L’indulto della ragione

Sofri, quello anziano, su Repubblica:

“Si è saputo che il marocchino era tunisino. Che il convivente della giovane donna italiana di Erba era suo marito. Che il furgone usato da Azouz Marzouk per la fuga e ritrovato poco distante non era stato usato da Marzouk, non è stato ritrovato, e non era un furgone. Che l’assassino della moglie, del figlioletto, della suocera, e della coppia di vicini non era l’uomo che ha perso moglie figlioletto suocera e vicini amici. (È morto anche il cagnolino dei vicini, soffocato dal fumo). Che l’uomo con precedenti penali per rapina e spaccio non aveva precedenti per rapina, bensì solo per piccolo spaccio. Eccetera. Contrordine dunque: sei o sette contrordini. Diramati, in copia conforme, agli inquirenti, ai cronisti, ai direttori di telegiornali e giornali, alla cittadinanza di Erba e del resto d’Italia. Perfino le dichiarazioni dei conoscenti, promosse al rango di titoli, per una volta non avevano ricalcato l’avvilente copione delle stragi domestiche: «Era una brava persona, uno come noi: normale, regolare», anzi, l’aggettivo più sintomatico del nostro tempo, prima del raptus: «Tranquillo, tranquillissimo». No, questa volta l’occhio dei conoscenti si era affinato: «Sapevamo che era violento. Ci aveva minacciati tutti». Contrordine anche per loro. Non aveva minacciato nessuno, benché, come ha avuto la forza di dire ancora in sua difesa quell’ammirevole signor Carlo Castagna prima di scoppiare in pianto, «sapessimo che non era uno stinco di santo».

Nella sequela di contrordini, un punto rimane fermo, dopo ulteriore verifica: l’indulto, anzi, L’INDULTO, così, maiuscolo, come nei titoli a piena pagina. Marzouk è effettivamente uscito grazie all’indulto. Su questo punto cruciale nessuno può sollevare dubbi, a meno che non sia in totale malafede. È uscito grazie all’indulto: dunque, se avesse voluto lui massacrare i suoi e i vicini, grazie all’indulto avrebbe potuto farlo.

A questa constatazione nessuno deve sottrarsi, data la verosimiglianza della supposizione: la stessa verosimiglianza che, nel commento autocritico di un importantissimo giornale, ha caratterizzato «tutta la storia, a cominciare dal profilo del suo protagonista». Sebbene Marzouk non sia il feroce assassino della sua famiglia e dei suoi vicini, era verosimile che lo fosse. Infatti era marocchino e/o tunisino, ed era USCITO PER L’INDULTO. Tiriamola bene la conseguenza, senza maramaldeggiare con l’importantissimo giornale, che almeno ha sbattuto in prima pagina la propria resipiscenza. La conseguenza è che L’INDULTO è la verosimile premessa della più efferata strage famigliare. Peraltro la conseguenza era stata tirata, l’altroieri, senza riserve di verosimiglianza, da fior di campioni della demonizzazione dell’indulto, e dei suoi promotori gelosamente scelti.

Non è che abbia voglia di scherzare, né di affidarmi al sarcasmo. L’indecente e vanesio conformismo pressoché universale sulla vicenda di Erba rischia oltretutto di far passare in second’ordine una tragedia agghiacciante e commovente. Fosse stato quel Marzouk, la si sarebbe esorcizzata e archiviata più facilmente. Adesso, bisogna tornare a guardarci dentro, come quei bravi pompieri che sono intervenuti nella casa pensando a un incendio, e ne sono usciti vomitando. È difficile dire francamente quello che ci passa dentro, ogni volta che le pareti di una casa si spalancano davanti ai nostri occhi, a Novi Ligure o già un’altra volta a Erba, o a Parma e in troppi altri posti, e ci sorprendiamo a sperare che i colpevoli non siano “extracomunitari”, come se il caso, del resto così frequente, in cui siano italiani, servisse ad attenuare le nostre paure, e a spuntare le armi dei razzisti.

Ma voglio ora, quando la lezione del contrordine di Erba è così fresca, e induce a maramaldeggiare alla rovescia contro i maramaldi anti-indulto, fare il contrario. Proporre ancora un esercizio di ragionevolezza. Rinunciare per qualche riga al senno di poi, e proporre di ragionare come si sarebbe potuto fare due giorni fa, quando il delitto di Marzouk veniva dato per provato. «Era uscito per l’indulto». Costui era in carcere con una condanna patteggiata a tre anni e mezzo, per spaccio di cocaina. Grazie ai tre anni d’indulto, avendo scontato i sei mesi, ne è uscito (salvo che anche queste informazioni d’ufficio siano smentite) nello scorso agosto. Senza l’indulto, ne sarebbe uscito perché la legge prevede una misura alternativa alla detenzione per i condannati sotto i tre anni (o quattro, se siano tossicodipendenti) che abbiano un domicilio ed eventualmente un lavoro. Senza ottenere – e non si vede perché no – una misura alternativa prima del fine pena, o almeno i tre mesi all’anno di liberazione anticipata prevista per chi tenga una condotta ordinata, sarebbe comunque uscito allo scadere dei tre anni, una volta espiata l’intera pena. I suoi propositi omicidi sarebbero caduti in prescrizione? La sua violenza, capace di spingersi fino a sgozzare il figlioletto, sarebbe stata addomesticata e placata da altri anni, altri mesi di cella? (Qualche altro centinaio di giorni illuminato ognuno, come si è saputo, da una lettera della moglie, qualche decina di settimane illuminate dall’ora di colloquio con lei e il bambino?) Nessuno, avvisato di una nefanda tragedia, può immaginare quali mire assassine possano sorgere o spegnersi nell’animo di un uomo recluso. Ma intitolare: «Ha sterminato la famiglia», e completare: «Era uscito per l’indulto», vuol dire che l’indulto non solo mette in libertà i delinquenti né solo promuove Previti dagli arresti domiciliari all’affidamento ai servizi sociali, ma autorizza e provoca la strage degli innocenti. Anche a non voler vedere la mutilazione della carità, manifesta oggi per tanti altri segni, e più tristemente dove se ne fa professione, c’è in questo una penosa irresponsabilità civile. E dov’è della giustizia che si fa professione, si può sorvolare sulle scarcerazioni davvero pericolose e oltraggiose, procurate non dal maiuscolo indulto, ma dalle minuscole colpose scadenze di termini. Normali, com’è normale che la nomina del primo presidente della Corte suprema finisca con dodici voti a favore e dodici contro, e un astenuto, supremo esempio di equanimità. Il fracasso sull’indulto ha avvelenato le acque. Chi resti attaccato alla ragione e alla pazienza, e non abbia perso la carità in qualche incidente di carriera, misura sui veri effetti dell’indulto – non dunque i mentiti, né i «verosimili» – la convinzione che la reclusione carceraria sia in una larghissima misura superflua, nociva, e cattiva. Ci sarà tempo per tirare le somme.

Né occorre, per opporsi alle strumentalizzazioni e all’allarmismo, farsi troppo buoni e ottimisti. L’amore di Raffaella Castagna merita la commozione, il rispetto e l’inquietudine che anche i suoi famigliari gli avevano dolorosamente riconosciuto. «Lei lo amava» – e questo ha deciso: era giusto così. Lei, e non solo lei, non ha voluto separare una vocazione professionale di educatrice, di assistente, dal sentimento personale. Ha bruciato una distanza di sicurezza. È stata libera di farlo, e questo non può che ispirare solidarietà e rispetto. Chi abbia esperienze simili sa in quante forme, e con quanti rischi, la distanza bruciata che chiamiamo amore pretenda la vita delle persone. Ci sono ragazzi maghrebini che non imparano a sopportare che la “loro” ragazza italiana resti padrona della propria vita. Ce ne sono che se ne aspettano un vantaggio per la loro sistemazione. Ce ne sono che si servono di una dipendenza dalla droga, e fra un carcere e l’altro si passano la compagna italiana. Ce ne sono capaci di un amore che sappia rinunciare a fare da padroni sulla donna italiana, ma incapaci di sopportare che sia sottratta loro la proprietà di un figlio. Sono sentimenti, lo vedete, molto simili a quelli che si trovano ancora fra gli italiani e cristiani “di ceppo”, benché acuiti e complicati dalle differenze di lingua, di religione, di abitudini e di educazione. Spesso, a dirimere le guerre private che usurpano l’amore o gli succedono, nessuna persuasione basta, e bisogna chiamare la polizia, e bisogna che la polizia risponda. A volte non si è abbastanza pessimisti da figurarsi quanto possa costare. Da figurarsi, per usare le parole dette ieri da Marzouk, che «siamo diventati bestie, animali»: sapesse o no di chi parlava”

Repubblica

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