Il colmo per un fan del Partito Democratico

Condividere l’analisi di un fan di Berlusconi:

Prodi ieri ha ecceduto, per usare un blando eufemismo. A Massimo Giannini di Repubblica ha detto con tono arrogante e nervoso, dopo una sconfitta elettorale del suo governo e mentre i sondaggi danno chiunque dieci volte più popolare di lui nel popolo del centrosinistra, che non solo governa lui, ma comanda lui anche nel Partito democratico e non vuole noie fino al 2011. C’è stata una reazione, ci sono stati vari tentativi di mediazione politica, e in tarda serata è cominciato il confronto il cui esito ancora non conosciamo nei dettagli, al momento di andare in stampa. In linea generale uno potrebbe dire “chissenefrega” di come si sistema la leadership del Partito democratico. Ma è un modo stupido di ragionare. C’è infatti una sola possibilità di migliorare almeno un poco la sinistra e la destra in Italia, sottraendo il paese a una lunga fase di nevrosi degenerativa e di sotterranee rese dei conti trasversali dalla quale usciremmo tutti peggiori di prima, con economia e istituzioni e cultura politica in pezzi, sempre che poteri supplenti non si incarichino di devastare di nuovo tutto con i soliti mezzi brutali e menzogneri che si conoscono da quindici anni. Bisogna cioè che il Partito democratico si prenda sul serio e sia preso sul serio, e corrisponda alla propria ambizione: creare una nuova area riformista di centrosinistra, che rompe con la logica dell’unionismo litigioso e del prodismo governativo pragmatico ma bolso, e apre un nuovo orizzonte possibile di confronto e di competizione bipolare con il partito di maggioranza relativa del paese, quello di Berlusconi, e con i suoi alleati. Prodi ha deciso chiaramente di lavorare per un incanaglimento generico della lotta politica, puntando sulla nomina di un coordinatore del Pd che badi alla disciplina delle truppe senza ambizioni di guida del paese e di strategia politica per il futuro, perché il suo obiettivo è durare, inasprire lo scontro con Berlusconi, personalizzarlo ulteriormente, e vivere di rendita sul peggio del passato puntando poi, la fortuna aiutando, al ruolo emerito di presidente della Repubblica. Ambizioni scandalosamente modeste e immodeste insieme. Chi rifiuta questo schema di gioco francamente indecente, una replica in peggio della legislatura 1996-2001, e ne vede il limite autocorrosivo, deve puntare invece, da destra e da sinistra, su un leader vero dei democratici, eletto con tutti i crismi e una robusta legittimazione, che sia in grado di impostare una dura competizione di idee e di visione con la leadership carismatica ed elettorale del Cav., utile a schiarire l’aria per tutti, per consenso o per contrasto, e a trattare i cittadini italiani da adulti.

Prodi non controlla più nemmeno i minimalia di un potere serio. C’è il risultato elettorale, ci sono i sondaggi spietati, c’è il caso Visco, sono in arrivo le intercettazioni Unipol, è in arrivo con Bush un nuovo rischio giottino con personale di governo mischiato ai black bloc, c’è l’irrequietezza dei poteri neutri e forti, la diffidenza verso il compromesso al ribasso nella politica economica di un Mario Draghi, una sfiducia dilagante che i demagoghi si apprestano a sfruttare con la loro facile ambiguità e abilità. E c’è l’incredibile pavidità dei leader del centrosinistra, eccettuati quelli che fino a tardi ieri resistevano alle incredibili pretese prodiane di anestetizzazione del paese, e della loro constituency intellettuale e sociale, che salvo deroghe personali non trova ancora una voce collettiva per imporre una svolta. Tutti sanno che la consunzione accelerata del governo dipende non solo dal pareggio elettorale ma dalla scarsa presa politica del suo premier, dalla sua spesso ottusa ingenuità come guida del paese, e tutti sanno che un confronto duro ma leale tra diverse visioni e persone per la guida di una nuova formazione riformista, che è il cardine di questa governabilità, produrrebbe comunque, con Prodi o con un governo Marini di transizione e di riforma o con qualunque altro mezzo, un nuovo clima capace di arrestare gli elementi di logoramento della politica e della sua credibilità nel profondo nord e nel resto della Repubblica. Tutti lo sanno, come lo sappiamo noi, ma nessuno ha fino ad ora il coraggio di dirlo ad alta voce, con parole irrecusabili, e di correre il rischio di definire un’altra rotta”

Il Foglio (editoriale del direttore)

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