Sono le religioni a dover rispettare noi

Il mio cedimento culturale, mi domando, è che non scrivo queste cose che dice Filippo Facci, pur pensandole ogni volta che si parla di islam, terrorismo e “rispetto”? Che non le scrivo per le ragioni che dice Filippo Facci?

In premessa, dunque, considero questo il primo cedimento culturale, ma sul quale non voglio cedere: io voglio poter dire che (anche) la religione islamica non mi piace, non mi piace per niente, anzi, la giudico incivile anche quando moderata e più che mai slegata a qualsiasi remotissima ombra di terrorismo. È un’opinione: poi non leggetemi, non pubblicatemi, non so. Ma so che il modus islamico non piace a moltissimi di noi che pure lo rispettano perché sono – siamo – democratici, come l’islamismo di sua natura non è.
Tutto il resto viene dopo, e non m’importa nulla se gli islamici usano importare in Occidente anche un tasso di permalosità sconosciuto alla nostra cultura: si adeguino oppure si adeguino. Non voglio leggere che una gita scolastica è stata annullata perché prevedeva la visita a un Cristo dipinto da Chagall: voglio che gli insegnanti responsabili vengano sanzionati, o, addirittura, come ha scritto Claudio Magris sempre sul Corriere, licenziati. Non voglio che la scuola pubblica elimini dai testi scolastici le parole «maiale» e «carne di maiale» (più tutti i derivati) per non offendere musulmani ed ebrei: perché il mio Paese non è musulmano, non è ebreo, non è neppure propriamente cristiano: è laico, Costituzione alla mano, e i credo religiosi sono affari privati, dovrebbero esserlo. Non voglio leggere che dei capi di Stato – francesi, italiani, europei – eliminano il vino da tavola nei convivi diplomatici: il vino basta non berlo, mentre, se sono nel mio Paese, voglio poterlo bere anziché accondiscendere al galateo di teocrazie dove le condanne e violazioni dei diritti umani sono la norma: so bene che è un fatto di educazione, ma i compromessi cominciano dal vino, e io di compromessi, con chi impicca le adultere e i dissenzienti, vorrei non farne troppi. Non voglio leggere che il nuovo direttore di Charlie Hebdo ha annunciato che non pubblicherà più vignette su Maometto. Non voglio dover stare attento a come parlo più di quanto farei con un altro cittadino del mio Paese. Non voglio rinunciare a circolare in certe zone milanesi dove la gente prega per strada, e dove ogni tanto riecheggia il muezzin: esattamente come voglio poter dire e scrivere – così è – che non gradisco il giubileo papale soprattutto se è anche a spese mie.

p.s. a scanso di perdite di tempo: penso queste cose, non altre contenute nell’articolo (per esempio il titolo di Libero non è un problema perché insulta i musulmani, è un problema perché insulta qualcuno: ed è un alibi vittimista raccontarsi che è il politicamente corretto a reprimerlo, mentre è la civile convivenza tra umani, quella che non ci farebbe mai titolare “bastardi di Libero”).

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21 commenti su “Sono le religioni a dover rispettare noi

  1. Lomion

    Non vorrei nemmeno vedere simboli religiosi esposti negli uffici pubblici di un paese laico, ma perche` questo non si cita mai?

  2. Michele Luzzatto

    So di scivolare nell’OT, ma il ragionamento parte bene (voglio poter dire liberamente che astenersi dal mangiare la carne è sbagliato) e arriva male (se invito a cena un vegetariano voglio servirgli una bistecca perchè sono a casa mia). Ecco, se invito a cena un vegetariano e gli servo una bistecca sono semplicemente maleducato, e se l’invito era per una cena d’affari sono pure fesso. Inoltre, anche a trascurare la bufala delle gita scolastica, mi sa che pure l’argomento del maiale è uno straw man. Il discorso è trito, ma non è che la difesa dei diritti di libertà (irrinunciabili!!!!) significa liberi tutti.

  3. gorni

    In questi gironi sono tutti in cerca di una soluzione, e invece è tutto così semplice: basta sfanculare la religione degli altri e tutto va a posto. Così sì che torniamo ad essere davvero moderni. Quindi sono tutti dei cretinetti, e noi possiamo guardarli dall’alto verso il basso grazie alla nostra superiorità morale o, come si dice in questi giorni sul Post, grazie ad un “sano classismo culturale”. Vai così che possiamo divertirci: mussulmani, cattolici, luterani, ebrei, induisti, buddisti… ne abbiamo di gente da sfanculare. E i sikh? Quelli sono sufficientemente ridicoli per la nostra morale?
    Ma vi rendete conto che se prendiamo questa strada non sappiamo dove andremo a finire?

    @Michelangelo: a te basta una letterina scritta da un dirigente scolastico per essere così certo che tutto sia una bufala? Cosa ti aspettavi dal dirigente, che sputtanasse il suo istituto? Il finale della lettera, con tutta la bella retorica sulla grande tradizione di tolleranza e rispetto dell’istituto, non ti pare un po’ pelosa, quasi una excusatio non petita?

  4. Luca Sofri

    Il fatto è che io non ho invitato a cena un vegetariano, né lui me. Stiamo mangiando nello stesso ristorante, e io voglio poter mangiare la bistecca o qualunque altra cosa, come lo voglio per lui.
    La libertà ha criteri condivisi e comuni, non personali.

  5. fp57

    1. Sarebbe importante un chiarimento su “cedimento culturale”. Altrimenti interpreto come “intolleranza”

    2. quanto il rispetto “perchè noi siamo democratici” assomiglia all’ipocrisia?
    Loro permalosi, noi ipocriti.

    3. Io credo che siamo in pieno “conflitto di civiltà”, che l’interculturalità non esista e che stiamo sperimentando, da entrambe le parti, la nostra parte peggiore.

  6. Michelangelo

    @gorni, perché tu invece credi a quello che ha detto un singolo membro del consiglio di interclasse, non venendo confermato dagli altri genitori e venendo smentito dal dirigente?
    Sta di fatto che, non solo il dirigente, ma anche l’intero consiglio docente è sulla stessa linea.
    http://genitoripoliziano.blogspot.it/2015/11/fa-piu-rumore-un-albero-che-cade-che.html
    Hanno poi riportato una parte del verbale dell’adunanza incriminata, che recita così:
    „Per il percorso d’Arte si comunica che, dopo aver effettuato la visita preliminare alla Mostra di Palazzo Strozzi, gli insegnanti ritengono più attinente alla programmazione la visita al Museo del ‘900 che si presterebbe maggiormente alle attività laboratoriali già attivate nelle varie classi“
    E no, a me non piace fare il processo alle intenzioni, prima preferisco informarmi bene.

  7. pbm

    Aggiungerei alla metafora del ristorante il fatto che a me il pesce fa schifo eppure il venerdì in mensa non ho scampo.
    Solo che non è una metafora.

  8. gorni

    @Michelangelo Va bene tu credi ad “una parte del verbale dell’adunanza incriminata”. Ma dimmi, tu hai mai partecipato ad una adunanza di insegnanti? Io sì, e so quanto i verbali siano diversi dalle parole pronunciate in quei contesti,
    In ogni caso, io non sono un complottista, e mi adeguo alla versione ufficiale, tutta ricamata da parole vigorose sulla indubitabile e orgogliosa storia di accoglienza e inclusione dell’istituto. Forse sono quelle parole tanto retoriche a rendermi un po’ diffidente.
    In ogni caso, se da un lato sono pienamente d’accordo con te, e non è bene fare il processo alle intenzioni, dall’altro penso sia sbagliato essere sempre ingenui e credere ad una letterina del dirigente scolastico, che ha l’ingrato compito di difendere il suo istituto. A pensare che tutto sia sempre una bufala, si inizia a non credere più a nulla, Vicenda chiusa. Buona serata.

  9. jamesnach

    Non sarebbe male se iniziassi col rispettare i lettori, evitando di pubblicare e ri-pubblicare bufale stranote come la storia della gita annullata, buttando benzina sul fuoco.
    #lagitaspiegatamale

  10. robertripp

    Non credo che un ebreo si offenda su cosa mangi o pubblichi
    PORK, NO THANX
    Ricordo che uno degli scogli piú ardui a Camp David tra Rabin/Arafat siano state alcune correzioni da apportare sui libri di testo scolastici palestinesi

  11. LucaBn

    Finalmente qualcuno lo ha scritto in modo cristallino. Il politically correct tanto caro a certi opinionisti mi fa orrore. Grazie Luca Sofri.

  12. uqbal

    @Gorni

    Ammettiamo pure che i verbali siano imprecisi. In base a quale ragionamento logico lei presume di sapere cosa sia stato detto in realtà in un incontro a porte chiuse cui non era presente?

  13. Kina

    Il pensiero che sta alla base di quanto è scritto nell’articolo riportato da Sofri, sembra riguardare principalmente il concetto di proprietà. Metto i maiuscoli per evidenziare:

    …perché il MIO Paese non è musulmano
    …gli islamici usano importare in Occidente anche un tasso di permalosità sconosciuto alla NOSTRA cultura
    …mentre, se sono nel MIO Paese, voglio poterlo bere
    …Non voglio dover stare attento a come parlo più di quanto farei con un altro cittadino del MIO Paese

    Mi chiedo se davvero abbia senso parlare in questi termini. Sono nata in italia quindi l’italia è realmente mia di diritto? Abito in occidente quindi l’occidente e’ mio?

  14. uqbal

    @Kina

    Di fatto, il diritto di cittadinanza, fa sì che tu abbia su un certo Paese, o giurisdizione, più diritti di altri. Là dove pago le tasse, ho diritto di metter bocca, si potrebbe anche aggiungere.

    L’Occidente, poi, è un concetto vago. Ma anche senza tirare in ballo cittadinanze od occidenti, il discorso si può adattare facilmente anche ad un mondo senza confini (che sarebbe un bell’obiettivo da raggiungere): perché su questa terra non posso bere alcool, se non appartengo ad una religione che lo proibisce?
    E così via.

  15. Kina

    @uqbal

    Vero che la cittadinanza fa appartenere una persona ad un certo paese, cosi come i contributi che versiamo allo Stato.
    Volevo però guardarla da un altro punto di vista, accantonando per un attimo i diritti acquisti per legge. Io sono principalmente italiana, perché il caso ha voluto che io nascessi qui, e mi chiedo: basta cosi poco per avere questo diritto e poter dire che l’italia e’ mia? Se il caso voleva che io nascessi in ecuador, sarei equadoriana. Basterebbe cosi poco per poter dire: l’equador è mio?

    Se davvero sarebbe auspicabile un mondo senza confini e quindi sarebbe un buon obiettivo da raggiungere, penso che dovremmo partire togliendoci questo senso di proprietà, che non credo vada di pari passo con il senso di civiltà. ll senso di civiltà, comprende il rapportarsi agli altri non per come vorremmo che fossero, ma per come sono “ora” e per quello che potranno essere domani. O almeno, cosi penso.

    Vorrei fare un esempio, anche se appare forzato, pensando alle persone che, crescendo, non provano più e non credono più alle stesse cose che provavano quando erano bambine. Con un bambino non ci rapportiamo alla pari. Se ci attacca un bambino, non lo annientiamo, usiamo altri metodi, perchè anche lui crescerà.
    E bambini lo siamo stati tutti. (Non so se è chiara la metafora).

    Per questo i giornalisti di Charlie Hebdo avrebbero dovuto (e dovrebbero) portare rispetto alla religione musulmana invece di attaccarsi alla libertà di parola come fosse un lecca lecca. E non avrebbero dovuto farlo perchè gli altri “hanno rispetto” per noi, perchè in genere le religioni, compresa quella cristiana, non lo prevedono, il rispetto. Avrebbero dovuto farlo perchè sanno che molte persone su questo tema, sono sensibili e per loro la religione è una parte centrale della vita.

    E perchè non cominciano loro a portare rispetto a noi?
    Questo è il senso dell’articolo qui sopra. Ma mi ricorda molto i miei 35 anni fa.

  16. Boccione

    “voglio poter dire che (anche) la religione islamica non mi piace”
    Qull’anche tra parentesi è debole. Anzi è un escamotage.
    L’Italia è uno stato laico? E l’eutanasia? E le varie forme di procreazione assistita? E i matrimoni per coppie dello stesso sesso? Le adozionii? e quei dottori che in ospedali pubblici si rivalgono dell’obiezione di coscienza per non fare il loro dovere? L’ultima e mi fermo, alle elementari due ore di religione a settimana impartite da maestre assunte dalla curia?
    Vorrei uno sforzo in più…
    (almeno dai miei media di riferimento)

  17. elisaf

    Ma che peccato. Per dire che l’Italia è (dovrebbe essere) laica (e io vorrei che lo fosse in concreto) non c’è bisogno di inserire notizie false (non solo la gita annullata ma anche la presunta intenzione di eliminare dai testi scolastici la parola “maiale”), esempi impropri e volutamente vittimistici (perché mai “noi laici” dovremmo rinunciare a passeggiare in una strada dove si prega?), generalizzazioni inutili (la permalosità è trasversale) e neppure irritazione verso quelle che sono manifestazioni di un sentimento religioso che non mi appartiene ma che rispetto (il giubileo; quanto alle spese, è altro discorso). Ma dai. “Le parole sono importanti”. Luca Sofri non parla così ed è forse per questo che non scrive le cose che ha scritto Filippo Facci. O no?

  18. rinko

    Il problema più profondo a mio avviso è capire quante persone che antepongono il loro essere religiosi (con tutto quello che questo comporta) al loro essere cittadini (con tutto quello che tale stato comporta) uno stato che si definisce democratico alla lunga possa tollerare.
    Se l’essere religiosi è una condizione che va oltre la dimensione privata (come purtroppo accade) e si traduce in comportamenti e pensieri che sono in contrasto con i principi democratici (e qui bisognerebbe entrare nel merito e capire cosa richieda esattamente al fedele l’appartenenza ad una certa comunità religiosa), allora non si dovrebbe lasciar correre per quieto vivere, a meno che non si considerino tutto sommato sacrificabili le libertà e i diritti alla base degli ordinamenti democratici.
    In fondo è un po’ la riproposizione del dilemma popperiano di tollerare o meno gli intolleranti: le religioni organizzate, ad esempio, incitano spesso a comportamenti intolleranti perché hanno la pretesa di imporli a chiunque.
    Purtroppo la risposta a questo problema, sempre che lo si avverta come tale, non è quella di invocare più laicità, ma è una raccomandazione alla limitazione dell’espressione per non offendere persone che, legittimamente, credono in qualcosa che altri non credono; oppure si traduce in un richiamo a “non perdere la nostra identità” (che guarda caso spunta fuori solo su questioni religiose, piuttosto spicciole peraltro).
    Eppure pochi userebbero parole di biasimo verso chi crede nel prodigioso spaghetto volante, sebbene le prove a favore della sua esistenza non siano tanto più inconsistenti, a conti fatti, di quelle a sostegno di credenze ben più popolari. In fondo è anche una questione di numeri, come la democrazia del resto.

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