Umori

Sofri, quello anziano, sui capricci di certi suoi anziani coevi:

“Io non parlo mai della grazia, e del resto sempre più raramente della disgrazia. Dunque non a proposito della grazia, ma della psicologia umana, metterò a confronto brani di un articolo di Ostellino dello scorso 10 giugno 2006 con brani di un articolo di Ostellino del 28 dicembre 2003, ambedue sul Corriere della Sera. Cominciamo dai titoli: 2003, “Due ragioni per concedere una grazia”; 2006, “Sofri, Bompressi, D’Elia. Quando anche la giustizia si inchina alle ‘lobby’.” Passiamo al testo. 2003: “Un minimo di buonsenso, per non parlare di carità cristiana, imporrebbe di porre fine alla tormentata vicenda che riguarda la concessione della grazia ad Adriano Sofri. Continuare a tenere un uomo – in carcere da sette anni e con la prospettiva di starci altri quindici – appeso al dibattito politico se e come ne possa uscire è francamente poco decoroso per un paese che voglia dirsi civile. Non so come si senta Sofri di fronte a questa sorta di doccia scozzese che ormai dura da troppo tempo per non essere classificata fra le anomalie – a dir poco – del nostro sistema politico e giudiziario. Per quello che mi riguarda, egli ha tutta la mia solidarietà e con lui la sua famiglia”. 2006: “Non ci sarà pietas nella grazia a Bompressi e a Sofri. Sarà solo la messa cantata con la quale un’intera generazione celebrerà la propria autoassoluzione… La grazia per Bompressi, l’uomo che assassinò materialmente il commissario Calabresi; quella per Adriano Sofri, che tutta una serie di sentenze ha condannato come mandante dell’assassinio.. sono un rito politico, simbolico e propiziatorio”. 2003: “Non sono di quelli che hanno sostenuto il movimento a favore della grazia. Per due buone ragioni. La prima, perché non conosco i termini del problema, non ho mai letto i verbali dei suoi processi ei testi delle sentenze di condanna. Non posso dire, come fanno altri con ferrigna certezza, che Sofri sia innocente. La seconda ragione, perché dopo sei processi che hanno portato alla sua definitiva condanna, un minimo di rispetto per i magistrati che lo hanno processato e condannato mi sembra doveroso da parte di tutti… Apprezzabile è la coerenza di Sofri che, continuando a sostenere la propria innocenza, non ha presentato domanda di grazia, perché avrebbe comportato il riconoscimento della propria colpevolezza”. 2006: “Sofri sarebbe stato coerente col proprio ravvedimento se avesse socraticamente bevuto la cicuta della domanda di grazia invece di chiudersi in un ostile e ambiguo rifiuto. Sarebbe stato un modo non tanto di ammettere la propria colpevolezza quanto di riconoscere legittimità alla Giustizia… legittimità che, invece, ha continuato, coerentemente col proprio triste passato e con arroganza, a negare”. 2003: “Arriviamo, così, al punto. Sofri non èpiù l’uomo che era a capo di Lotta continua .E’ un altro. Lo testimoniano la sua vita in carcere; il suo rigoroso attenersi alle procedure,anche quelle più dure e mortificanti, che tale condizione comporta; i molti articoli che scrive; le cose che dice… Piaccia o no, è un atto che avrà conseguenze: la classe politica deve farsene carico senza altri ritardi”. 2006: “Sono tutti e tre, a quel che si dice, altri uomini rispetto a ciò che erano”. Tralascio il resto (chi voglia completare il raffronto trova il pezzo del 2003 in rete). Ora, che cosa può aver portato un giornalista, un liberale, insomma un uomo, a capovolgere così platealmente le sue opinioni e il suo stato d’animo? Per quello che mi riguarda, la differenza rispetto al dicembre 2003 sta nel fatto che innocente ero e innocente rimango, che ho trascorso altri due anni in galera – arrivando a nove – e che nel frattempo sono pressoché morto e, pro tempore, rimesso in vita. Non ho mai apprezzato l’argomento secondo cui “sono oggi un’altra persona” da quello che ero in gioventù. Però ora mi chiedo, con una certa apprensione: che cosa ha fatto sì che Piero Ostellino sia, a distanza di appena due anni e mezzo, una così altra persona da quello che era?”

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La tragedia in farsa