunciare opinioni sull’argomento che vogliono loro invece di generare magari opinioni interessanti. Quindi non parlerò della lettera personale di un uomo in un momento decisamente drammatico della sua vita, ma di come ci ostiniamo a mettere sotto la lente la sua lettera e non le intenzioni di chi la sta strumentalizzando.

  38. lafra

    Sto leggendo un libro, per me molto bello, che sostiene che siamo più in difficoltà in una discussione a due piuttosto che davanti ad una platea. La discussione a due ti mette a nudo, sei tu e l’altro e con il non verbale, il verbale e tutto quello che sta in un’interazione. Il rapporto con la platea (il pubblico) è più semplice puoi permetterti generalizzazioni, visioni della realtà più retoriche e non c’è chi ribatte. La famosa questione della seconda domanda nel giornalismo.
    Insomma, non si discute “seriamente” con chi butta frasi e barzellete qua e là, generando “casi” un giorno sì e l’altro pure. Invece di parlare della risoluzioni di grossi problemi si continua a generare problemi su problemi. Ma la affrontare la realtà no??? Invece di riprendere un fatto legato a tangentopoli, perchè non affrontare OGGI il rapporto tra poteri forti? Lo so io perchè, perchè è più facile analizzare fatti in cui non c’entro io, scandagliare le colpe di qualcun altro piuttosto che il mio modo di intendere lo stato e le regole.
    Ma sapete che a me chiedono di lavorare con i ragazzi sulle regole???? Ma come si fa in questo contesto storico? Nazionale e locale. Sapete che i ragazzi tendono a fare la stessa cosa: dividersi in colpevolisti e innocentisti, perchè certo spesso si chiede loro di posizionarsi in un senso o nell’altro. Stanno costruendo un mondo di qua e di là senza una minima traccia di senso critico, rispetto dell’altro e amore di analisi storica. STIAMO PERDENDO TUTTI.

  39. amaryllide

    FIno all’anno scorso nel codice di procedura penale stava scritto che dal momento in cui qualcuno viene incarcerato, le richieste di scarcerazione vengono fatte al GIP, non al PM. Il PM può solo dare un parere non vincolante, è il GIP che decide, anche perchè sarebbe davvero da stato di polizia che il magistrato dell’accusa decida se l’imputato può uscire o meno di galera. Mi sfugge perchè la “colpa” di non averlo scarcerato sarebbe del PM…

  40. leorotundo

    @luca, massimo, paffuto: mi piacerebbe capire qualcosa di più sulle vostre idee in tema di giustizia, qual è l’accusa precisa che voi muovete al PM De Pasquale? Quella di non essersi accorto che il suo atteggiamento eccessivamente duro nei confronti di Gabriele Cagliari lo poteva indurre al suicidio? Ammesso e non concesso che sia vero (non è dimostrato e lo sapete) non capisco come si possa passare ad affermare che questo sia “il problema della giustizia” in Italia. Una sola riflessione: non ho mai sentito che le imprese straniere non vengono ad investire in Italia per paura dei PM che arrestano e tormentano le persone per bene. Gli stranieri scansano l’Italia (oramai lo dice anche la Confindustria) perché da noi i furbi possono impunemente fare a meno di pagare le forniture, la malavita può imporre tangenti. brucia i capannoni ed ammazza, i politici e gli amministratori pretendono favori e tangenti, i mondi economici, finanziari e politici hanno “relazioni pericolose” con la malavita organizzata. E’ il fantomatico “giustizialismo” dei PM il problema principale della giustizia e della legalità in Italia?

  41. stefano b

    Ma lo sanno anche i sassi che il sistema giudiziario italiano non è garantista: è IPERgarantista. Come – e più di – quasi tutti i paesi del mondo è modellato ad uso e consumo dei facoltosi, che grazie a cavillosi e costosissimi avvocati possono vedersi ridotte le pene ai minimi termini, far morire di lentezza i processi o addirittura vedersi annullate condanne per banalissimi e insignificanti vizi.
    Quando leggo Cagliari affermare nella sua lettera che “Già oggi i processi, e non solo a Milano, sono farse tragiche, allucinanti, con pene smisurate, comminate da giudici che a malapena conoscono il caso”, mi viene da saltare sulla sedia. Pene smisurate? In Italia? Ma quando mai???
    Forse a Cagliari (e a Berlusconi) sarebbe piaciuto di più il sistema giudiziario e detentivo degli USA, ovvero del migliore dei mondi possibili?
    Se non si fosse suicidato, e ammesso che fosse stato riconosciuto colpevole, a quest’ora Cagliari sarebbe stato un uomo libero… e da un bel pezzo. Negli USA, per una vicenda come quella della maxitangente Enimont l’avrebbero rinchiuso e buttato via la chiave.

    Altro discorso è quello della situazione carceraria. Gli istituti di pena in Italia sono pochi e disumanamente sovraffolati. Ma questo mica è un problema dei giudici o dei pm.

  42. Schweitzer

    Dai Luca il paragone di Cagliari con Cucchi è davvero vergognoso. Cucchi poteva essere salvato con un pò di acqua e zucchero e di certo non si è procurato quelle ferite da solo, Cagliari si è ucciso perchè si vergognava di essere stato preso con il sorcio in bocca. Se poi vogliamo parlare del sistema carcerario e dei problemi della giustizia italiana, parliamone pure però senza paragoni del genere.

  43. enrigo

    Un altro post che ritengo disonesto dell’ineffabile Sofri. Concordo in tutto quello che ha scritto rocchi, vergognose poi le repliche sempre di sofri nei commenti, repliche quasi sempre sprezzanti nei confronti dei commentatori.
    Ricapitolando di cosa si sta discutendo? Delle inumane carceri italiane che si permettono di trattenere dei supermanageroni senza lasciargli la piscina? E’ questo il problema denunciato con forza da Cagliari? Che lo vogliono costringere a denunciare i suoi complici rendendolo, poverino, un vero morto civile, come i falliti? Ma se colpevole (chi accusa i propri complici, diventando un infame, resta comunque un colpevole, partiamo insomma dal presupposto che chiami costoro in correità) è peggio di un fallito. Un corrotto, o concusso dovrebbe essere estromesso dagli affari e basta. Poverino, cercherà un altro lavoro e magari si godrà i pochi miliardi risparmiati fino alla pensione. Che dramma è??? Chi si dovrebbe commuovere per queste persone??
    Altro discorso ovviamente è la situazione delle carceri italiane, e disgustoso, disonesto, meschino, ho trovato il riferimento a cucchi da parte del blogger.
    Altro discorso ancora è magari l’uso della carcerazione preventiva che in quella fase si fece. Probabilmente se ne abusò (ma per brevissimo tempo, che poi la classe politica corrotta è ribalzata in sella), per snidare i corrotti, per sbloccare un sistema omertoso. Analogamente per sconfiggere piaghe come terrorismo o criminalità organizzata si utilizzano sistemi ai limiti dello stato di diritto, per tempi limitati, o in casi molto circostanziati. La cosa tragica della fase italiana di mani pulite è che quegli eventuali abusi (peraltro salutati in tutto il paese da pressocché unanimi consensi) non hanno portato alla fine a nulla, visto l’ipergarantismo che la classe politica si è cucita addosso.
    Come ha scritto qualcuno il problema giustizia in Italia è che i furbi la fanno sempre franca, che il prepotente ha sempre ragione, che chi è ricco si fa beffe della giustizia. Non mi pare che la denuncia di Cagliari si muova in questa direzione, e come avrebbe potuto, provenendo appunto da un potente, prepotente, ricco, appunto?
    La sinistra giustizialista, livorosa, che ama i poliziotti è una fantasia dei berluscloni, dei lettori del Giornale, ma vedo che è un’idea che alberga anche in una bella fetta della nostra moderata sinistra piddina. Non confondiamo il livore con l’indignazione, il giustizialismo con la voglia di giustizia. Nessuno considera i giudici dei supereroi, in molti però vorrebbero vederli fare il loro lavoro senza subire attacchi e ingerenze da parte dei complici dei loro imputati.

    enrigo

  44. Marzio

    La lettera di Gabriele Cagliari è emozionante. Il lucido testamento di una persona che vuole denunciare l’orrore e gli abusi di quegli anni. E che mette un punto esclamativo finale nel suo scritto: la sua vita.
    E la maggior parte delle risposte a questo bel post di Luca Sofri dimostrano quello che già si sa…
    Il panorama dei commenti lasciati dai lettori di sinistra è desolante per la disumanità che contiene alla radice.

    Io, da sempre elettore di sinistra, mi auguro che Berlusconi e la sua visione del mondo venga archiviata al più presto. E spero in una sinistra diversa da quella terrificante che ho letto qui.
    Una sinistra che sappia “mettersi al posto dell’altro” e che cerchi di comprenderne le ragioni.

    Altrimenti? Altrimenti c’è Fini.

    Ciao

    Marzio

  45. enrigo

    Il guaio invece, Marzio, è proprio la sinistra attuale, che non ha esitato a mettersi al posto di chi approfitta dello Stato e della politica, per mangiare il proprio boccone.
    Che discorsi retorici… che vuol dire mettersi al posto dell’altro? Una volta stabilita la pietà umana per un suicida, e non mi pare che nessuno l’abbia negata, si dovrebbe evitare di analizzare?
    Ahhh, quindi se uno magari vorrebbe essere inflessibile coi corrotti allora è Fini? Bel ragionamento…

  46. francescorocchi

    Marzio, cita chi ti sembra desolante e dillo chiaramente.

    Altrimenti la tua è soltanto una posa e una chiara applicazione dello straw man: ti lamenti della gente di sinistra per cui “Cagliari se la sarebbe cercata”. Io ad esempio, pur dissentendo violentemente da Sofri, non ho detto nulla di tutto ciò. Abbi la lucidità di confrontarti con chi le idee le sa argomentare.

  47. Massimo

    La giustizia in Italia viene amministrata da sempre, tecnicamente e burocraticamente, dai magistrati. I governi, rossi, neri o blu, degli ultimi 30 anni non hanno avuto forza o volontà di cambiare questa situazione putrescente, pur mettendoci dentro gli stessi soldi dei paesi in cui la giustizia funziona. Se siete mai stati in un tribunale, vi sarete accorti in che degrado, approssimazione e spregio delle regole versa il settore, se no, vi auguro di non capitarci mai. Ok, per colpire Berlusconi difendete pure ciecamente una casta responsabile, quanto quella politica, del degrado di questo paese, pendete dalla bocca di De Magistris o Palamara. Ma, per il vostro bene, pregate ogni sera di non averci mai a che fare.

  48. t_floyd

    Ma! Nemmeno la lettera toccante (e sfido chiunque a dimostrare il contrario e a fare il processo alle intenzioni) di un INDAGATO che si suicida in carcere, permette a questo popolo di livorosi in servizio permanente di distaccarsi dal giochino da tavolo, Berlusconistadilàiostodiqua. Evidentemente Cagliari – per costoro – si è suicidato indubitabilmente sotto dettatura – o meglio con vivissimo auspicio – di Berlusconi, il quale anni dopo ancora ora gode dei benefici postumi. E come sempre concludo pensando che il vero problema della sinistra, sono (alcuni, forse la maggioranza) degli elettori stessi di sinistra, indottrinati a pane e manette da decenni di retorica giustizialista. Quasi rimpiango Togliatti, che un pm sgrammaticato e fascista come Di Pietro, se lo sarebbe mangiato a colazione.

  49. Wizardo

    Io la metterei così:

    1. La lettera di Cagliari è umanamente toccante per ciò che attiene allo stato d’animo di un uomo di potere che vede il suo potere sgretolarsi a causa di un’inchiesta giudiziaria.

    2. Averla citata in questi giorni ha un senso preciso e non si può fare finta che non lo abbia. Il post sembra dirci che in fondo la follia del discorso Berlusconiano sul PM in questione trova qualche conferma nelle parole dell’imputato Cagliari, parole che acquistano un peso diverso alla luce del suo gesto estremo.

    3. Non mi sembra che sia questo il modo migliore per riflettere sulla condizione carceraria e sui problemi della giustizia in Italia. Questi ultimi non credo siano riconducibili all’inumanità dei PM (che tra l’altro non sono responsabili della condizione delle carceri). I PM fanno il loro lavoro, che non è quello dei GIP, che dispongono della scarcerazione in questione, nella dialettica tra le parti stabilita dall’architettura istituzionale che governa i processi (leggi: la Legge). Carceri tremende e processi lenti: forse in materia di responsabilità occorrerebbe considerare chi governa e ha governato il paese. E che evidentemente non si è occupato del problema. Gli stessi che poi hanno usato l’argomento dell’invivibilità carceraria una volta toccati da inchieste più che fondate.

    4. Viviamo in un paese in cui mafia e corruzione sono il problema principale, la cui incidenza cade soprattutto sui più deboli. Molti sono stati i PM ammazzati nello svolgimento del loro lavoro, che consta nell’applicazione dela Legge, che a sua volta è decisa da altri. Molti PM hanno avuto vita molto difficile, prima di tangentopoli, nell’applicare la massima “La Giustizia è Uguale Per Tutti”.

    5. Il paragone Cucchi – Cagliari mi sembra completamente fuori luogo. Da una parte un povero diavolo pestato a sangue da una polizia corrotta, dall’altra un uomo di potere, sconvolto dall’eventualità di essere messo in carcere insieme agli altri poveri cristi ‘a la Cucchi.

    6. Criticare questo post non credo implichi assumere posizioni liberticide o giustizialiste, a meno di non sposare forzature logiche e luoghi comuni che solo un’Italia come questa può generare. Essere garantisti per la quasi totalità dei poveri diavoli che affolla le nostre carceri, non significa (spero) affermare che chi detiene il potere e commette un reato non possa essere inquisito come qualsiasi altro cittadino.

    7. Criticare l’attitudine delirante e assai poco Liberale (ai limiti del golpismo, appunto) di questa destra nostrana nei confronti delle istituzioni democratiche (inclusa la magistratura) non significa essere forcaioli. Ricordo che, proprio per la sua tradizionale autonomia istituzionale, la magistratura fu uno dei pochi pezzi dello stato che riuscì (parzialmente e per un periodo limitato) a mantenere una sua autonomia durante gli anni della dittatura fascista. Ricordo, ad esempio, l’assoluzione di Emilio Lussu per legittima difesa dopo che questi sparò, uccidendolo, a uno squadrista.

  50. Broono

    Ché poi alla fine il motivo per cui il PD si guarda bene dall’avviare qualsiasi tipo di discussione su qualsiasi tipo di argomento sta tutto qui.
    Nel fatto che quelli che stanno nella parte sinistra del centro di Casini, i Marzio, si sentono più di sinistra di te e ti fanno pure la morale.
    Non trovare nulla di toccante in quella lettera (e tutto di toccante invece nel tragico gesto che è seguito) non significa essere fascisti alla Di Pietro.
    Significa semplicemente non procedere per categorie.
    Come per esempio fa Di Pietro.
    Una lettera non è toccante solo perché precede un suicidio, il valore emotivo non è un elemento transitivo “prendi dal gesto e lo trasli a tutto ciò che avviene nei giorni precedenti”.
    Una lettera è toccante a seconda di ciò che contiene, non di ciò che anticipa.
    Una lettera toccante è la lettera di Ambrosoli.
    Entrambe sono alla moglie, entrambe sono un epitaffio.
    Ma nel primo caso il 99% è dedicato a “sono tutti brutti e cattivi” e solo l’1%, giusto la chiusura, al lato umano della propria scelta, nel secondo l’1% è dedicato alla consapevolezza dell’imminente fine e all’analisi tecnica dei perché, il 99% alla trasmissione dei sentimenti per la destinataria, ai valori da consegnare ai figli, al racconto dei princìpi che dovranno fare loro da guida quando il destino atteso suonerà alla porta, al racconto della consapevolezza di una scelta obbligata non dai pm ma dalla propria personale idea di stato, pur nella lucida consapevolezza che proprio quello stato che stava onorando e difendendo come valore, l’avrebbe schiacciato come volume.
    Non a caso il primo oggi è portato a esempio di martirio da quello stesso stato che del secondo dice che se l’andò a cercare.
    Non basta avere un foglio per avere una lettera e non basta avere una lettera che parla di stato per avere una lettera alta.
    Moro ha scritto lettere alte, tanto per dire che anche da “questa parte del mondo” si è capaci di inchinarsi di fronte all’altezza di un uomo a prescindere dal colore, di quell’uomo.
    Se fosse possibile cominciare ad analizzare le cose in maniera lucida e non in maniera ideologica, sarebbe già un bel passo avanti.
    Perché c’è dell’ideologico anche nel sostenere che una lettera che anticipa un suicidio è una lettera alta non in quanto lettera ma in quanto anticipante un gesto tragico.
    E’ un sacco cattolica, ‘sta cosa, e si sa quanto poco sia lucido il procedere cattolico, pure se shakerato con due terzi di sinistrismo.

  51. t_floyd

    Allora Broono un gesto tragico come suicidarsi in carcere tu lo derubrichi ad “atto susseguente”? Per l’amor di Dio, non è che sia un atto di martirio secondo la tradizione cattolica, ma quanto meno un atto di testimonianza contro le procedure di legge piegate a piacimento ai propri fini investigativi, questo solo la malafede lo potrebbe negare. Ricordo a tutti che DI FATTO alla data del suicidio Cagliari era un uomo magari colpevole, ma proceduralmente ancora innocente, ed ex lege innocente fino a prova contraria. Io mi stupisco che il principio della forza e dell’uguaglianza della legge che giustamente e in maniera sacrosanta viene sollevato contro Berlusconi e la destra, venga totalmente piegato e abusato a uso e consumo della battaglia politica. È lo stesso peccato che si imputa al nemico, ma evidentemente questa semplice verità è per molti una verità al di fuori della loro portata. Ad oggi – come allora – basta che un pm firmi un atto, per farne un decreto divino di colpevolezza applicabile in eterno. Sinceramente una sinistra che la pensa così è decisamente aberrante. E che Cagliari fosse personaggio noto, ha il solo vantaggio di portare alla coscienza il problema della carcerazione preventiva, di cui IN MASSIMA PARTE, sono vittime i poveri cristi disgraziati alla Cucchi, caro Wizardo, o dovremmo concludere che la giustizia proletaria non si applica a chi supera il massimo scaglione delle aliquote IRPEF?

  52. pieros

    Una amica una volta mi ha detto “Gli italiani sono dei fascisti naturali, anche quando credono di essere democratici e di sinistra”. Non so se sarei così drastico, ma certo dei principi elementari del diritto, questi italiani (alcuni dei quali scrivono qui sopra) ne sanno davvero poco.
    In questo senso – per citare la umanissima e agghiacciante lettera di Cagliari – sono rinchiusi in un orrido e fazioso carcere mentale.

  53. Broono

    No T_floyd, non lo derubrico proprio a nulla.
    Ho un tale rispetto per l’atto del suicidio che in assoluto (ma non a priori) lo considero fondamentalmente un atto di coraggio.
    Ma in assoluto non significa a priori e per questo un atto di coraggio, che tale è e tale per me resta nell’istante esatto in cui si compie, può anche essere motivato da assenza di.
    Il coraggio è nel gesto, momento in cui il rispetto arriva di fabbrica, ma quando un dialogo si muove sulle motivazioni smetti di ragionare a “fabbrica” e scendo nel dettaglio del caso.
    Ti faccio un esempio, che spero non apra ulteriori fronti, ma che ritengo utile a spiegarmi meglio:
    Quattrocchi fece per me un gesto finale di coraggio, ma raggiunto attraverso motivazioni e un percorso personale ai quali non concedo il mio rispetto, perché in quel caso l’attribuzione del rispetto segue binari diversi.
    Considero alto il gesto in assoluto, non la vita che a quel gesto ha portato nel caso particolare, in sostanza.
    Più chiaro?
    Non collego le due cose, semplicemente.
    Così come non collego, in questo caso, una lettera al gesto che ne è seguito e mi guardo bene dal farlo, visto che facendolo è molto probabile che smetterò di essere in grado di valutarla per quella che è, finendo per forza di cose a vederla per quella che il collegamento tenderà necessariamente a mostrarmi.
    E non lo faccio per non piegarmi io alla dinamica della propaganda, quella stessa che (per restare all’esempio) ha chiuso ogni discussione sul senso dell’uomo Quattrocchi in quanto figura, sigillando il tutto dietro l’impossibilità di criticare il gesto finale in sé.
    E’ un meccanismo sottile, quello che impedisce una critica lucida e un’analisi obbiettiva di un episodio o di un uomo, attraverso il meccanismo (non uso “trucco” perché ne sto facendo un discorso tecnico e non politico, ma il senso è quello) che prende un sentimento riferito a un fatto preciso e lo estende surrettiziamente per utilizzarlo per inquinare (al fine di stoppare) l’analisi sull’intero insieme di fatti che quell’episodio o quell’uomo lo caratterizzano.
    E’ un meccanismo sottile ed è appunto uno degli elementi utili a individuare al volo un meccanismo di propaganda.
    Meccanismo che in sé contiene più mancanza di rispetto verso quei morti di tutti i commenti apparentemente irrispettosi che qui o altrove hanno cercato di non cadere nel trappolino, tutti insieme.
    Chi ha tirato fuori la lettera di Cagliari oggi non l’ha fatto per parlare del sistema carcerario né dei poveracci che lo pagano ogni giorno.
    Chi sta criticando questa cosa sta cercando di farlo nonostante il meccanismo e le difficoltà che questo tipo di discussione sta avendo da enne commenti a questa parte.
    Difficoltà date dal fatto che il solo non far girare tutto intorno al sentimento della lettera (a oggi da nessuno dei sostenitori dimostrato e evidenziato ma dato solo per certo data la tipologia di lettera e purtroppo non a tutti basta, tocca farsene una ragione, senza che questi tutti siano belzebù) qualifica immediatamente chi non si presta al giochino come un forcaiolo giustizialista che non ha nemmeno la decenza di rispettare i morti se sono dalla parte opposta alla sua.
    Questa è propaganda, semplicemente.
    E la propaganda non è né di destra né di sinistra.
    E’ solo una scorciatoia dialettica utile a mettere a tacere l’interlocutore quando nell’impossibilità di farlo attraverso contro argomentazioni strutturate sul concreto, indipendentemente dalla direzione del ragionamento che, essendo personale, ha diritto di legittimità tanto quanto il mio o il tuo.
    Infine, la giustizia non è proletaria.
    La giustizia è giusta, o non lo è.
    Chi stabilisce quando è giusta è il quarto segreto di Fatima.
    Ma di sicuro farlo stabilire a chi ne è vittima nel momento in cui ne è vittima, non è la strada migliore.
    Vivo o morto che sia, fa lo stesso.

  54. t_floyd

    Broono, tutto buono tutto giusto, capisco il tuo punto di vista, ma non è che tu sia un critico letterario, o che davvero importi quanto la lettera sia toccante o meno, altrimenti ci leggeremmo “The letter from a reading goal” di Wilde e buonanotte (e anche lì il fatto che quest’ultima fosse scritta da UN CARCERE è parte integrante dell’opera, così come molti nostri scritti senza il pulsare della vita che comunicano sarebbero nulla – questo per dire il che il suicidio era la firma finale e definitiva della lettera, non una nota a piè di pagina). Ma appunto lasciamo la critica letteraria e entriamo nell’essenza stessa del messaggio. Lì si critica senza alcun fingimento il METODO – disumano aggiungo io – dell’uso della carcerazione preventiva come mezzo per raccogliere (estorcere) prove. Se la leggi bene, Cagliari non scarica possibili responsabilità personali oggettive, ma semplicemente si rifiuta di far parte di un sistema infame per il quale o parli o marcisci in galera fino a che non ti redimi. Ma le basi del diritto hanno ancora casa da noi? Tanto per ricordare siamo il paese che ha dato i natali a Beccaria, gigante del pensiero di ogni tempo. E noi di sinistra non ci battiamo giustamente per l’abolizione dell’ergastolo, il che significa che anche di fronte a sentenze passate in giudicato riteniamo che la pena del carcere sia spropositata rispetto ai fini della re-integrazione delle persone nella società? Cosa facciamo, per contro, aboliamo il carcere a vita per sostituirlo con anni all’olio di ricino di carcerazione preventiva? Non so, mi sembra una tale mostruosità logica che solo i fascisti travestiti da uomini di sinistra alla Di Pietro possono teorizzare. Il fatto è che la nazione che vide Beccaria come baluardo del pensiero universale, oggi si trova con uno (pm?) che sproloquia in parlamento, e la cui consecutio temporum è di gran lunga superiore ai concetti che esprime. Io davvero credo non esista esempio migliore del lungo e inarrestabile declino del nostro paese – assieme a un presidente del consiglio che fa pari e patta. Simul stabunt, simul cadunt, speriamo il più presto possibile, e con i minori danni per la nostra civiltà, giuridica, sociale e culturale.

  55. leorotundo

    @pieros, t_floyd: Sono di sinistra ho apprezzato “Mani pulite” e non mi sento né forcaiolo né fascista, affermare che gli Italiani moderati e di sinistra sono fascisti è un’affermazione incomprensibile. Cosa vuol dire? Non capisco. Forse che Fassino, Veltroni, Bersani sono fascisti? O che sono fascisti quelli che li votano? O quelli che leggono La Repubblica o Il Fatto? Mi trovi allora un aggettivo proporzionato per definire quei tanti di destra che hanno difeso la “macelleria messicana” della scuola Diaz a Genova? Non vi sembra che la state “buttando in caciara”? Dire che Di Pietro è un fascista travestito da uomo di sinistra, è un’altra frase senza senso. Quando mai Di Pietro è stato di sinistra o si è definito tale? E perché anche lui sarebbe un fascista? Ma vogliamo riprendere a ragionare ed a utilizzare le parole con il loro significato? Fate solo discorsi vaghi ed allusivi senza proporre niente e chiamate fascisti quelli che cercano di ragionare e magari confrontano il sistema italiano con quello degli altri paesi occidentali. Non entrate mai nel merito della questione. Nessuno di voi ha risposto all’osservazione di amaryllide, commento n 40. Se siamo il paese di Beccaria completiamo il quadro aggiungendo che siamo anche il paese che dopo ha inventato il Fascismo, la Mafia e la Videocrazia. Mi chiedo come avrebbe reagito Beccaria vedendo saltare in aria i giudici con le auto-bomba.

  56. Lorenzo C.

    Allora, mi sono riletto tutto i commenti. Concordo con Luca Sofri, però …. C’è un però: devo ammettere che ad una prima lettura del post originale, il “montaggio” dello stesso sembrava voler causare una reazione emotiva contro i magistrati piuttosto che voler far partire una riflessione. Tutto qui.

  57. Shylock

    @leorotundo: “Mi chiedo come avrebbe reagito Beccaria vedendo saltare in aria i giudici con le auto-bomba.”
    In casi simili, non era affatto contrario alla pena di morte:
    “La morte di un cittadino non può credersi necessaria che per due motivi. Il primo, quando anche privo di libertà egli abbia ancora tali relazioni e tal potenza che interessi la sicurezza della nazione; quando la sua esistenza possa produrre una rivoluzione pericolosa nella forma di governo stabilita. La morte di qualche cittadino divien dunque necessaria quando la nazione ricupera o perde la sua libertà, o nel tempo dell’anarchia, quando i disordini stessi tengon luogo di leggi; ma durante il tranquillo regno delle leggi, in una forma di governo per la quale i voti della nazione siano riuniti, ben munita al di fuori e al di dentro dalla forza e dalla opinione, forse piú efficace della forza medesima, dove il comando non è che presso il vero sovrano, dove le ricchezze comprano piaceri e non autorità, io non veggo necessità alcuna di distruggere un cittadino, se non quando la di lui morte fosse il vero ed unico freno per distogliere gli altri dal commettere delitti, secondo motivo per cui può credersi giusta e necessaria la pena di morte.”
    E’ che tirare i morti per la giacchetta è comodo, tanto comodo che a volte ci si dimentica persino di leggerli.

  58. Marzio

    Mi auguro che nessuno tra noi abbia mai la “ventura” di entrare in un processo penale. Lungo, lunghissimo e privo di certezze.
    Qualche anno fa, in un colloquio informale, uno tra i GIP di un importante tribunale del Nord Est d’Italia mi diceva che “prevedere l’esito di un processo è un po’ come prevedere il tempo”. Solo che non si discute di pioggia, ma di vita vera delle persone. Che viene scarnificata dal semplice trascorrere del tempo dentro ad un processo.
    Colpevole o innocente non importa.
    Un processo che dura decenni nei tre gradi di giudizio, ti uccide dentro, anche se sei innocente. Soprattutto se sei innocente.

    La carcerazione preventiva, dove non sia realmente giustificata (reati di sangue, stupro, violenza sulla persona, ecc.) non è civile. Mettere in cella una persona (potente o non potente) per estorcere una confessione è tortura. Una tortura moderna.
    E permettere che una persona, non ancora giudicata colpevole, si uccida in carcere è semplicemente “non umano”. E’ barbaro.

    Eppoi vogliamo metterci in testa che la perdita del proprio status sociale per alcuni, può essere equivalente ad una morte civile? Questo a prescindere dal conto in banca che si possiede. E’ la moderna sociologia che spiega, non io. http://en.wikipedia.org/wiki/Abraham_Maslow

    I giudici ed i magistrati facciano il loro lavoro. Ma come in ogni professione intellettuale, siano responsabili delle scelte sbagliate. Un ingegnere o un medico che sbaglia, paga sulla propria pelle. Un magistrato, di fatto, no. Mai.

    Ciao

    Marzio

  59. Marzio

    Mi auguro che nessuno tra noi abbia mai la “ventura” di entrare in un processo penale. Lungo, lunghissimo e privo di certezze.
    Qualche anno fa, in un colloquio informale, uno tra i GIP di un importante tribunale del Nord Est d’Italia mi diceva che “prevedere l’esito di un processo è un po’ come prevedere il tempo”. Solo che non si discute di pioggia, ma di vita vera delle persone. Che viene scarnificata dal semplice trascorrere del tempo dentro ad un processo.
    Colpevole o innocente non importa.
    Un processo che dura decenni nei tre gradi di giudizio, ti uccide dentro, anche se sei innocente. Soprattutto se sei innocente.

    La carcerazione preventiva, dove non sia realmente giustificata (reati di sangue, stupro, violenza sulla persona, ecc.) non è civile. Mettere in cella una persona (potente o non potente) per estorcere una confessione è tortura. Una tortura moderna.
    E permettere che una persona, non ancora giudicata colpevole, si uccida in carcere è semplicemente “non umano”. E’ barbaro.

    Eppoi vogliamo metterci in testa che la perdita del proprio status sociale per alcuni, può essere equivalente ad una morte civile? Questo a prescindere dal conto in banca che si possiede. E’ la moderna sociologia che spiega, non io. Basta leggere Maslow, Mc Gregor e molti altri per comprenderlo.

    I giudici ed i magistrati facciano il loro lavoro. Ma come in ogni professione intellettuale, siano responsabili delle scelte sbagliate. Un ingegnere o un medico che sbaglia, paga sulla propria pelle. Un magistrato, di fatto, no. Mai.

    Ciao

    Marzio

  60. enrigo

    Marzio, qui non c’è un magistrato che ha sbagliato nelle proprie scelte, e il fatto che ci siano state ben 6 commissioni per giudicarlo dimostra che in realtà la possibilità che paghino le proprie decisione c’è, eccome. Il CSM commina decine di punizioni all’anno, quindi la responsabilità dei giudici per i propri errori esiste, anche di fatto. Però non si può assolutamente mai pretendere che un giudice o un pm debba essere responsabile per un’indagine, un’accusa o una sentenza, se motivata. Se un pm accusa qualcuno e quello poi invece viene assolto si pretenderà mica che il pm paghi per aver osato accusarlo? Altrimenti nessun pm oserà mai più accusare nessuno, specie potente e con bravi avvocati. Altrettanto d’altra parte il medico che sbaglia non paga affatto, e direi giustamente, a meno che non ci sia palese dolo o patente trascuratezza. Piano a fornire ai vari imputati della classe politica strumenti per bloccare, intimidire, infastidire coloro che sono incaricati di indagare su di loro o di giudicarli.
    La carcerazione preventiva ha delle giustificazioni ragionevolissime, è artificio retorico sostenere che abbia l’unico obiettivo di “far confessare” l’accusato! Se questo comporta umiliazione e morte civile non possiamo farci molto. La giustizia procede così, c’è un’accusa, una difesa, un processo e poi si vedrà. Sostenere che anche solo il fatto di essere accusati ti distrugge è assurdo; che dovrebbe fare la macchina della giustizia, allora? Non rendere mai manifesta l’accusa? Magari fare anche il processo a porte chiuse, zitti zitti? Dove avviene, in quale parte del civile mondo? Coloro che, innocenti, sono sotto processo sono persone sfortunate, ma hanno anche tantissimissime garanzie, nel nostro ordinamento.
    Il caso particolare di Cagliari non va strumentalizzato. Ha scelto di suicidarsi, ha praticamente ammesso le sue responsabilità, rimaneva in carcerazione preventiva perché non collaborava e rischiava ancora di inquinare le prove, non era torturato, aveva fior di avvocati a sua garanzia. Ripeto, la scelta del suicidio è una sua scelta personale, rispettiamola, impietosiamoci, ma non traiamone conseguenze sul sistema sull’onda emotiva.

  61. Marzio

    Quindi il “senno del poi” vale solo per chi è accusato dalla pubblica accusa e non per la pubblica accusa stessa, giusto?
    Mi rendo conto che la discussione sta tracimando rispetto agli obbietti originali tuttavia…
    Tuttavia chiederei che il concetto di COLPA (=imprudenza, negligenza ed imperizia) valga anche per la magistratura e la pubblica accusa.
    Non mi nasconderei poi dietro alle “diecine” di punizioni. Di che entità sono? Cosa causano?

    Io, ingegnere, se sbaglio perdo l’appartamento, i clienti e i pochi soldini in banca.

    Io vorrei vivere in un paese nel quale a pari reato corrisponda pari sanzione (non è così) ed nel quale un processo possieda una durata compatibile con la lunghezza della vita umana.

    Ma comprendo che per almeno uno dei due aspetti, non dipende dalla magistratura ma dalla pessima classe dirigente che da 20 anni ci governa.

    Ecco riaffiorare il qualunquismo. Lo so.

    Ciao

    Marzio

  62. enrigo

    Come scrivevo, non confondiamo l’imperizia, la negligenza con una sconfitta nel processo. Se Mannino dopo decenni viene prosciolto, non significa che le accuse contro di lui fossero assurde, pretestuose o inventate. C’erano tanti elementi di colpevolezza, non si è trovata la prova definitiva, la “merce di scambio”, indi alla fine non è stato condannato. Ma in un processo avviene appunto questo, si valutano, si pesano le prove, per giungere ad una sentenza. C’è chi vince e c’è chi perde, ma se dovessimo ogni volta punire o il pm o l’avvocato difensore saremmo al Colosseo coi gladiatori.
    Le sanzioni del CSM comportano perdita di carriera, spostamenti e talvolta sospensioni. In casi poi in cui un pm o un giudice commette reato è un cittadino come gli altri e subirà un processo. Non mi pare molto dissimile dalla sua situazione di ingegnere.
    Ciò detto anche io sogno una vera riforma della giustizia in Italia, e credo che moltissimi disegni di legge ragionevoli siano negli anni stati presentati in parlamento. Stranamente invece alla classe politica interessano soprattutto quelle riforme che tendano ad assoggettare i magistrati ai politici, ne disinneschino l’efficacia investigativa, rendano intricato e opinabile al massimo il codice, riducano i tempi della prescrizione (quindi processi brevi, ma senza sentenza). Questo perché c’è un conflitto di interessi, dal momento che la Magistratura è l’unico potere che sfugga al controllo della politica, almeno in parte. Infatti i magistrati politicizzati tanto sbandierati da Berlusconi ci sono eccome, ma non sono i pm indagatori, bensì quei giudici che prosperano come consulenti, in commissioni, nominati in vari organi, a rimorchio dei partiti e della politica.
    Vero, ormai siamo OT…

  63. Massimo

    “Le sanzioni del CSM comportano perdita di carriera, spostamenti e talvolta sospensioni.”

    Meno male che c’è sempre qualcuno che mi mette allegria, che mi fa ridere di gusto.

  64. enrigo

    Uff, vedo che il mio post è in attesa di moderazione, per via probabilmente del link. Riposto senza link:
    Argomentatore Massimo, lei ci fornisce dati che smentiscono la mia affermazione? Dati precisi, e non articoli di costume de Il Giornale…

  65. Massimo

    Non c’è bisogno di scomodare il meteorologo per vedere che piove. Sostenere che il CSM sanzioni i magistrati è una semplice offesa al buon senso e alla storia di questo Paese. Solo Palamara, o chi per lui, ha la faccia tosta di sostenerlo. E visto che ci sono, glielo dico chiaramente, e se lei è un “operatore” del comparto giustizia, tanto meglio. Il potere giudiziario in Italia non è la soluzione, ma uno dei problemi più gravi del Paese, il motivo per cui siamo ultimi nelle classifiche dei paesi industrializzati per certezza del diritto, e quindi civiltà. Con la scusa che qualunque critica può essere additata come attacco alla indipendenza dal potere politico, la giustizia è a livello di Terzo Mondo, lo è nei tempi e nei modi, nella sua tronfia autorefenzialità e nella impossibilità di qualsiasi riforma, sia dall’interno che dall’esterno. E Il Giornale lo leggerà sua sorella.

  66. enrigo

    Le riforme per velocizzare e razionalizzare la magistratura sono state proposte numerose volte, spesso col contributo dei magistrati. Funzionerebbero, forse, o forse no, come tutte le riforme. Ma chi porta avanti le riforme sono i parlamentari, che hanno ben altri obiettivi che rendere la giustizia efficiente e veloce. Questi sono fatti incontrovertibili. Lei non leggerà il Giornale, ma dovrebbe farlo, ragiona esattamente come i suoi lettori. Ed è qualunquista e disinformato, visto che la situazione complessa della giustizia italiana non si giudica a occhio, così, sulla base delle impressioni (che sono SEMPRE mediate dalle opinioni dei giornali o dei politici). Si informi sulle statistiche, senza bisogno di scomodare Palamara, che avrà probabilmente altrettanto interesse a non raccontare la verità della controparte. Così ci si forma un’opinione, non a naso.
    Le lacune della giustizia sono tutte emendabili con riforme, con spinte gentili, con modifiche dei meccanismi. Abbiamo in Italia milioni di cause, con almeno una delle parti che ha tutto l’interesse a tirarle per le lunghe, a appellarsi e controappellarsi, e questo vale per il penale e per il civile. Così si torna alla legge del più forte, che è l’opposto del diritto. Secondo lei è per volontà dei magistrati che avviene questo? Le riforme proposte dal potere politico sono effettivamente un attacco costante all’indipendenza della magistratura, e non tendono mai alla razionalizzazione della stessa. Non mi pare che il problema in Italia sia l’eccessiva indipendenza della magistratura, almeno non è un problema per il cittadino comune. Io ho sentito magistrati seri come Davigo proporre una serie di norme che invece renderebbero la giustizia molto più efficiente. Come mai sono ignorate? Perché non solo non interessa farlo, ma al contrario c’è proprio l’obiettivo opposto, a tutto vantaggio del privilegiato, del potente, del prepotente.

  67. leorotundo

    Certo noi Italiani dobbiamo sembrare molto strani all’estero, il problema della giustizia in sè è di una semplicità disarmante. Qual è il modello di convivenza civile che si propone? Quello basato sul rispetto delle regole? Ed allora o si adotta il sistema di premi e punizioni che ha creato le grandi democrazie occidentali oppure si dice con coraggio che si è alla ricerca dell’Isola Che Ancora Non C’è. Chiunque metta il naso fuori dall’Italia si accorge come sia diverso il concetto di rispetto delle regole in Francia, Germania, Regno Unito, USA e come siano molto più severe le pene e come sia più facile andare in carcere. I risultati si vedono ad occhio nudo basta passeggiare in una città italiana ed in una tedesca o francese per capire cosa sia la civiltà. Gli italiani non sono consapevoli di quanto sia vecchio, arretrato ed incivile il proprio paese soprattutto nel costume politico ed economico e di quanto sia anomalo il peso della malavita organizzata. In Germania ed in Francia le imprese continuano ad investire e non se ne vanno all’estero nonostante i costi della mano d’opera. Chiediamoci perché. Sentir dire da una persona di sinistra che questo è ragionare da fascisti è deprimente e ridicolo, questo è il linguaggio dell’Autonomia Operaia degli anni 70 fatto proprio dalla pseudo-destra berlusconiana. I colletti bianchi hanno responsabilità ancora più pesanti dei delinquenti comuni perché è ovvio che non agiscono per bisogno ma per allargare il proprio potere, in USA si beccano pene pesantissime per gli stessi reati e le strategie per convincerli a collaborare ed a dichiararsi colpevoli non sono basate su zuccherini. Se si ritiene che per loro la perdita dello status sociale equivale alla morte che bisognerebbe fare? Vietare di indagare sui colletti bianchi?

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