La questione mi era parsa piuttosto pretestuosa e gratuita, e avrei risposto: ok, il piatto era gustoso. e ci avete provato, ma ci siamo capiti. Vedo però che continuano a comparire pareri per cui ci sarebbe una dissonanza tra la difesa della libertà sulle vignette e la difesa di Calderoli, dissonanza la cui spiegazione mi pareva lampante nella differenza tra le due cose. Continuo a pensare che lo sia, ma a questo punto lo metto per iscritto (a scanso di equivoci: Facci è amico mio).
Esista una misura nelle cose. Esistono differenze. Ho obiettato a chi sosteneva che pubblicare tutti le vignette – per quanto brutte – sarebbe stata una sbruffonata e una provocazione, spiegando che esattamente perché era una cosa invece normale, a cui le nostre vite “precedenti” erano abituate, una cosa di tutti – come rifiutarsi tutti di pagare il pizzo quando a uno è stato bruciato il negozio -, esattamente per questo sarebbe stato un gesto normalizzatore, che restituiva alla consuetudine serena una cosa che era diventata oggetto di paura. Era una scelta di difendersi.
Calderoli ha fatto l’opposto: ha montato la vera provocazione, la vera sbruffonata. Calderoli non aveva mai messo una maglietta con le vignette prima, non si è unito in solidarietà a una cosa che tutti volevano si facesse normalmente. Non ha pubblicato le vignette sul suo giornale. A chi con precipitosa baldanza riferisce il fastidio e il disprezzo per la pagliacciata di Calderoli al fatto che questa venisse da Calderoli – che comunque sì, si porta dietro un disprezzo a priori, e se lo è meritato tutto – dico con totale sincerità: se Calderoli fosse stato direttore della Padania e avesse pubblicato le vignette non lo avrei ritenuto incosciente quanto lo penso invece rispetto alla cosa della maglietta. Fidatevi. E guardate che il giudizio sulla cretinata di Calderoli non ha a che fare con le conseguenze libiche della cretinata, di cui sono responsabili senza attenuanti quelli che sono andati a bruciare un consolato. Le conseguenze ne solo appena la sanzione. Ripeto, c’è una cospicua distanza tra la libertà di stampa e una pagliacciata, percepibile da chiunque, soprattutto da Facci. C’è una cospicua distanza tra la richiesta di normalità e la pulsione alla straordinarietà, c’è una cospicua distanza tra il partecipare sobriamente nel proprio piccolo a una manifestazione di solidarietà e andare da soli a ribaldeggiare per farsi notare, c’è una cospicua distanza tra come le cose stavano all’indomani delle prime intimidazioni prepotenti contro le nostre libertà e come erano diventate quando queste libertà avevamo spiegato chiaro e forte che volevamo tenercele strette, c’è una cospicua distanza tra la buona fede e la cattiva fede, c’è una cospicua distanza tra il difendersi e attaccare.
Esiste una misura, nelle cose.
Macchianera
Se sputo in faccia a Facci, è libertà d’opinione?
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