Un vizio

Una playlist per GQ

Damien Rice – 9 crimes

Lui è irlandese e ha scritto la più bella canzone del millennio, finora – “The blower’s daughter” – abusata poi da telefilm e film con tutto il suo meraviglioso disco, “O” (per ultimo, anche Nanni Moretti l’ha messa nel Caimano). Questo è il primo singolo del nuovo cd che sta per uscire, cantato insieme alla fedele Lisa Hannigan.

Badly Drawn Boy – Nothing’s goin’ to change your mind

Di Badly Drawn Boy si dice sempre che sia il miglior cantautore pop britannico del Duemila, e lo dice anche lui. Si chiama Damon Gough, ha scritto le canzoni che erano in “About a boy”, e conosce a memoria i posti dove i Beatles tenevano le melodie. Il suo primo singolo dal disco nuovo comincia che pare “Let it be”, poi perde un po’, ma alla fine rimane appiccicato alle orecchie, come sempre le sue cose.

Stefano Bollani – Maple leaf rag

Stefano Bollani quest’estate è andato a suonare in Tunisia. Quando è arrivato, ha scoperto che c’era stato un disguido, e nessuno lo aspettava. Alla fine, hanno fatto in modo di farlo suonare. Il migliore pianista jazz italiano si è trovato davanti a un pubblico francofono e francofilo la sera prima della finale dei mondiali, annunciato da un presentatore che sapeva solo dire “Italia, Italia, Totti, Totti”. Lo hanno sommerso di fischi. Poi ha cominciato a suonare, ed è andata meglio.

Quando è tornato ha pubblicato un disco dove rifà liberamente anche un classico di Scott Joplin, quella che la suonava Keith Emerson nella sigla di Odeon, una trentina d’anni fa.

Grant Lee Phillips – Last night I dreamt that somebody loved me

“La notte scorsa ho sognato che qualcuno mi amava: ma niente paura, era solo un falso allarme”: fu il grandissimo finale di carriera degli Smiths. Adesso l’ha messa in una sua stupenda raccolta di cover degli anni Ottanta un grande cantautore americano, adorato qualche anno fa per le cose fatte con la sua band, i Grant Lee Buffalo.

Pino Donaggio – Body double

Pino Donaggio è di nuovo al lavoro con le musiche del prossimo film di Brian De Palma. Ha un curriculum unico, basti dire che oltre alle colonne sonore – tra cui la migliore è questa, ipnotica e stupenda, di “Omicidio a luci rosse” – è quello che ha scritto “Io che non vivo più di un’ora senza te” (dalle mille cover anglosassoni) e “Mario”, la straordinaria storia di solitudine e tenerezza famosa nella versione di Enzo Jannacci.

Minni Ripperton – Lovin’ you

Minnie Ripperton aveva una voce e una tecnica che a vent’anni già cantava con Etta James e Stevie Wonder: Wonder produsse il suo primo disco. Morì di un cancro a soli 31 anni, nel 1979. “Lovin’ you” era dedicata alla sua bambina, May, che ora fa la comica e l’imitatrice in tv al Saturday night live.

Micah P. Hinson – Seems almost impossible

Splendida ballata sonnolenta da uno che gliene sono già capitate parecchie nella sua giovane vita: ha perso la testa per una ragazza, lo hanno messo in galera, è diventato un cantautore di culto e un suo amico scherzando gli ha spezzato la schiena, l’anno scorso. È texano.

The devastations – Coal

“Mia madre era una puttana, perduta prima che nascessi”: una grandissima canzone di Leonard Cohen, solo che non è di Leonard Cohen. Una meravigliosa ballata di Nick Cave, solo che non è Nick Cave. I Devastations sono sì australiani, ma trasferiti a Berlino. Ricordano un po’ i Tindersticks, e hanno fatto il disco che farebbe Dylan se avesse vent’anni oggi.

Neil Diamond – Sweet Caroline

Ogni anno, quando arrivano l’autunno e i playoffs di baseball, uno spera che i Boston Red Sox passino i playoffs, solo per sentire i tifosi intonare “Sweet Caroline” tra l’ottavo e il nono inning: “Sweet Caroline – bàm-bàm-bàm – good times never seemed so good!”. Quest’anno è andata male.

Sparklehorse – Don’t take my sunshine away

Mark Linkous è uno stimatissimo musicista che si è dato un nome da band. Una volta è praticamente morto per un’overdose di medicinali e l’hanno riportato di qua per miracolo. Fa dischi amatissimi di nenie notturne e inquietanti, piene di suoni e tintinnii. Quest’anno, ha scelto di citare – solo nel testo – la solare “You are my sunshine”, quella degli anni Quaranta canticchiata da tutti e divenuta una specie di inno della Louisiana. E si è fatto contagiare da qualche allegria in più.

GQ

Abbonati al

Dal 2010 gli articoli del Post sono sempre stati gratuiti e accessibili a tutti, e lo resteranno: perché ogni lettore in più è una persona che sa delle cose in più, e migliora il mondo.

E dal 2010 il Post ha fatto molte cose ma vuole farne ancora, e di nuove.
Puoi darci una mano abbonandoti ai servizi tutti per te del Post. Per cominciare: la famosa newsletter quotidiana, il sito senza banner pubblicitari, la libertà di commentare gli articoli.

È un modo per aiutare, è un modo per avere ancora di più dal Post. È un modo per esserci, quando ci si conta.

Abbonamento mensile
8 euro
Abbonamento annuale
80 euro