Todos commendadores

Non ho molto da dire sull’improvviso dibattito mondiale a proposito degli eccessi verbali legati ai commenti sui blog. Come si sa io i commenti non li ho mai abilitati, generando risentimenti e indici da parte di qualche sovreccitato, e garbate e comode email da parte degli altri. Non l’ho fatto solo per timore delle cose di cui discute adesso – soprattutto perché la loro lettura prende un sacco di tempo – ma anche (mettiamola così: consentirei ai commenti se potessi impedirmi di leggerli). Ma questa è una questione vecchia.

Anche sull’anonimato online ho già scritto: lo trovo una sciocchezza infantile, quando non motivato da reali rischi di immeritata persecuzione.

I codici di regolamentazione circolati in questi giorni hanno irritato alcuni: perché il web è un mondo dove il “cazzo guardi” colpisce le psicologie delle persone più umili e ammodo, e nessuno sopporta che qualcun altro gli dia istruzioni. E perché l’abitudine alla deregulation rende intollerabile ogni nuova regola, persino quelle più elementari nel mondo di fuori.

Credo che si debba prendere atto anche di queste insofferenze, e confidare che le cose si regolino da sé. Ci saranno ancora cose sgradevoli e persone costrette a chiudere i blog (ma basterebbe inibire i commenti, prima di arrivare a tanto). Nel frattempo, se qualcuno vuole provare a togliersi i paraocchi con cui guardiamo tutto quello che accade su internet (la democrazia non sarebbe che ognuno fa il cazzo che gli pare: sarebbe che ognuno può scegliere dei rappresentanti e partecipare indirettamente alla creazione di un sistema di regole) c’è questa equilibrata sintesi di Jonathan Freedland (lasciate perdere la proposta abbozzata in conclusione, poco convincente anche per lo stesso Freedland, direi)

Guardian

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