Io ho capito questa cosa. Prendiamo le tre serie televisive americane più popolari degli ultimi anni, o almeno le più popolari in casa mia (dove abbiamo dei gusti piuttosto mainstream, come si vede): Desperate Housewives, 24 e Lost. Sono molto diverse tra loro, soprattutto in termini di contenuti ma anche di forma, malgrado una comune grande cura della qualità dell’immagine. Ma la cosa che ho capito riguarda i contenuti, appunto. Benché Desperate Housewives sia una specie di commedia, c’è comunque un mistero che si sviluppa, a partire dal colpo di pistola che apre la prima puntata. Insomma, la cosa che ho capito è questa: che per funzionare, un mistero, una tensione, un’attesa, deve sciogliersi entro un numero accettabile di puntate, diciamo sei-otto. Dopo, se trascinato ancora, perde la forza di mantenere la curiosità. Dopo, ci si stufa. È per questo che a casa mia abbiamo mollato Desperate Housewives quando alla dodicesima puntata ancora si ciurlava nel manico con Dana e la cassa eccetera. È per questo che continuiamo a Guardare Lost appisolandoci sempre più presto, e a volte con un certo rancore nei confronti degli autori. Ed è per questo che non abbiamo mai avuto niente da ridire su 24: perché lì le emergenze, gli ultimatum, i come-andrà-a-finire, si chiudono e si sciolgono al momento giusto: e poi ne nascono di nuovi.
È così difficile?
Vanity Fair
Arriva un momento nella vita di un serial
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