Kerry ha stravinto!

“Con una valanga di voti”, secondo il Manifesto di oggi.

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L’evento è che gli americani votano, e basterebbe questo a rendere la drammaticità di un quadro tormentato che nella notte più lunga delle elezioni sembra fare il nome di John Kerry. L’evento è l’affluenza record, forse venti milioni di elettori in più. L’evento è che questi milioni di schede sono state spinte nell’urna da una mobilitazione che non ha precedenti, e che bisognerà leggere con accuratezza, prudenza, fantasia. Good morning, America. Le elezioni globali che gli Stati uniti hanno votato e il resto del mondo guardato col fiato sospeso hanno preso una direzione, ed è quella del cambio alla Casa bianca. Erano un referendum su George Bush, queste presidenziali, sulla sua persona come sulla sua politica, sul destino non ancora manifesto della potenza unica e sul futuro prossimo del resto del mondo. E – sorpresa – gli americani sembrano votare come europei qualsiasi, inutilmente ostacolati da un sistema elettorale grottesco – più forti delle cause, delle legioni di legali sguinzagliati nei seggi, della guerra sporca che i neocons hanno condotto sin dentro i seggi.

Doveva essere una vittoria landslide, a valanga, per sottrarre il destino della democrazia americana (e delle nostre) a una guerra civile di carte bollate e corti supreme. Si sta profilando un risultato netto, salutato come una salvezza. Ora tocca a John Kerry. E viene il difficile.

L’esito elettorale di questa notte è stato in larga parte determinato da una massa di elettori che i sondaggi non hanno previsto né analizzato, e che non sono il frutto dell’anemica campagna elettorale dei democratici. Kerry aveva il vantaggio di non chiamarsi Bush, una volta presidente avrà il dovere di chiamarsi Kerry.

I venti milioni che hanno spostato l’ago della bilancia sono volontari della politica. Sono membri di associazioni, chiese, neri, ecologisti, attivisti di ogni ordine e grado, divi del cinema come sindacalisti locali. Hanno studiato in anni di lotte contro il Fmi, la Banca mondiale, il Wto, le grandi corporation – cominciarono a Seattle, ricordate? Nelle lotte si sono «istituzionalizzati», e questo è il loro difetto. Ma hanno avuto la forza, ad esempio, di capovolgere l’esito dell’ultimo vertice del Wto, e questo è il loro pregio. Presenteranno al vincitore un conto salato. Come la nuova Casa bianca deciderà di pagarlo è ciò che separa una copia addolcita di Bush da un’altra America. E in definitiva, da un altro pianeta

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