La questione Napster

Incontro Capoccia74 su internet, mentre cerco di capire se anche il nuovo atteso cd di Peter Gabriel sarà su internet in versione pirata prima ancora di uscire nei negozi. Quest’anno è già successo molte volte, e i casi più eclatanti sono stati quelli dei nuovi dischi degli Oasis e degli Smashing Pumpkins, operazioni da un milione di copie. Tutti e due si potevano scaricare dalla rete un mese prima della pubblicazione, usciti in qualche modo dalle case di produzione, dalle sale d’incisione, dalle mani dei giornalisti che li avevano ricevuti in anticipo. Capoccia74 è il primo utente di Napster che trovo in possesso dell’album completo di Gabriel, Ovo. Non è sicuro che una canzone sia intera, mi scrive. Io controllo le durate e la versione che si ascolta sul sito ufficiale e gli confermo che sì, la canzone è a posto.
Capoccia74 sta dentro a quella che, insieme ai recenti scossoni negativi di borsa, è la prima esplosiva contraddizione della new economy. Napster è un programma semplice semplice, per accedere a internet, ma con funzioni limitatissime. Permette di vedere quali file musicali mp3 sono depositati sui computer degli altri utenti e di scaricarli sul proprio. Questa settimana il suo inventore, Shawn Fenning, 19 anni, ha avuto la copertina di Newsweek. Mezza stampa americana ne discute, il mondo della musica è in subbuglio e lo sconvolgimento della questione dei diritti d’autore è un’onda che non si arresterà al già importantissimo settore della musica.
Shawn Fenning inventò Napster l’estate scorsa, con un amico che aveva conosciuto in una chat su internet. Il suo funzionamento è semplicissimo: quando l’utente che si collega alla rete attiva il programma, questo legge i titoli di ogni canzone mp3 nel suo computer e li invia a un server centrale che li mette in archivio. Chiunque altro sia collegato può consultare quell’archivio e fare delle ricerche. Individuata una canzone desiderata, la scarica direttamente dal computer che la ospita in un tempo variabile tra i tre e i trenta minuti, a seconda della rapidità della connessione. Solo con il passaparola Napster si è diffuso rapidissimamente, soprattutto in America, e il suo database è divenuto fornitissimo ininterrottamente. I suoi utenti sono la comunità con la crescita più rapida della storia di internet.
Inutile dire che l’uso principale di Napster è stato da subito il traffico di miusica pirata, coperta da diritti d’autore. Tutte le canzoni più nuove, i primi brani delle hit-parade, cd interi di classici, colonne sonore, qualsiasi cosa per cui si possa non pagare l’acquisto del cd. Il suo successo ha attirato investitori e consentito la creazione di una società che oggi ha quaranta dipendenti. A dicembre la società è stata denunciata dalla RIAA, la potente associazione dei discografici americani: secondo la quale il software incentiva la violazione del diritto d’autore. . I denunciati si sono difesi dicendo che non dipende da loro l’uso illegale o non che gli utenti fanno del software: citando il precedente di una causa favorevole alla Sony, che era stata accusata di rendere praticabile la copia dei film quando introdusse i videoregistratori betamax. Ma le prime udienze, a marzo di quest’anno, hanno consentito alle ragioni preliminari della RIAA.
Nel frattempo era scoppiata un’altra grana per napster, i cui utenti intanto crescevano e crescevano. I gestori dei server di molte università americane avevano notato un intasamento inusuale dei nodi, con difficoltà e lentezze di connessione: quote tra il 40 e il 60% del traffico era costituito dall’uso di Napster. Non solo gli studenti abusavano dei server per scaricare musica, ma centinaia di persone ogni giorno vi accedevano dall’esterno per servirsi dagli hard disk degli studenti locali. E così, in rapida successione, almeno cento scuole hanno deciso di creare delle barriere per impedire l’uso di Napster sui loro server. “Non ci importa niente del copyright né di quel che fanno gli studenti: ma siamo un’università e dobbiamo poter funzionare”, ha detto un responsabile della University of Southern California. Dopo un’insurrezione studentesca (con raccolte di firme da parte degli studenti e la pretesa di usare a loro piacimento gli apparecchi per cui pagano le rette) il programma è stato modificato in modo da creare meno intasamenti.
La questione Napster, già minacciosa di per sé, ha naturalmente generato figli con la velocità di internet. La bomba successiva si chiama Gnutella È un programma sviluppato da una società che si chiama NullSoft, come un clone di Napster che tratta anche file diversi dagli mp3 (in America, coi collegamenti ultrarapidi è già diffuso il traffico su internet di film pirata, per esempio). Non hanno fatto in tempo a metterlo in rete, che il grande portale America On Line, glielo ha fatto ritirare. Era successo che America On Line, proprietaria di NullSoft da qualche mese, si era nel frattempo impegnata nel mega accordo con la Warner, e la diffusione dal suo interno di un software potenzialmente rischiosissimo per l’industria musicale e cinematografica ha fatto drizzare i capelli in testa ai suoi dirigenti. Gnutella però era stato già scaricato da molti e le copie del file si possono trovare su diversi siti alternativi in giro per internet. La mole di materiale che vi si trova è impressionante.
Il mese scorso sono infine scesi in campo gli artisti, a lungo frastornati da questo imprevisto tumulto. Il gruppo rock dei Metallica ha denunciato Napster e ha presentato una lista di 300 mila utenti che avevano scaricato materiale coperto da copyright, chiedendone l’esclusione dalla rete. Napster ha diligentemente obbedito, ma poiché gli utenti sono registrati semplicemente con uno pseudonimo e una password, è bastato a ciascuno degli esclusi inserirne di nuovi. Il rapper Dr Dre ha seguito i Metallica con una simile iniziativa legale, mentre i fans lanciavano su internet accuse di tradimento da parte dei loro beniamini e mettevano all’asta i loro cd in segno di protesta. Altri artisti, come i Limp Bizkit, si dichiaravano più o meno apertamente in favore della rivoluzione in atto. Su Napster, che a oggi non ha un’entrata che sia una, sono piovuti decine di miliardi di investimenti, tutti appesi alla vicenda giudiziaria che lo contrappone alla RIAA.
“Ma come, tu fai una cosa bella e uno stronzo qualsiasi te la copia?”, dice il chitarrista jazz protagonista dell’ultimo film di Woody Allen a proposito dell’avvento del grammofono. Oggi chi accusa Napster sostiene che la sua diffusione sta facendo crollare le vendite dei cd e mettendo in crisi il sistema della musica: gli artisti hanno diritto ad essere pagati per il loro lavoro. Dall’altra parte c’è chi discutte persino il pagamento dell’arte come un’abitudine priva di senso e chi sostiene che la rete pone comunque delle questioni che non si possono affrontare con un atteggiamento retrogrado: le case discografiche farebbero meglio a scendere a patti con la rivoluzione e cercare di sfruttarla in modo lungimirante. Il nodo del contendere è se la maggior circolazione e conoscenza della musica incentivi l’acquisto di cd originali o se lo sostituisca, e nessun dato è per ora in grado di scioglierlo. Di sicuro, come è vero che molti dei suoi utenti non acquistano un cd da mesi, Napster presenta, al di là delle mode e dell’ottimismo a tutto tondo, il più grosso problema emerso finora nella trasformazione del mondo da internet in poi. “Osservate le sue finestre di download e upload e vedrete il nuovo ordine mondiale di distribuzione della musica divampare a velocità supersonica”, ha scritto su Salon Scott Rosenberg. Provo a riconnettermi a Napster e stavolta trovo Ovo di Peter Gabriel sull’hard disk di Capoccia74, HulkXXX, SwiftMill e di altri quindici nomi del genere. Il cd esce tra due giorni.

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