Santinparadìso

Sono sulla notizia, in modo imprevedibile. Questa rubrica, che di solito – come da mandato – cerca di parlare di televisione a partire da cose meno discusse o da una qualche idea sua, si trova oggi imprevistamente preparata sulla polemica che ha investito la Rai nei giorni scorsi: insomma, ho visto “Un giorno da leone 2”, un attimo prima che venisse rimosso dal palinsesto per i bassi ascolti. Non vedevo la televisione da tre mesi, e avevo deciso un bagno di umiltà. Confesso di aver persino ignorato l’esistenza di “Un giorno da Leone 1”: e di essere stato attratto alla visione dalla lettura dell’ennesima intervista in cui Luca Barbareschi si diceva vittima di discriminazioni che non lo farebbero lavorare (stavolta al cinema, diceva): «Non faccio parte della setta». E citava tra i registi a cui avrebbe ambito l’ottimo Paolo Virzì, di cui ricorderete il film il cui protagonista attribuiva tutte le sue frustrazioni professionali e umane al non appartenere a “quelle conventicole”, rendendosi imbarazzante a se stesso e agli altri. Poi a me Barbareschi sta simpatico da quando – ero ragazzo – in un suo programma tv disse a una signora che tossiva da mezz’ora, interrompendolo: “signora, la smetta con questa cazzo di tosse!”.

Comunque, ho guardato tutta la puntata di “Un giorno da Leone 2”, e Barbareschi è bravo (davvero bravo), simpatico, divertente, non sbaglia una smorfia e ruba la scena a tutti gli altri. Quando in scena c’è lui, sarei persino riuscito a vederne un’altra puntata, me ne avessero data l’opportunità. Quando non c’è lui, è una cosa noiosa di recitazione così e così e battute scarse (detto questo, la pretesa di Del Noce di trattarlo come una cosa peggiore delle altre fiction domestico-familiari di RaiUno è piuttosto sfacciata). Alla fine della puntata avevo pensato al tipico commento del critico televisivo odioso: “caro Luca Barbareschi, perché non fai la tv e stai contento, che ti viene così bene?”. Ma io non sono un critico televisivo, e se mi accorgo di essere odioso mi fermo. Quindi avevo avuto un’altra idea: “caro Paolo Virzì, non è che fate qualcosa insieme, tu e Barbareschi, se lui promette di non parlarti delle conventicole eccetera?”. Ma dopo aver visto come Barbareschi ha reagito all’abbattimento della sua fiction (“sono epurato! Non ho santi in paradiso!”) temo di non poter garantire, neanche per un remake di “Caterina va in città”

Vanity Fair

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