Sono iscritto da una decina d’anni (a occhio e croce) a un partito. È l’unico partito a cui sia mai stato iscritto. Ed è l’unico partito a cui mi sarei potuto iscrivere senza sentirmi iscritto a niente. Con i radicali funziona così: loro a un certo punto ti chiedono dei soldi. Tu pensi che certe volte non sei d’accordo, ma anche che se non ci fossero sarebbe molto peggio e fanno molte cose che condividi e che non fa nessun altro (ognuno scelga le proprie). E nel mio caso pensi che alcuni di loro sono cari amici di ottime intenzioni e frequenti risultati. E così gli dai dei soldi (pochi, comunque).
A quel punto, superfluamente, loro ti mandano una tessera. E da allora, questo si ripete ogni anno. A volte chiamano anche prima della fine dell’anno per chiedere altri soldi. A volte glieli dai, a volte no, a seconda di come ti sei svegliato quella mattina.
Da qualche giorno, ho visto che mi hanno cercato: è il momento del rinnovo, e delle solite poche centinaia di euro. Avevo qualche dubbio in più quest’anno, ma ho pensato che appena mi avessero trovato, avrei dato gli estremi della carta di credito eccetera.
Poi, stamattina ho visto questo aggravamento dei capricci di Marco Pannella nei confronti di Daniele Capezzone. La stupidaggine dell’atteggiamento nei confronti di Capezzone era già il principale dei miei dubbi. Penso che i suoi superiori meriti non debbano permettere a Pannella di approfittare di un’indulgenza troppo maggiore rispetto ai suoi coetanei in politica: non mi permetterei mai di suggerirgli di lasciare perdere la guida delle cose del partito radicale, ma sarei ammirato se lo facesse, almeno lui. La sua bravura non basta più a rendere il suo egocentrismo compatibile con i miei gusti politici e umani o con le cose che vado scrivendo qui, per esempio.
Capezzone ha dei difetti, come tutti, e ad alcuni non piace. A me piace abbastanza, ma non è questo il punto. Il punto è che sia stato in questi anni l’unico esempio di politico relativamente giovane e con una percezione dei tempi e del mondo contemporaneo che abbia girato intorno a una leadership di partito. È un merito dei radicali anche questo. Ma adesso è chiaro che si sia trattato di un incidente: quest’obiettivo di modernità e rinnovamento non è perseguito. Morale della favola: perché devo avere la tessera dei radicali? L’alibi della vicinanza e delle prospettive non regge più: i radicali vanno da un’altra parte rispetto a dove vado io. Se servono i miei soliti quattro spiccioli, ne parliamo quando servono: contributi, quelle cose lì. A questo giro, passo.
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