Carpet crawler

Il mio eroe televisivo di queste settimane è stato Luca Vasile, l’inviato di RaiSat Cinema sul “red carpet” (come dicono loro: l’espressione è evidentemente intraducibile) del Festival del Cinema di Venezia. Per quelli che non hanno già imparato ad amarlo (mi dicono che si conquistò schiere di fans l’anno passato cadendo proprio sul red carpet), Vasile è un robusto giovanotto inguainato con difficoltà in uno smoking da cui di volta in volta sfugge il becco di un colleto, un bavero, il capo di una cravatta e che si muove con la leggerezza di un giocatore di rugby tra grandi e piccole star del cinema che riconosce a una ad una e tratta – tutte – da miti insuperabili, à la Mollica. E la sua deferenza si esprime nel sottolineare, dopo ogni intervista volante, che si trattava “davvero di Paul Haggis”, “davvero di Tilda Swinton” o “davvero di Paolo Franchi”. “Abbiamo intervistato proprio lui, Jude Law, da oggi è il mio attore preferito, è impossibile non innamorarsi di lui”. Oppure: “Ken Loach, io ho pianto guardando il suo film”. Lo ha detto al regista inglese quando finalmente è riuscito a intervistarlo in diretta, dopo essere stato interrotto una prima volta dalla pubblicità, cosa che gli capita in ogni momento decisivo. Tanto che lo spettatore sospetta che glielo facciano apposta. Poi, alle prese con tutte le lingue del mondo, Vasile si scatena: “lei parla italiano?”, chiede a Irène Jacob. E quando lei risponde di sì, lui le fa una domanda in ottimo francese. Sull’inglese è più precipitoso, e l’interprete simultanea – bravissima con gli intervistati – quando parla lui ha qualche difficoltà. Vasile non mette mai piede fuori dal red carpet, e lo spettatore lo immagina arrotolato in un deposito alla fine della kermesse, come si dice. Pronto per l’anno prossimo, dal red carpet

Vanity Fair

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