Al ribasso

È una riflessione fin troppo facile e automatica, ma ha anche un senso. Seguendo quello che sta succedendo alla politica britannica, vien da pensare alla nostra. Lì è successo che una novità di clamoroso e rivoluzionario successo come l’avvento di Tony Blair alla guida dei labouristi e del paese abbia così spappolato il vecchio partito Tory da farlo arrivare – dopo un’escalation di leader e strategie vecchi e inutili – a desiderare un cambiamento rivoluzionario e a capire che solo quello potrebbe rimetterlo in competizione con la forza del Labour. Oggi l’eventuale avvento – assai probabile – di David Cameron alla guida del partito è vissuto come la sola chance di tornare in pista da gran parte del partito, anche tra alcuni dei più tradizionalisti o anziani. La modernizzazione dei Tories e della loro politica sarà passata attraverso il deserto di questi dieci anni e sarà stata possibile solo dall’aver toccato il fondo nella competizione con avversari forti, vincenti, popolari e al passo coi tempi.

In Italia, è mancato al centrosinistra uno stimolo equivalente: se oggi si presenta alle elezioni un uomo che tutto è fuorchè un esponente di rinnovamento, di rottura con il passato e delle sue mediocrità, è perché gli avversari rappresentano un così lampante fallimento e devozione alla catastrofe, che l’idea della restaurazione, della ricostruzione, del ritorno a una sana normalità, per quanto grigia e non particolarmente ambiziosa, è il desiderio prevalente. Non corriamo rischi, aspettiamo solo che si sfracellino da soli, e occupiamoci di rimettere a posto la mobilia.

Sarebbe stato bello avere avuto un centrodestra forte, nuovo, vincente, con una politica di centrodestra efficiente e competitiva. Avrebbe fatto bene a tutti. Oggi andremmo alle elezioni essendo stati costretti a pensare a una politica forte e ambiziosa. Adesso la speranza è che i ruoli si possano invertire: che il centrosinistra per qualche accidente formi un periodo di governo di successo e fertile, e un gruppo di leader che sia un investimento nel futuro e spappoli la già confusa compagine oggi al governo. E la costringa a ricrearsi, con un progetto e un’intelligenza nuovi, e gente in gamba. Non come l’ultima volta

“Tra le tante cose da te scritte con le quali sono d’accordo c’è il riferimento al successo del new labour e del conseguente rivoluzionario processo di oggi nei tories. Ricordiamo però che il rivoluzionario processo che ha portato il labour ad essere new labour è conseguenza del lavoro sporco fatto da Zia Maggie. Parte tutto da lì. E quello che scrivi tu è tanto giusto e condivisibile che oggi i new tories hanno poco a che fare con il thatcherismo: che ha contraddistinto un’epoca, ha vinto, è entrato nella storia. Ecco, la differenza sta proprio lì: in Gran Bretagna una maggioranza ha fatto la storia, un’opposizione ha imparato e fattasi maggioranza la sta facendo a sua volta. In Italia nessuno ha fatto la storia, ma tutti si bullano di averlo fatto, e invece di andare avanti si è andato indietro. Basterebbe solo spiegare a 57 milioni di italiani che quella è la retromarcia, non la prima (e meno che mai la terza). Saluti da Umberto”

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