Il Piave mormorò

Ci pensavo da ieri sera, al gap generazionale simboleggiato dai diversi precedenti tenuti in considerazione per la partita di ieri. Per mezza Italia sotto i quarant’anni (e forse anche per alcuni sotto i cinquanta), Italia-Germania è quella dell’82, quella dell’unica Coppa del Mondo vinta e vissuta, quella di Pertini, Tardelli, Schumacher, l’orrendo Stielike e di Paolo Rossi. Anche se la partita epica era stata quella con il Brasile, quella fu la finale di “campioni del mondo, campioni del mondo, campioni del mondo”. Per una metà del paese più anziana, invece, prevale e si ripete ancora a trentasei anni di distanza la retorica di Italia-Germania 4 a 3, che avranno visto sì e no due milioni di italiani ancora in vita (conteggio alla carlona): forse meno.

Non c’è niente di male, per carità: non è una competizione tra vecchi e giovani. È solo il sintomo ennesimo della difficoltà di percezione da parte di molti osservatori e commentatori, che il tempo passa e le cose cambiano e si diventa minoranza in un mondo che è altro da noi.

Almeno Vittorio Zucconi, con qualche ritardo, ci prova oggi:

“Ora possiamo anche passare la mano ai nostri figli, ai quali promettiamo di non rompere più le scatole con la notte del Messico, perché sanno che cosa provammo noi, quella notte di 36 anni or sono”

Già lo sappiamo, Vittorio: dal 1982, e ora promettiamo ai nostri, di figli, di non rompere più le scatole con il Santiago Bernabeu.

Repubblica

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