“Siete voi, il nemico”

Uno dei molti atteggiamenti coglioni e fallimentari di una parte delle persone di sinistra italiane è quello di andare più a caccia dei pretesi “traditori” all’interno della sinistra (che di solito sono gli unici che pensano davvero cose di sinistra), conniventi con l’avversario, sostenitori di posizioni equilibrate, riluttanti a decapitare il nemico, acquirenti di scarpe costose, eccetera. Da decapitare anche loro, quindi, o nell’impossibilità temporanea di farlo, minacciarli mafiosamente, sobillando mobs litigiose contro quieti (troppo quieti! vili!) commentatori.

Bisogna stare attenti a non fare mai altrettanto, anche da altre posizioni e anche quando si è invece minoranza inerme – o addirittura se stessi e basta – contro un moloch vago e non identificato, come fa Gianluca Neri oggi. Insomma, non credo sia giusto dire a chi sostiene attivamente la candidatura Prodi, “siete voi il nemico!”. Non sono cose che si devono pensare. Il nemico è un altro.

Però è vero che Gianluca Neri pone ancora violentemente una questione che è il nocciolo di molte discussioni degli ultimi tempi, e la radice dello slogan “Senza turasi il naso” usato da Ivan Scalfarotto, e contestato da molti. Che alla fine è la questione del fine che giustifica i mezzi, che si risolve solo misurando sulla propria sensibilità il fine e i mezzi.

Ci sono molte persone di sinistra in Italia che pensano che un candidato democristiano, resistente a diversi valori di sinistra (di scarsissima sensibilità sui referendum, perduti anche con il suo concorso), di poco carisma e inesistenti visioni, di scarsa modernità e cronologicamente distante da parecchi di loro, sia un mezzo comunque giustificato dal fine di togliere alla presente catastrofica maggioranza il potere di devastare ancora questo paese e le sue cose.

Ce ne sono altre – tra cui direi Gianluca Neri – che pensano che no. Che pensano che il fine sia far vincere la sinistra, intesa come le cose di sinistra e non una squadra di calcio che si chiama “Sinistra” qualunque sia l’allenatore o il centravanti.

È inutile dire che tenere la seconda posizione è più facile per chi possiede due privilegi: il primo è godere di un tenore di vita per cui il disastro economico di cui è responsabile questa maggioranza non rende la vita impossibile. Il secondo è una disposizione culturale – o una serie di fortune e gioie personali – per cui il proprio buonumore o malumore derivano di solito da altre cose piuttosto che dalla visione di Schifani a Porta a porta o dall’ammanettamento di qualcuno (questo spiega in parte la spericolatezza del tentativo Scalfarotto: molti dei suoi potenziali sostenitori sono persone che non hanno bisogno di lui). Quindi prima di dire “si fottano”, sarebbe meglio pensare a quelli che verranno fottuti con loro, e non c’entravano.

Detto questo, c’è una questione accessoria in più che mi rende affezionato alla seconda posizione, e che la rende per me lungimirante, altruista e costruttiva, piuttosto che semplicemente orgogliosa e coerente. Che è la questione che qualche giorno fa esemplificavo nella speranza che mia figlia, tra quindici anni, non si trovi come candidato Prodi, né nessun altro degli attuali leader del centrosinistra. Non perché non ve ne siano che mi convincono, ora. Ma ora. Non turarsi il naso oggi e perdere, per me significa una chance di non turarselo e vincere tra dieci anni (obiezione: anche questo è un fine che giustifica i mezzi? Tutti i fini sono mezzi di qualche altro fine?). Non che ci creda, non che ci conti: ma se tra quindici anni il candidato sarà uno che oggi non sia già in politica da quindici, e che allora sia allineato con il mondo e le cose che cambiano, sarà solo se le persone smettono di assecondare la giustificazione dei mezzi. Vogliamo farlo, non vogliamo farlo? Forse no, forse la giusta e saggia teoria della riduzione del danno ci obbliga a vedere la candidatura Prodi come la massima riduzione del danno praticabile (visto che Veltroni non ha voluto collaborare a una riduzione maggiore e con altrettante chance di vincere, se non maggiori). E forse non vogliamo farlo semplicemente perché davvero la stragrande maggioranza del paese corrisponde più al desiderio di far fuori Berlusconi e non consentire il matrimonio agli omosessuali che non alle visioni moderne, laiche e libertarie su cui ci facciamo le seghe in quattro gatti. È la democrazia, bellezza. Ma è vero che il nemico di un simile cambiamento in meglio delle cose di questo paese è l’assecondamento conformista e pavido della teoria del male minore. Siete voi un nemico. E lo sono anch’io, che a differenza di Gianluca Neri, andrò a votare per il centrosinistra qualsiasi sia il suo candidato, e ancora di più se questo candidato sia stato approvato dal 74% degli elettori (approvato, non scelto). Ma vogliamo almeno dirlo che a un certo punto bisognerebbe cominciare a lavorare perché le cose diventino come le vogliamo e non semplicemente meno peggio di come le vogliono gli altri?

Macchianera, Massimo Morelli

p.s. a ridondante chiarezza di questo pistolotto, aggiungo la cosa che scrissi ad agosto e che oggi è gentilmente citata da Aldo Cazzullo sul Corriere: “la considerazione è questa: che l’Italia è spacciata e che col tempo la china del deterioramento delle sue abitudini culturali e sociali diverrà solo più ripida e più imparagonabile con quella delle nazioni civili a cui un tempo si avvicinava. Che questo processo è di certo inarrestabile da qualsiasi cambiamento soft, men che mai da una povera vittoria del centrosinistra alle elezioni con Prodi leader e col centrosinistra fossile come è fatto ora (al massimo, forse Veltroni potrebbe provvedere a una riduzione del danno). Che solo qualcosa di rivoluzionario potrebbe cambiare le cose, e che in quanto rivoluzionario non avverrà. E che quel qualcosa di rivoluzionario oggi si concretizzi solo nell’idea di Ivan Scalfarotto Presidente del Consiglio. Lo so che è un’idea assurda e impraticabile, ci mancherebbe: ma è vera”

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