Una histoire che non ce la sognavamo nemmeno

“Il seguito, il seguito, presto!”: il commento di Le Monde di ieri riassumeva la divertita eccitazione dei giornali francesi per la storia che ne occupa le prime pagine da tre giorni. “Una storia che non ce la sognavamo nemmeno! Nauseabonda, sgangherata, romanzesca, canaglia e che non finisce più. Famiglia Schuller, vi amiamo!”. E raccontarla non è facile, che sono almeno tre o quattro storie una dentro l’altra. Proviamo.

Quattro giorni fa Antoine Schuller, 26 anni, rilascia un’intervista al quotidiano Le Parisien. Di lui nessuno ha mai sentito parlare, ma di suo padre sì, almeno fino a sette anni fa. Didier Schuller, 54 anni, sparì all’improvviso con la moglie e le due bambine il 9 febbraio 1995. Fino ad allora era stato direttore generale dell’Istituto per le case popolari del dipartimento parigino di Hautes-de-Seine, e successivamente sindaco di Clichy sotto la protezione dell’ex ministro dell’interno Charles Pasqua per conto dell’RPR, il partito del presidente Chirac. Un anno dopo la sua elezione, Schuller finì tra le mani del giudice Halphen, quello che ha appena lasciato la magistratura francese accusando poteri forti della politica di minacciarlo e impedirgli di perseguire la corruzione. Allora Halphen aveva cominciato da poco, e sull’onda di altre inchieste scoprì che un giornaletto elettorale di Schuller aveva venduto pubblicità per circa 40 milioni di lire a pagina a una società di costruzioni, e questo gli diede da pensare. Un po’ di calma, che tra poco arriviamo al figlio. La gestione delle case popolari finì a sua volta sotto inchiesta, e prima che le cose si mettessero peggio Schuller se ne sparì. Non senza essersi messo al centro di una clamorosa e poco chiarita vicenda con Halphen: Schuller pare manovrato da Pasqua denunciò alla polizia il suocero del giudice, che gli avrebbe chiesto del denaro per intercedere per lui presso il genero. Il suocero viene arrestato mentre riceve i soldi, ma successivamente la cosa si sgonfia e finisce semplicemente con la sottrazione dell’inchiesta ad Halphen. Ma questa è davvero un’altra storia.

Da sette anni, quindi si sa solo che il più ricercato dei tangentopolati francesi è stato brevemente alle Bahamas e poi chissà. E qui arriva Antoine, il figlio maggiore. Che racconta alla stampa che suo padre è a Santo Domingo, fornisce l’indirizzo del principesco resort dove alloggia, riferisce dei suoi sopravvissuti rapporti con alcuni amici francesi e di una nuova rete di affari che avrebbe costruito laggiù, sotto un falso nome e con un passaporto belga e con la collaborazione di un console onorario americano, proprietario del resort, e di membri del governo dominicano. La sera stessa, la rete Canal + trasmette una telefonata di Antoine al padre, che ignaro di essere registrato, spiega ancora al figlio che “ho dovuto partire perché allora in Francia c’erano persone che avevano paura di quello che avrei potuto dire, persone molto potenti, in particolare un signore che era ministro dell’interno, un signore di origine corsa” e che “se te ne fossi dimenticato, io sono anche piuttosto vicino a un signore che comanda un piccolo paese che si chiama Francia”. Ecco fatto.

Il giorno dopo, la storia è su tutti i quotidiani. Ma qualcosa non quadra. Primo, perché diavolo quoque Antoine si sta dando tanto da fare per rovinare la vita beata del padre? Agenti francesi e dominicani, seguiti dai giornalisti, raggiungono rapidamente il resort sull’Atlantico e le sue ville da minimo 300 mila dollari, e non ci trovano più nessuno. Didier se n’è appena andato, armi, bagagli e famiglia fedele. Secondo Antoine sostiene che le autorità francesi avevano ricevuto già da un mese informazioni sull’ubicazione del genitore, ma nessuno era mai andato a cercarlo: perché?
Forse perché “nessuno ci tiene che torni”, dice qualcuno. Ma anche perché non l’avevano preso sul serio. E qui comincia un’altra storia, la terza, o la quarta. Intorno ad Antoine si appalesano tre personaggi tra il losco e il comico, gatto, volpe e fata turchina. Lui stesso spiega di aver incontrato il gatto girando su internet: si chiama Christian Cotten, 50 anni, psicoterapeuta, più noto ai media francesi per le sue battaglie in difesa delle sette e delle libertà di culto e per un suo bislacco e sparuto movimento poltico. La volpe presenta ad Antoine il gatto: Jean-Paul Guillaume, giornalista e collaboratore di Canal +. Guillaume è andato bussando alla porta di diversi uomini politici, nelle scorse settimane, dicendo di avere grosse cose da raccontare, ma nessuno gli ha dato retta. Ai giornalisti che gli chiedono spiegazioni della sua delazione, Antoine cita un misterioso “Monsieur X”, che gli avrebbe aperto gli occhi. Il giorno seguente, Liberation rivela trattarsi di una “Madame X”, anzi di una “Fille aux yeux d’or”, come la chiamavano una volta. E qui parte un’ altra storia. Prendete fiato.

La fille non è più giovane, ma negli anni Settanta fu piuttosto popolare come cantante e attrice. Si chiama Marie Laforêt. Suo figlio e Antoine erano compagni di scuola e amici. Marie si è separata malamente e con strascichi legali e personali da un agente di cambio con cui viveva in Svizzera, Eric de Lavandeyra, un nome che ebbe qualche notorietà negli ambienti finanziari francesi e che fu sfiorato a sua volta da scandali finanziari di rilievo. Nella rottura, Marie si è trovata tra le mani un computer del marito, e nell’hard disk ha scoperto cose molto scabrose, a suo dire. Suo figlio è diventato amico di Schuller padre a Santo Domingo, ma nel frattempo ha litigato con Schuller figlio, che si dice disgustato dal jet-set che i due si trovavano a frequentare (e l’ex amico e l’ex padre non sopportano la sua fidanzata, dice). Marie dice di voler proteggere Antoine ed entrambi di voler aiutare la giustizia del loro paese e di solidarizzare con il giudice Halphen. Risultato: la compagnia dei quattro minaccia la Francia di rivelazioni ben più drammatiche e sconvolgenti per la repubblica nei giorni a venire. E siamo a questo punto: “il seguito, il seguito, presto!”

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