Pax

Giuliano Ferrara ha appena detto a Otto e mezzo che la pretesa necessità di legislazioni, PACS, patti, regolarizzazioni, per le coppie eterosessuali non sposate non ha senso. Esiste già il matrimonio, per tutto ciò che necessita a questo proposito.

E ha appena detto che il discorso dovrebbe riguardare solo gli omosessuali, e che la parte della discussione che si basa sui casi degli eterosessuali non sposati è fuorviante.

E poi ha detto che questa parte della discussione – quella che la fa riguardare anche gli eterosessuali – è tirata in ballo solo da chi teme l’effetto che fa una proposta di legge dedicata agli omosessuali e punto.

Si discuta dei gay e dei loro diritti, ha inteso dire Ferrara. E gli altri si sposino, se vogliono i diritti degli sposati.

Io credo di essere d’accordo. Però mi vengono in mente circostanze in cui nella nostra cultura si attribuisce inevitabilmente al matrimonio un significato assai diverso dal semplice contratto legale. Se uno è separato, per esempio, e separato faticosamente con un tormentato rapporto dei suoi figli con la nuova convivenza: può darsi che il matrimonio legale implichi delle sofferenze e delle difficoltà che superano la questione dei diritti. E altri esempi simili.

Non so. Ma per evitare problemi e ipocrisie, darei retta a Ferrara. E parlerei solo dei diritti dei gay: soddisfatti quelli – che mancano in toto, in assoluto – quelli degli eterosessuali vengono da sé.

(ecco, adesso Gad Lerner ha detto questa cosa qui)

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