Facciamo finta che la televisone in Italia sia fatta da gente in gamba e con l’intenzione di offrire prodotti di buona qualità, oltre che quella legittima di farci i soldi. Facciamo finta che si ritenga in questo senso interessante (non ho detto essenziale, mi basta interessante) l’area dell’approfondimento giornalistico, del dibattito politico: l’area dell’informazione, insomma. Facciamo finta che delle buone teste vogliano fare degli sforzi per rendere quest’area migliore, nuova, moderna, interessante.
I casi sono due. O si producono programmi nuovi che sono uguali a quelli che si sono sempre prodotti, non ci si inventa niente, e li si affidano a vecchie e note facce del giornalismo e della politica (anche qualcuno capace, per carità). E può darsi che sia una buona idea.
Oppure si producono programmi che con fatica, incertezze, sperimentazioni, cerchino di inventarsi modi nuovi di discutere e raccontare. Che con pazienza, fallimenti, correzioni di rotta, propongano persone nuove a condurli, magari sotto i cinquant’anni o persino sotto i quaranta. E può darsi che sia un’idea migliore.
Può anche darsi che sia sensato fare entrambe le cose. Del primo approccio, ho in mente sette esempi nell’ultimo anno solo sulle reti maggiori. Del secondo, ho in mente solo Planet 430. Lo fanno ogni sera su Planet, canale satellitare, e tra tentativi, assestamenti, idee da perfezionare e qualche residuo di vecchie abitudini, si stanno inventando l’informazione televisiva e i conduttori di domani. Sempre che domani interessino a qualcuno. Facciamo finta
Vanity Fair
Facciamo finta
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