Hillsdale, qualcuno deve chiedere scusa

La stampa conservatrice americana si interroga su Hillsdale in queste settimane. Hillsdale, Michigan, è una cittadina di novemila anime in mezzo a campi di grano e campi di grano. Ospita un college con millecento studenti fondato nel 1844 da una comunità battista e che vanta l’orgoglio di aver cominciato a laureare donne e neri dieci anni prima della Guerra Civile. Con questo punto di antica tradizione e tolleranza Hillsdale ha trascorso i suoi centotrent’anni di vita fino al 1971 come molti altri piccoli college americani, fino a quando non è arrivato sulla scena il protagonista di questa storia, il professor George Roche III, nominato preside ad appena 34 anni. Grande tessitore di relazioni e raccoglitore di fondi, Roche, ha lavorato per ventotto anni al servizio di Hillsdale e dei suoi valori con due clamorosi risultati.
Ha fatto del college il punto di riferimento scolastico più caro alla destra americana, coniugando i valori cristiani e le aspirazioni liberistiche delle sue due frange principali, e portando a Hillsdale numi tutelari come George Bush, Ronald Reagan, Dan Quayle, Margaret Thatcher e relatori di grido a decine. E grazie a questo status di avamposto conservatore e liberista nella giungla della scuola liberal, è riuscito a fare Hillsdale ricchissima di contributi privati. Al punto di potersi permettere, nel 1975, di rifiutare di sottostare alle nuove norme federali a tutela delle minoranze (“la peggior forma di razzismo”) con poche parole: “Hillsdale non ha mai discriminato nessuno e non prende soldi dal governo, quindi non aderirà a nessuna discriminazione legalizzata”.
Quando la Corte Suprema gli ha ricordato le borse di studio federali, Roche ha abolito anche quelle, rimpiazzandole con donazioni private. L’efficienza di Roche come comunicatore e raccoglitore di adesioni si misura coi numeri: 700 oratori e 324 milioni di dollari portati a Hillsdale durante la sua presidenza, di cui 45 milioni solo l’anno passato; un milione di lettori per il mensile del collegeImprimis; almeno quattro mesi l’anno passati lontano dal college in un indefesso lavoro di lobbying in suo favore. Hillsdale è la creatura di Roche, il suo trofeo, la sua città, e lui ne è il mitologico protettore.
Ma per la destra americana è ancora di più: è l’integrità ideologica, la fede nella libertà individuale, nel governo limitato, nel libero mercato, è la scuola dei grandi repubblicani di domani, la loro Harvard. I più stimati intellettuali conservatori mandano a Hillsdale i loro figli: “A volte vorrei ci fossero dei democratici qui, per discutere con qualcuno”, ha detto uno studente intervistato dalla rivista Linguafranca. Ma malgrado la tradizione e i principi (un insegnante di biologia si dimise dopo il divieto di diffondere in classe la teoria creazionista), solo il 4% degli studenti appartiene a una minoranza, né esistono associazioni omosessuali, tra le molte dedicate alla verità cristiana e al libero mercato. Contraddizioni che si spiegano con la necessità di conciliare le due anime spesso conflittuali della destra americana: la tradizione cristiana e il liberismo economico.
Fin qui una parte della storia, con alcune lezioni. Ma il diavolo ci mette lo zampino a metà ottobre, quando Lissa Roche, nuora di George III e moglie di suo figlio George IV (che insegna educazione fisica a Hillsdale), si spara un colpo alla testa nel giardino di casa. Lissa si era appena dimessa dalla direzione diImprimis. La morte scuote il college, ma esplode ben più in là due settimane dopo, quando George IV (padre di George V), noto come George Ai-Vì, racconta la soap opera dietro la tragedia. Di fronte alla riconciliazione del preside con la sua seconda e recente moglie, Lissa gli aveva rinfacciato disperata davanti ai parenti la loro annosa relazione, cioè tra suocero e nuora, minacciando il suicidio. Poche ore dopo suo marito ne aveva trovato il corpo agonizzante.
Dopo la denuncia del figlio, George III nega tutto, si dimette con poche evasive parole (“Abbiamo costruito assieme uno splendido sogno: abbiamo provato che integrità, valori e coraggio possono trionfare in un mondo corrotto”), e lascia Hillsdale. Gli organismi direttivi del college avallano la sua reticenza e dichiarando credibile la sua dichiarazione d’innocenza seminano dubbi sulla serenità psichica di Lissa e dello stesso Ai-Vì.
Non sarà facile togliere a Hillsdale la fama soverchiante di questa torbida storia, ma i suoi tenutari difendono il diritto alla privacy dell’ex preside. Però il tentativo di insabbiamento lascia l’amaro in bocca agli studenti del college e anche ai grandi protettori di Hillsdale. Con la stessa stampa conservatrice a volere la verità, William Bennett, famoso esponente del partito repubblicano e presidente del comitato per la nomina del nuovo preside, si è dimesso pochi giorni fa chiedendo che non si proceda fino a che la verità non sia chiara. Al Washington Post uno studente ha detto: “Qualcuno deve chiedere scusa. Lo abbiamo detto tutti quando si trattò di Clinton, e ora le cose sono le stesse”.
Cosa racconta questa storia? A seconda del lato da cui la si guarda, racconta che la scuola privata può funzionare e bene, e che non ha bisogno dei contributi pubblici, senza i quali riesce a tutelare anche la sua libertà. Poi racconta che capita che i valori tradizionali conservatori, la sacralità della famiglia, non siano rispettati dai loro stessi promotori. Racconta che però ci sono moralizzatori che pretendono la stessa limpidezza sia coi nemici che con gli amici.
E può raccontare che suicidi, affari incestuosi, fesserie private presidenziali, siano cose troppo piccole su cui far inciampare i grandi principi della politica. Ma anche far pensare che pubblico e privato, si tratti di scuole o persone, sono cose troppo delicate per la perduta capacità di mediazione e comprensione della politica stessa.

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