Fascisti su Marte

Ricevo pareri interessanti sulla questione dei “fascisti“. Mi pare che ci sia una scuola di pensiero che ritiene che “la sinistra” non debba liberarsi dalla responsabilità di questi teppismi creandosi l’alibi di ritenerli lontani ed estranei a se stessa, addirittura fascisti. Fino a scomodare il paragone con gli anni Settanta, “il brodo di cultura”, il terrorismo.

Sono un cultore del paragone storico e dell’uso della similitudine, e so che un paragone non è un’uguaglianza. Lo stesso, il paragone mi pare ormai diventato un tic privo di fondamento. La prossimità di speranze e intenti tra chi andava ad ammazzare e molti appartenenti al maggiore partito di sinistra è una cosa storicamente sancita. Oggi invece, parliamo di disgraziati la cui elaborazione politica è inesistente (forse inferiore persino a quella dei simmetrici naziskin), che non hanno niente a che fare con l’establishment politico del centrosinistra. Con l’eccezione di alcuni contatti assai mediati e indiretti con tre o quattro parlamentari, di solito mossi da benintenzionati interessi di contenimento e servizio d’ordine dialettico (che poi questo abbia più senso dell’isolamento totale, vale la pena di parlarne).

La cosa che mi pare interessante è la logica che vedo dietro due differenti posizioni. Indicare i teppisti come fascisti, come altro da sé, come il nemico, suggerendo di entrare nell’ordine di idee di trattarali come la sinistra ha storicamente trattato i suoi nemici, mi pare un modo progettuale e progressista di impostare la questione. Ancora oggi persino l’insospettabile di indulgenza Michele Serra si preoccupa più del male che queste cose fanno alla sinistra piuttosto che del male che fanno agli ebrei, alla Moratti, e a tutti noi persone perbene.

Continuare a impigrirsi sull’abitudine che dei delinquenti prepotenti e razzisti – fascisti, appunto – siano da ritenersi di sinistra deriva invece da due impostazioni opposte. Una è quella strumentale e tignosa di certi di destra che vogliono portare a casa un punticino, e per cui quello che è successo il 25 aprile a Milano è fonte di soddisfazione e gongolii. L’altra è quella di chi ha la coda di paglia storica di una fossile condivisione di qualcosa con chiunque “sostenga” di essere di sinistra come si sostiene di essere del Milan. Coda di paglia che genera indulgenze e reticenze, ma ormai infondata e immotivata per la gran parte della sinistra italiana, e soprattutto per quella parte della sinistra più progressista e leader nel “dare la linea”. E la linea è: fascisti. La linea è: quello che pensiamo di fronte a una manifestazione di naziskin e di fronte a ciò che fanno i naziskin, pensiamolo di fronte a una manifestazione di quella gente lì (non so come altro chiamarli: autonomi da sé).

Io sono di sinistra, e non ho davvero niente a che fare con quella gente lì: politicamente e umanamente, mi sento – perché di sinistra – più vicino a diversi esponenti di Forza Italia che a quella gente lì. Eppure non provo l’imbarazzo connivente del tradito quando quelli di Forza Italia affondano il referendum sulla fecondazione assistita (un po’ di più quando lo fanno quelli della Margherita, ma mi emanciperò anche da loro)

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