La Rai e la nuova identità italiana

Il video dei concorrenti a un quiz Rai che non hanno la minima idea – nessuno di loro – di quando collocare temporalmente Hitler e Mussolini è deprimente e insieme rischia di diventare solo un’occasione di ridere di quei quattro disgraziati o commentare “signora mia”. Due giorni fa Gian Antonio Stella ci ha aggiunto una critica al nostro sistema scolastico, del cui fallimento quel video sarebbe una dimostrazione. Può darsi sia vero, anche se la scuola resta ancora l’unico posto dove si può star certi che tutti abbiano avuto l’occasione di ascoltare il nome di Mussolini associato all’anno 1922: dopo, chissà.

E appunto, suggerirei a tutti di prendersi delle responsabilità di quel video: a genitori e prossimi di quelle persone che evidentemente non hanno mai trasmesso loro o condiviso il minimo di conoscenza del mondo (va bene parlare di Masterchef, soprattutto, ma proprio proprio sempre e soltanto di Masterchef?), alla comunicazione pubblica di ogni genere, e ai giornali e ai media che imbottiscono le pagine della cultura di lenzuolate su Benedetto Croce (per carità, preziose…) e non sono evidentemente in grado di far arrivare agli italiani nemmeno un’idea di quando sia vissuto Hitler.

Ma più ancora, di quel video dovrebbero – credo – smettere di sorridere gli amministratori della Rai, i suoi dirigenti e chi fa i palinsesti. Quel video racconta il fallimento del servizio pubblico: che nessuno pensa possa ancora essere quello del maestro Manzi, ma nemmeno capovolgersi nel suo contrario. Da luogo di diffusione di standard minimi di cultura e conoscenza della lingua, la Rai è diventata così il luogo di svelamento dell’ignoranza. Che questo sia intimamente legato alla mediocrità dell’offerta linguistica – avete presente che italiano parlano molti giornalisti e conduttori Rai? – e didattica, è facile dirlo e lo si è detto molto. Ora però la Rai è diventata non solo veicolo di ignoranza, ma autogogna dell’ignoranza italiana, rivelatrice.
Servizio pubblico, in effetti, e unificatrice dell’ identità nazionale. Ma ci si riferiva a un’altra cosa, quando lo si diceva.

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21 commenti su “La Rai e la nuova identità italiana

  1. minimAL

    Considerato che sono uno dei diecimila-e-rotti diretti interessati, non dovrei commentare; oltretutto, anche e solo nel mio essere “dipendente” della Rai, presto il fianco a mille insulti/contestazioni.
    Però mi fa specie che proprio tu ti permetta di dare lezioni sia culturali che di itaGliano: in radio parlavi male – molto male – con una pessima dizione, pause disastrose e tempi narrativi da penna blu; sul tuo itaGliano, poi, è meglio sorvolare.
    In più, il sistema che ha sempre più mortificato la Rai (azienda comunque straordinaria e dalle incredibili potenzialità) appartiene anche a te, volente o nolente: anche tu ne fai parte, e ne hai tratto beneficio, soprattutto a livello professionale.
    Non voglio buttarla in caciara, anzi: però la carneficina ha molti responsabili, e non per forza assimilabili alla “Rai” come entità astratta.
    Entità astratta che, dopo questo ennesimo brutto episodio, hai cordialmente invitato tramite Twitter a buttarsi giù dal balcone. I paradossi vanno bene in contesti appropriati: di questi tempi, considerato quanto e come veniamo costantemente insultati e minacciati, è sempre meglio attenersi a un minimo di decoro.
    Buon Natale, Luca, che sei un grande uomo solo in questa Italia di piccole persone
    Alessandro

  2. Giordano

    Il rischio accessorio e ulteriore è poi la spaccatura che si crea tra le persone e le conseguenti diverse visioni del mondo.
    Quando io guardo al mondo sono inevitabilmente portato a dare per scontate certe cose e a dare per scontato che siano ovvie per tutti. Invece così non è e la diversa visione del mondo che scaturisce dal guardarlo con occhi diversi, da basi diverse, crea una frattura difficile da ricomporre.
    Non sto parlando delle leggi della termodinamica ma, per esempio, del saper associare Hitler e Mussolini ad un certo periodo storico.
    Per contro, mi chiedo, se uno non sa fare questa banale associazione posso sperare che abbia capito e interiorizzato il significato delle parole fascismo, nazismo, etc.?

    Non sarà che l’incomunicabilità che inevitabilmente si crea fra i vari sia proprio dovuta al linguaggio, creando una sorta di società di separati in casa?
    Quando uno si definisce fascista con orgoglio mi fa orrore, perchè per me fascista è una parola con un significato storico preciso. A questo punto, però, posso anche dubitare che per lui quella parola abbia lo stesso significato. Probabilmente la usa a vanvera, senza saperne il significato.

    Sulla Rai il discorso è vecchio e più volte affrontato. La sostituzione, negli anni, nei palinsesti di Quark e Piero Angela con Giacobbo (direttore di rete!) e Voyager la dice lunga sulle aspirazioni e sulle vedute a lungo termine di queste reti.
    Maestroyoda

  3. maragines

    Grazie, mi piace molto quello che hai scritto.
    E tra l’altro non essendo un utente della televisione non avrei probabilmente mai saputo ‘sta cosa.
    **
    Sono stato uno studente della scuola italiana e devo dire che già alla scuola media credo che tutti i miei compagni di classe, anche quelli meno inclini allo studio, non avessero molti problemi a sbagliare la collocazione temporale di Hitler e Mussolini. In effetti alla scuola dell’obbligo abbiamo studiato storia in modo abbastanza diligente da sapere che nel 1964 o nel 1979 sia l’austriaco dittatore che l’altro erano entrambi seppelliti da un poco.
    ****
    E in effetti credo che questi sciocchini non siano la media italiana… La domanda è giusta: perché la Rai si prende cura di rappresentarli con tanta amorevole sollecitudine?

  4. Frankie89

    Ma solo io penso che questo video virale sia stato una trovata di marketing per dire agli utenti dei social network “Ehi, guardate che cose trash avvengono a L’Eredità! Sintonizzatevi la prossima volta che va in onda così ne vedrete di altrettanto belle”… Voglio dire si tratta pur sempre di uno show registrato in cui i concorrenti vengono selezionati tramite provini: non posso credere che non abbiano deliberatamente scelto della gente ignorante o degli attori che si sono finti ignoranti.

  5. maragines

    Frankie89, ben pensato.
    Ma anche in questo caso il discorso ha un senso. Persino uno maggiore, eventualmente…

  6. Robdale

    Questa volta non ti seguo, Sofri. Una cosa è sottolineare la fase decadente della televisione italiana in questi ultimi anni – e in particolare della Rai – che non è riuscita a mantenere uno standard di programmi decente, seguendo Mediaset in un gioco al ribasso. Un altro è ritenere la Rai responsabile del fatto che ci sono dei “ciucci” in giro. Anzi, io trovo che invece il livello di cultura generale degli italiani sia molto alto. Il problema, se c’è un problema, è che c’è troppa nozione e poca pratica. E se poi queste nozioni si perdono perché uno guarda troppo Masterchef (seguo il tuo esempio), mi frega fino ad un certo punto. Anzi, meglio. Magari diventerà un bravo/a cuoco/a! Anche nella cucina c’è molta didattica, e c’è molto poesia.
    E non capisco neanche questa tuo conservatorismo lessicale/grammaticale. Io non trovo i giornalisti televisivi offensivamente sgrammaticati (non è che te ne sei un po’ pentito dopo averlo scritto?). E non ho mai pensato che quando facevi Condor fossi sgrammaticato. Pensavo al contenuto. Che era presentato bene (come la forma). Parlavi di cose che non si sentivano su altre radio. E mi divertivo.

    Per me la lingua è una struttura flessibile, in continua evoluzione. Sarà perché sono “ciuccio” anch’io, ma nella sintassi, nelle regole della grammatica italiana, c’ho sempre trovato qualcosa di illogico. Provate a guardare le regole dell’italiano con gli occhi di un inglese, ad esempio, e ve ne accorgerete.

  7. sgallo

    Ma alla RAI si può imputare di tutto tranne di non aver raccontato la storia di fascismo e nazismo! Ma sono solo io ad aver visto centinaia di puntate di “La storia siamo noi”, “La grande storia”, etc. ? E più della metà dedicate proprio a quel periodo storico? Se poi l’abbonato gira canale, beh bisogna interrogarsi, ma certo l’opportunità l’ha avuta

  8. majortom

    Spero che Minoli non legga mai questo post, altrimenti ci ripropinerà centinaia di puntate sugli ultimi giorni di Hitler! Ricordiamo che la Rai è anche quell’azienda che trasmette Rai 5, Rai Storia, Rai Scuola. Ma com’è che gli italiani non si sforzano di andare oltre il settimo canale? Sarà che in realtà la maggior parte dei telespettatori sono anziani…Secondo me non si può svolgere alcuna riflessione a partire da questo video

  9. Steve Romano

    Quanto all’offerta culturale della Rai: un paio di sere fa, verso mezzanotte, ho visto alla tv un programma di un’ora, della Rai, in cui Renzo Arbore, con perfetta serietà, spiegava che il jazz è stato inventato dagli italiani, più precisamente dai siciliani emigrati a New Orleans.

    È vero, non invento niente.

  10. AndreaQ

    Steve Romano: Arbore credo faccia riferimento a Nick La Rocca, che si autodefiniva “il creatore del jazz”. Arbore dovrebbe precisare che il jazz di La Rocca non è “tutto il jazz”, ma quello “bianco” (La Rocca fu l’ispiratore di Bix Beiderbecke, ad esempio), se mai la distinzione ha un senso.

  11. palm_1975

    Mi permetto di aumentare la dose alle critiche e alla responsabilità diretta di chi ha in mano il potere di decidere cosa mandare in onda, dare un indirizzo, proporre cose. E lo dico da strenuo difensore dell’azienda Rai ma di quella Rai coraggiosa, didattica, inimitabile (da altre tv che di scadenti scalette c’hanno tirato su un impero) di altri canali che non siano Rai1 e Rai2 (e un poco anche Rai3). Per non parlare poi di RadioRai – Radio3 in cima – che dovremmo ascoltare un po’ tutti come antidoto ad un diffuso messaggio di volgarità.
    In tutto questo non mi scandalizza affatto certa ignoranza ma che su questo spaccato sociale ci si costruiscano carriere e personaggi e ovviamente palinsesti. Volontariamente.

  12. Pingback: alcuni aneddoti dal futuro degli altri | 20.12.13 | alcuni aneddoti dal mio futuro

  13. zagor

    Della rai si può criticare tutto tranne l’uso didattico della storia contemporanea. Esiste un ottimo programma storico tutti i giorni alle 13 su rai tre, esistono ottimi programmi di approfondimento come la “Storia siamo noi” (ma anche “Blu notte”) capaci di parlare di storia con mezzi moderni senza essere banali, esistono i grandi documentari in prima serata, esiste un buon canale tematico dedicato alla storia. A ben vedere, anche inserire domande di storia nei quiz pre serali aiuta.
    Si può fare sempre di meglio ma, per quanto riguarda la storia contemporanea, dobbiamo ringraziare la rai per il lavoro che svolge.

  14. LucaGGi

    Non ci vedo nessun fallimento. A parte che la Rai non è più la fotografia dell’Italia in toto (giovani e meno giovani li intercetti di più sui social network, ma nemmeno del tutto). É cambiato il ruolo della tv. E che un quiz parli per qualche secondo di grande storia… Cosa sarà mai?
    Vogliamo parlare dei problemi della scuola o degli italiani? Troviamo altri agganci, credo.

  15. Luca

    Rispondo a una cosa che vedo apparire in diversi commenti: io non credo naturalmente che si insegnino le cose agli italiani ignoranti mettendo in qualche angolo del palinsesto “La storia siamo noi” o qualunque altro benintenzionato e ben fatto programma di storia. Non è della scelta marginale dei contenuti che parlavo, ma della capacità di parlare agli italiani, di far loro capire le priorità, di trasmettere dei modelli in cui la conoscenza del mondo e la comprensione delle cose siano importanti almeno quanto i servizi al tg sui concorsi di bellezza per cani o le liti tra figuranti da circo nei programmi del pomeriggio. È una questione di progetto, di approccio, di senso di quello che fai, di ambizioni che ti scegli, di prendersi delle responsabilità. Non di foglie di fico che nessuno di quei concorrenti guarderà mai, perché li abbiamo educati a non guardarle.

  16. Robdale

    @Luca
    Penso di aver compreso il senso del post. E mi trovo con le tue conclusioni. La Rai deve aiutare le persone a formarsi delle opinioni, a maturare, a capire meglio il mondo, a “trasmettere modelli di conoscenza… far capire le priorità”. Dove non mi trovo è… Insomma, per me non ha fallito perché ci sono dei somari nei quiz, o perché ci sono troppi programmi tipi Masterchef, o ancora perché signoramia non ci sono più i giornalisti di una volta. Ha fallito perché segue i numeri dell’Auditel, perché non riesce a smarcarsi dalla politica, perché anche lì c’è molta corruzione, perché non ha una struttura agile, perché fanno carriera prevalentemente i funzionari servili – quelli che pensano a fare politica piuttosto che dei buoni programmi. E sinceramente credo che potrei continuare con una lista di cose negative per una buona mezzora. Questo per dire che, se io dovessi criticare la Rai, partirei da qui.

  17. pifo

    Lo shock procurato dal video é abbastanza forte ma io non lo utilizzerei per trarre nessuna conclusione o per richiamare alle proprie responsabilitá nessuno. Quella proposta e rappresentata dalla TV non é mai (per scelta o per necessitá) la realtá fattuale delle cose e quei poveri 4 disgraziati non rappresentano proprio nulla, forse neanche il vero stato della loro apparente ignoranza.
    Sicuramente essi non rappresentano la capacitá di penetrazione “educativa” dei nostri media.
    Utilizzare una scena televisiva di un quiz per fare statistica, antropologia culturale o portare una critica alla qualitá del servizio televisivo pubblico con il concetto che esso sia correponsabile del bassissimo livello culturale dei concorrenti che “mette in onda” é assai meno che “sbagliato”, é una vera e propria “staminata” in stile Gramellini.

  18. odus

    “Ora però la Rai è diventata non solo veicolo di ignoranza, ma autogogna dell’ignoranza italiana, rivelatrice.
    Servizio pubblico, in effetti, e unificatrice dell’ identità nazionale. Ma ci si riferiva a un’altra cosa, quando lo si diceva.”

    A quale altra cosa, di grazia, ci si riferiva? E si può sapere, gentilmente, chi si riferiva a quell’altra cosa che non è specificato cosa sia, come è normale per un giornalista italiano? Ma qualunque sia quell’altra cosa e chiunque sia stato colui che a quella cosa misteriosa si riferiva, visti gli esiti pratici di quel riferimento, si può concludere che chi vi si riferiva altro non era che un asino visionario e quell’altra cosa misteriosa una semplice illusione?
    Perché non riconoscere semplicemente che il “servizio pubblico” è, come la Corazzata Potomkin o come cavolo si chiama una ca ata pazzesca mal riuscita e costosissima?
    E ancora più semplicemente riconoscere che la cultura e la conoscenza, anche di cose che chi le conosce reputa fondamentalmente banali ed ovvie, non è di tutti e per tutti, ad onta della scuola dell’obbligo e della “mamma” Rai?
    Io sono ignorantissimo di sport e smartphone.

  19. Amevintosh

    Povero Benedetto Croce, cosa ti ha fatto? E’ grazie a prof. storicisti, chiusi e rigidi che nella vita sanno tutto, ma proprio tutto, di Benedetto Croce che oggi ho una coscienza storica.

  20. minimAL

    Quanta malafede, Luca, nel tuo ulteriore appunto.
    Dico: stai cercando un nuovo contratto? Tranquillo, con l’arrivo di Renzi, ci sarà posto per i suoi…
    Al di là di questa mia (voluta) acidità, o fai il giornalista o sbatti i piedini; ma non puoi lavorare contemporaneamente su entrambi i fronti.
    Ti lamenti che non c’è un progetto qui in Rai? E su quali basi? Lo dici come spettatore? Bene, allora la stai buttando sul qualunquismo. Lo dici come giornalista? E allora documentati, perché non è così.
    I progetti ci sono, e tanti pure. Ma lo sai come si spengono. E non ho messo il punto interrogativo, perché dovresti saperlo come si spengono i progetti, sia in Rai che in buona parte del panorama culturale italiano.
    Si spengono perché se hai un’idea e non “appartieni”, non vai da nessuna parte. Poche chiacchiere: la sacra corona unita dei salotti arroganti impedisce di fatto la novità, l’entusiasmo, le idee… a meno che non passino per le forche caudine dei soliti noti che devono far lavorare gente propria o dei proprio affiliati. E non parlo dei raccomandati politici di oggi. Parlo di un sistema collaudato e condiviso, portato avanti anche e soprattutto dalla sinistra, e da moltissimo tempo. Altroché. E chi scrive è di sinistra.
    Se vuoi fare veramente il giornalista, forse avresti il coraggio di raccontare cosa ha veramente fatto uno come Aldo Grasso, o i retroscena de La Storia siamo noi, o tante altre mille cose. Ma non puoi (o non vuoi, ma non posso dirlo), perché questo è un sistema chiuso e strettissimo in cui anche tu ci entri a pennello, volente o nolente.
    L’ignoranza di quegli spettatori è solo un corollario di un sistema fermo (e non “marcio”, come istintivamente stavo per scrivere), in cui o ti adegui o sei fuori.
    E ti posso assicurare che in quel “fuori” di progetti e di intenzioni ce ne sono, e in quantità industriale.
    AriBuon Natale,
    Alessandro

  21. marcozanotti.fe

    @ Luca
    Esiste una nazione in cui il servizio televisivo pubblico oggi funziona come tu auspichi e che si può studiare come esempio?
    @ Odus
    Mi permetto di aggiungere: [“la cultura (…) non è di tutti e per tutti”] + [la cultura è per chi la cerca, ed è una buona cosa renderla facilmente accessibile].
    In “Fantozzi” la «ca ata pazzesca» è la “Corazzata Kotionkin”: battuta epocale e meritata, nel contesto. Il film di Ejzenštejn è la “Corazzata Potjomkin” (1925) ed è molto molto propagandistico ma visivamente molto molto bello. Se ti piace il cinema guardalo comunque.

    Avete pensato che forse chi veramente non sa collocare Hitler nel tempo ma guarda L’Eredità ora magari l’ha imparato? Non che adesso sappia meglio chi fosse: però, piuttosto che niente…
    Oggi, 2013, con Internet che ha trent’anni come me, dalla televisione non mi aspetto nulla di straordinario. Perché è normale che sia così, perché ben venga la qualità ma la televisione è un sistema centralizzato in cui lo spettatore subisce il palinsesto.
    Per quanto concordi con l’idea di Luca Sofri di “modelli in cui la conoscenza del mondo e la comprensione delle cose siano importanti almeno quanto i servizi al tg sui concorsi di bellezza per cani”, la televisione in genere e quella del servizio pubblico in particolare non sono una flebo di cibo predigerito.

    Allora la domanda: »chi ti insegna a scegliere?«

    Teniamo poi sempre conto della massima «La conoscenza è potere. Nascondila bene.» È sempre un encomiabile sforzo di volontà quando la cultura viene divulgata. Per cui più che aspirare al paternalismo televisivo statale, desidero l’accumulo di voci immagini parole. Chi ha da dire, dica. E si faccia sentire con i mezzi che ha.

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